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Godiamo di Messi, siamo fortunati e non ce ne rendiamo conto
Il punto ora non è chiarire se sia o meno il migliore di tutti, il migliore di sempre. The Goat, per intenderci, non nel senso letterale di capra, ma come "Greatest of all time", che tradotto vuole dire "il più grande di tutti i tempi". Possiamo sederci e discuterne per ore, non arriveremo mai a un accordo. C'è chi vive nel culto di Messi, si considera discepolo di una nuova religione monoteista, c'è chi crede che la Pulga non sia al livello di Cristiano Ronaldo, o di grandi del passato come Pelé, Maradona o Cruyff perché "ha sempre e solo giocato in Spagna" "perché non ha vinto un Mondiale da solo", perché "non è un leader". C'è persino chi - siete autorizzati a farvi una grassa risata - è arrivato a dire "segna solo quando non conta". Concediamoglielo, non si può piacere a tutti, ma in certi casi bisognerebbe finire di metterla sempre sulla rissa. Non è sempre solo stare da una parte o dall'altra, non è sempre guelfi contro ghibellini. Non è sempre una classifica, un podio, una medaglia d'oro, un paragone. Ogni tanto bisognerebbe fermarsi e guardare. E godere in silenzio.
Perché Messi è una goduria per i sensi. Un brivido che attraversa il corpo, un orgasmo che ci fa gridare "Sììì, ancora". Per come tocca il pallone, per quello che riesce a inventare ancor prima di disegnare con i piedi, che hanno la sensibilità di una mano. E' un giocatore che crea dipendenza, del quale - chi ama il calcio in maniera passionale e viscerale - non può fare a meno. Messi non ha colori, non ha rivalità, non ha bandiere. E' la bellezza della vita, è l'essenza della felicità. E quel giocatore che non smette mai di stupirci, che ci fa scrivere all'amico "hai visto cosa ha fatto?", in un delirio onirico. Come fosse la prima volta. A volte non ci rendiamo conto di quanto siamo fortunati a vivere nella sua epoca. Grazie Leo, ti siamo grati.