AFP via Getty Images
Gioca meglio e si esalta con la pressione, il derby sarà dell'Inter. E il Milan rischia il ritorno della Juve
Ammesso che mai lo sia stato, questa volta non sarò originale. Perché sia Mario Sconcerti, sia Stefano Agresti mi hanno preceduto nella mossa tattica più rilevante della partita (Kessie trequartista che marcherà Brozovic) e nel pronostico sul risultato finale (non so se sarà 2-1, ma vincerà l’Inter). Naturalmente non ho sicurezze, però poter condividere con un maestro e un collega tanto autorevoli la previsione del derby di Milano mi conforta. Poi, si sa, il calcio è anche una questione di pancia e l’istinto, oltre che la cifra tecnica, mi porta a preferire l’Inter al Milan in uno scontro che, comunque vada, sarà decisivo (poche chances per il pareggio).
Se accade quel che pensiamo noi - ovvero il successo dell’Inter - il Milan non solo dirà addio allo scudetto, ma si dovrà anche guardare dal ritorno della Juve in chiave quarto posto. Se invece vince il Milan, non solo godrà il Napoli che, battendo il Venezia in laguna, insidierebbe la capolista standole ad un punto, ma il Milan si rilancerà nella classifica, nel morale e nelle consapevolezze rendendo tutto più aperto e molto possibile. C’è un solo risultato che congelerebbe la situazione ed è il pareggio che, però, non vedo e non sento. Il Napoli accorcerebbe di due punti (52 a 54) su un’Inter che deve recuperare, comunque, a Bologna, mentre il Milan rimanderebbe ad una migliore situazione generale l’ipotesi della rimonta. Ma perchè l’Inter dovrebbe vincere?
Ci sono ragioni obiettive e ragioni contingenti. Quelle oggettive. L’Inter attuale gioca meglio del Milan che ha smarrito il filo del discorso. Non perchè ha perso con lo Spezia, ma per come non ha vinto con la Juventus. La squadra di Allegri si è difesa tenendo ritmo e baricentro bassi e i rossoneri non sono mai riusciti a scardinarne la resistenza. Servivano più accensioni di gioco sulle fasce, maggiori cambi di campo, guadagnare il fondo per giocare periocolosamente la palla all’indietro, qualche conclusione più precisa. Se l’esito è stato modesto è stata colpa del Milan da un po’ di tempo meno brillante, meno efficace e anche meno proprositivo. L’Inter, invece, segna, vince e diverte seguendo un copione (il 3-5-2) che non è né nuovo, né stimolante, ma profondamemnte redditizio. Si dice, addirittura, che la manovra, i ritmi e le soluzioni finali di Simone Inzaghi siano addirittura più convincenti di quelli di Conte e questo dimostra quanto sia stato giusto proseguire con un tecnico che, con quel sistema, aveva fatto il massimo alla Lazio.
Ragioni contingenti. Il Milan ha due assenti certi (Ibrahimovic e Rebic) e uno probabilissimo (Tomori) che all’inizio siederà in panchina. Tuttavia, trattandosi di un difensore centrale, non è plausibile pensare che sostituisca un compagno per cambiare la partita. Se gioca infonderà, forse, maggiore sicurezza, ma non serve se un allenatore, per esempio, pensa di recuperare un gol di svantaggio o cerca la vittoria. Le assenze e l’involuzione di gioco hanno aumentato le fragilità collettiva dei rossoneri. Simone Inzaghi, al contrario, ha tutti a disposizione (tranne Correa, fior di riserva, ma riserva, e Gosens, appena acquistato), una squadra forte di testa e di gambe che percepisce quanto sia propizia l’occasione se solo continuerà a giocare così. Inoltre sanno, sia l’allenatore che i suoi giocatori, quanto questo sia un mese decisivo. Il bello è che la pressione del risultato, anziché minarne le certezze, le rafforza. E’ il potere del gioco e delle molteplici soluzioni che offre. I singoli si esaltano non al di fuori di un contesto, ma all’interno di uno spartito preciso e preordinato. Certo che hanno libertà di interpetazione, certo che possono osare con qualche raffinatezza stilistica o tecnica, ma sanno che non il caso, ma la chiave tattica apre le porte delle difese avversarie.
Se accade quel che pensiamo noi - ovvero il successo dell’Inter - il Milan non solo dirà addio allo scudetto, ma si dovrà anche guardare dal ritorno della Juve in chiave quarto posto. Se invece vince il Milan, non solo godrà il Napoli che, battendo il Venezia in laguna, insidierebbe la capolista standole ad un punto, ma il Milan si rilancerà nella classifica, nel morale e nelle consapevolezze rendendo tutto più aperto e molto possibile. C’è un solo risultato che congelerebbe la situazione ed è il pareggio che, però, non vedo e non sento. Il Napoli accorcerebbe di due punti (52 a 54) su un’Inter che deve recuperare, comunque, a Bologna, mentre il Milan rimanderebbe ad una migliore situazione generale l’ipotesi della rimonta. Ma perchè l’Inter dovrebbe vincere?
Ci sono ragioni obiettive e ragioni contingenti. Quelle oggettive. L’Inter attuale gioca meglio del Milan che ha smarrito il filo del discorso. Non perchè ha perso con lo Spezia, ma per come non ha vinto con la Juventus. La squadra di Allegri si è difesa tenendo ritmo e baricentro bassi e i rossoneri non sono mai riusciti a scardinarne la resistenza. Servivano più accensioni di gioco sulle fasce, maggiori cambi di campo, guadagnare il fondo per giocare periocolosamente la palla all’indietro, qualche conclusione più precisa. Se l’esito è stato modesto è stata colpa del Milan da un po’ di tempo meno brillante, meno efficace e anche meno proprositivo. L’Inter, invece, segna, vince e diverte seguendo un copione (il 3-5-2) che non è né nuovo, né stimolante, ma profondamemnte redditizio. Si dice, addirittura, che la manovra, i ritmi e le soluzioni finali di Simone Inzaghi siano addirittura più convincenti di quelli di Conte e questo dimostra quanto sia stato giusto proseguire con un tecnico che, con quel sistema, aveva fatto il massimo alla Lazio.
Ragioni contingenti. Il Milan ha due assenti certi (Ibrahimovic e Rebic) e uno probabilissimo (Tomori) che all’inizio siederà in panchina. Tuttavia, trattandosi di un difensore centrale, non è plausibile pensare che sostituisca un compagno per cambiare la partita. Se gioca infonderà, forse, maggiore sicurezza, ma non serve se un allenatore, per esempio, pensa di recuperare un gol di svantaggio o cerca la vittoria. Le assenze e l’involuzione di gioco hanno aumentato le fragilità collettiva dei rossoneri. Simone Inzaghi, al contrario, ha tutti a disposizione (tranne Correa, fior di riserva, ma riserva, e Gosens, appena acquistato), una squadra forte di testa e di gambe che percepisce quanto sia propizia l’occasione se solo continuerà a giocare così. Inoltre sanno, sia l’allenatore che i suoi giocatori, quanto questo sia un mese decisivo. Il bello è che la pressione del risultato, anziché minarne le certezze, le rafforza. E’ il potere del gioco e delle molteplici soluzioni che offre. I singoli si esaltano non al di fuori di un contesto, ma all’interno di uno spartito preciso e preordinato. Certo che hanno libertà di interpetazione, certo che possono osare con qualche raffinatezza stilistica o tecnica, ma sanno che non il caso, ma la chiave tattica apre le porte delle difese avversarie.