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    'Gioca e bevi duramente': la storia di Deyna, il miglior polacco di sempre

    'Gioca e bevi duramente': la storia di Deyna, il miglior polacco di sempre

    • Remo Gandolfi
    KAZIMIERZ DEYNA: Il calcio è la mia vita.
    “Non è stato affatto facile.
    Lo ammetto.
    Pensavo che la famosa frase “il calcio ha un linguaggio universale” valesse in tutto il globo terrestre.
    E forse è così.
    Di sicuro però non in Inghilterra.
    Del calcio inglese obiettivamente conoscevo poco o nulla.
    Si certo, con la mia Nazionale li eliminammo nelle qualificazioni per i Mondiali di Germania pareggiando a Wembley in quella che fu definita la “Fort Alamo” del calcio e un paio di volte ho incontrato squadre di club inglesi durante le mie tante stagioni al Legia Varsavia.
    Sapevo che era un calcio molto fisico, che si corre a 100 all’ora per tutti i novanta minuti ma ricordavo anche che in Inghilterra c’erano fior di giocatori all’epoca.
    Tony Currie, Mick Channon, Alan Ball, Martin Peters, Allan Clarke …
    Per cui non mi aspettavo proprio di trovare questo tipo di calcio !
    All’inizio è stato un vero e proprio shock.
    In alcune partite mi è venuto il torcicollo a forza di guardare il pallone che mi passava sopra la testa !
    E le poche volte che quella sfera rotonda mi arrivava finalmente tra i piedi …. WHAMM !!! un secondo dopo mi arrivava un tackle che quasi sempre mi faceva finire lungo disteso !
    Quando sono arrivato a Manchester lo scorso novembre ricordo che quel giorno non smise un solo secondo di piovere.
    Ricordo che commentai qualcosa del tipo “mamma mia che giornataccia !”.
    Mi guardarono tutti come se avessi bestemmiato.
    “A Manchester è più o meno così fino a maggio … “ mi risposero i dirigenti del City.
    Non avevano torto.
    Credo che fino ad ora, e siamo alla fine di aprile, ho giocato si e no un paio di partite su un campo veramente asciutto … o quantomeno non inzuppato d’acqua e di fango !
    In questo periodo non mi sono fatto mancare nulla.
    Anche una serie di infortuni che hanno rotto il mio ritmo e la possibilità di inserirmi prima nel gioco della squadra.
    Una cosa però non mi è davvero mai mancata: ed è stato il supporto e l’incitamento del meraviglioso pubblico del Maine Road.
    Sono stati fantastici, fin dal primo giorno.
    Al mio esordio al Maine Road contro l’Ipswich Town, ero ben lontano da una condizione accettabile e me ne dispiaccio ancora ora.
    Mi hanno raccontato che quella sera c’erano quasi 10.000 persone in più della media degli spettatori per le partite del City.
    All’inizio ho giocato partite terribili, in cui uscivo dal campo quasi vergognandomi per quanto poco ero riuscito ad incidere nel match.
    Magari stavo anche 5 minuti senza toccare un pallone.
    Io che ero abituato a fare da punto di riferimento assoluto in tutte le azioni di gioco, nel mio Legia e nella nazionale polacca.
    Poi magari bastava, una finta, un dribbling o un lancio preciso sui piedi di un compagno per scaldare il cuore dei tifosi del City e ricevere scrosci di applausi come se avessi segnato con un tiro da trenta metri.
    Ora però sento che le cose stanno cambiando. La mia intesa con in compagni è migliorata e il calcio inglese non è più così incomprensibile e distante come lo è stato all’inizio.
    Il nostro manager, Tony Book, ha perfino modificato un pochino il gioco del team e adesso il pallone almeno la metà del tempo lo passa per terra.
    Sento che i miei compagni hanno iniziato a fidarsi di me.
    All’inizio ero solo un grandissimo calciatore nelle nostre sfide a “calcio-tennis” (devo ancora perdere un singolo match insieme al mio compagno Mick Channon) mentre ora hanno capito che anche sul terreno di gioco posso dare loro una mano.
    E le cose stanno iniziando a girare per il verso giusto, per me e per la squadra.
     
    Martedì sera ho segnato il mio primo gol per il Club in campionato.
    E’ servito a darci la vittoria per uno a zero in una importantissima sfida per la salvezza qui al Maine Road contro il Middlesbrough.
    E ora non vedo l’ora di tornare in campo !
    Mancano solo 5 partite al termine del campionato.
    Siamo ad un passo dalla salvezza ma non dobbiamo abbassare la guardia.
    Mica ho dovuto aspettare 30 anni per potermi trasferire all’estero per andare a giocare in Seconda Divisione !

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    “Kazi” Deyna sarà determinante in quel finale di stagione.
    Il Manchester City confermerà il suo status di squadra di First Division e Kazimierz Deyna, con alcune fantastiche prestazioni, entrerà definitivamente nel cuore dei tifosi del Maine Road.
    La doppietta contro il Birmingham City nel 3 a 1 finale del primo maggio, il gol che il sabato successivo sbloccherà il risultato contro il Bristol City e un'altra doppietta nella sconfitta interna con l’Aston Villa nell’ultima di campionato.
    Proprio in questo match Deyna segnerà uno gol su calcio di punizione che resterà nella memoria dei tifosi del City presenti quella sera per molti anni a venire.
    Tutto più che sufficiente a fare entrare Deyna nella storia del Manchester City.
    L’anno successivo Deyna, sempre alle prese con diversi guai fisici, faticherà a giocare con continuità ma quando sarà sorretto da una sufficiente condizione fisica continuerà a mostrare le sue enormi qualità.
    Nel Manchester City Deyna rimarrà fino al gennaio del 1981, guadagnandosi, nonostante i tanti infortuni e la miseria di 43 partite totali giocate, lo status di “eroe di culto” per il popolo della parte blu di Manchester.
    Per lui Manchester rappresenterà però anche l’acuirsi del suo problema personale con l’alcol.
    Aldilà del clima e dello stile di gioco l’Inghilterra non fu esattamente la scelta migliore per il talentuoso playmaker polacco.
    La “drink culture” all’interno dei club inglesi è in quegli anni profondamente radicata.
    “Allenati duramente, gioca duramente e bevi ancora più duramente” era uno degli slogan più in voga al tempo.
    Per “Kazi”, che fin da adolescente in Polonia ha sempre avuto molta passione per la bottiglia e altrettanti guai disciplinari, è di sicuro la nazione sbagliata.
    Gli viene ritirata la patente per guida in stato di ebbrezza ed in breve tempo diventa uno dei leader del City non solo in campo dove il suo talento risalta in maniera evidente, ma anche nelle celeberrime “session” alcoliche del team dove Deyna tiene senza difficoltà “il passo” dei principali bevitori del Manchester City.
     
    Nel frattempo però, con l’avvento sulla panchina di John Bond, Deyna capisce che lo spazio per lui sarà sempre più limitato.
    Per lui c’è un’allettante proposta dai San Diego Soccers nel calcio USA, ancora in grado attirare vecchi campioni del calcio europeo, magari al crepuscolo delle loro carriere ma ancora in grado di deliziare con la loro tecnica il curioso pubblico statunitense.
    Con lui negli USA in quegli anni ci sono George Best, Rodney Marsh, Francisco Marinho, Roberto Bettega …
    Nei San Diego Sockers Kazi giocherà per ben 6 stagioni e un calcio meno competitivo permetterà a Deyna di giocare con maggiore continuità con la possibilità di mettere in mostra le sue grandi qualità tecniche.
    Le prime tre stagioni sono strepitose.
    Deyna segna e fa segnare.
    In un calcio che, condizionato dagli altri sport americani che vanno per la maggiore, è essenzialmente “statistico” i numeri di Deyna sono impressionanti.
    Nel 1983 addirittura giocherà 18 incontri segnando 15 reti e registrando 16 assist … totalizzando un “46” (2 punti per i gol, 1 per gli assist) che negli Stati Uniti è considerato impressionante.
    Sembra un periodo finalmente sereno per Kaziemierz ma è evidente che il suo destino sia sempre in bilico su equilibri sottilissimi.
    Nel 1984 però il calcio “outdoor”, la NASL, chiude i battenti.
    Deyna, che è una delle poche star rimaste in quel campionato, ne risente parecchio a livello economico.
    Non solo perché ha 37 anni e trovare un altro ingaggio decoroso è tutt’altro che facile ma anche perché ha scoperto che durante la sua permanenza statunitense il suo manager e amico Ted Miodonski si è messo in tasca una corposa fetta dei suoi guadagni.
    Giocherà alcune stagioni nel campionato “indoor”, una pallida controfigura del calcio “vero”.
    I risultati sono comunque eccellenti.
    I Sockers vincono campionati in serie ma ad ogni stagione che passa Deyna diventa sempre meno incisivo.
    Nel settembre del 1987 Deyna si troverà senza una squadra, con 40 primavere sul groppone, in gravi difficoltà economiche e senza avere la minima idea di cosa fare nel futuro.
    “Non ho mai pensato a quando avrei smesso di giocare a calcio. Perfino adesso non riesco a pensarci … eppure sono costretto a farlo” dirà in una intervista dell’epoca.
    Con una carriera che volge ormai al termine, una famiglia da mantenere e pochi soldi sul conto corrente i suoi demoni ritornano più accaniti e feroci che mai.
    L’alcol torna ad essere padrone della sua vita.
    Deyna rifiuta ogni tipo di aiuto e sostegno e si chiude invece sempre di più in se stesso.
    Intanto nella sua Polonia le cose sono radicalmente cambiate.
    Grazie alla strenua lotta dell’ex portuale Lech Walesa e del movimento “Solidarnosc” la Polonia sta sempre di più affrancandosi dallo stretto giogo dell’Unione Sovietica.
    Sono in molti a consigliargli il ritorno nel suo paese.
    In Polonia è adorato e sono pronti ad accoglierlo come il figliol prodigo.
    Manca dalla sua Varsavia ormai da quasi 10 anni.
    Negli Stati Uniti dove la popolarità del calcio è comunque ancora poca cosa, nessuno lo riconosce o si ricorda di lui, soprattutto dopo essere diventato un “ex”.
    Per ben tre volte Deyna è già stato pizzicato a guidare in stato di ubriachezza.
    Gli è stata prima sospesa la patente ed è stato in seguito condannato a 180 giorni di prigione … salvo essere poi rimesso in libertà dopo soli due giorni.
    Tutto questo non gli insegna niente.
    Sono le una e trenta della notte del 1° settembre 1989.
    Deyna sta percorrendo la Interstate 15 Nord, sulla Mira Mesa Boulevard.
    Sulla destra della carreggiata è fermo un grosso camion.
    Ha i lampeggianti accesi.
    Deyna è alla guida della sua Dodge Colt del 1974.
    Si va a schiantare contro il camion.
    Non c’è alcun segno di frenata.
    Kaziemierz Deyna, il più forte calciatore polacco di tutti i tempi, morirà pochi minuti dopo il suo ricovero all’ospedale di San Diego per le gravissime ferite alla testa.
    Il suo livello di alcol nel sangue sarà oltre il doppio di quello consentito.
    Sono passati esattamente tre lustri da quel magico 1974 che consegnò alla storia di questo sport questo fantastico calciatore.
    Kazimierz Deyna farà ritorno nella sua Varsavia solo nel giugno del 2012 e le sue ceneri saranno sepolte al Powazki, il cimitero militare di Varsavia.
    Chi lo conosceva, chi ha giocato con lui o contro di lui lo ricorda come un talento purissimo, un calciatore straordinario che al calcio aveva dato tutto se stesso e che del calcio non poteva proprio farne a meno.
    Finito il calcio è finita la sua vita.
     
    ANEDDOTI E CURIOSITA’
     
    Molto particolare la storia che porterà Kazi Deyna a vestire i colori del Manchester City.
    Si stanno giocando i Mondiali di Argentina.
    Durante una delle partite di qualificazione del primo turno in cui è impegnata la Polonia il telecronista della BBC Barry Davies menziona il fatto che Kaziemierz Deyna, il capitano e regista della Nazionale Polacca, “non nasconde il suo interesse per un trasferimento in un Club dell’Europa Occidentale”.
    Il commento non sembra nulla di più di una considerazione tutto sommato “normale” parlando di un giocatore di grande talento che, a 31 anni, ha finalmente la possibilità di lasciare il suo paese per trasferirsi all’estero.
    John Roberts, giornalista del Guardian, uno dei principali quotidiani britannici e pare tifosissimo del Manchester City, decide di contattare l’allora presidente dei “Blues” di Manchester Peter Swales.
    “Presidente, poche settimane fa mi disse che cercava un centrocampista con i piedi buoni … Deyna è quello con i piedi “più buoni” di tutti” riferisce Roberts al Swales.
    Viene contattato il Manager della Polonia Jacek Gmoch.
    “Non credo sarà un problema per un club dell’importanza del Manchester City riuscire ad avere Deyna” sono le parole dell’allenatore polacco.
    Che aggiunge “Kaziemierz ha ancora almeno due stagioni ad altissimi livelli in qualsiasi campionato lo mettiate”.
    Quando Deyna viene contattato è ancora molto deluso per le sue prestazioni nel recente campionato del mondo argentino.
    Il rigore fallito proprio contro i padroni di casa si rivelerà decisivo nell’eliminazione della Polonia.
    Ma quando gli viene proposto di andare al Manchester City il suo umore cambierà radicalmente.
    Durante la metà degli anni ’70, nel pieno della sua forma fisica, Deyna fu inutilmente contattato da squadre del valore di Barcellona, Real Madrid, Bayern Monaco, Saint-Etienne e AS Monaco.
    La regola imposta dalla Federazione ( e dal governo) polacco prevedeva che solo al compimento del 30mo anno di età sarebbe stato possibile espatriare.
    Se avere il beneplacito di Deyna fu facilissimo non altrettanto fu la trattativa che il Manchester City dovette intavolare con il Legia Varsavia, proprietaria del cartellino di Deyna e soprattutto la squadra della Polizia Militare polacca.
    Alla fine l’accordo fu di 100.000 sterline … trasformati in prodotti medicinali, fotocopiatrici, tute, palloni e … dollari statunitensi !
     
    L’inizio di Deyna al Manchester City non è stato affatto facile.
    Molte critiche gli sono piovute addosso per il suo stile compassato, la poca propensione alla fase di recupero del pallone e la scarsa determinazione nei contrasti.
    Qualcuno però fin dall’inizio capì che semplicemente Deyna era un calciatore di un altro livello.
    Uno fra i primi fu Alan Durban, manager dello Stoke City che disse di lui “Il problema è che Kazimierz Deyna viaggia su una lunghezza d’onda diversa da tutti gli altri. Lui è sintonizzato sulla BBC … gli altri su Radio Lussemburgo !”
     
    Deyna fu uno dei protagonisti di “Fuga per la vittoria”, il famoso film ambientato in un campo di prigionia tedesco insieme a Pelè, Bobby Moore, Mike Summerbee, Osvaldo Ardiles ed un improbabile Sylvester Stallone nelle vesti di portiere.
     
    Sempre agli inizi del suo periodo al City famosa fu una sua dichiarazione alla stampa. “Non ho bisogno che Malcolm Allison (allenatore del Manchester City) mi sostenga dicendo che sono un grande giocatore. Che sono un grande giocatore me lo ha già detto Pelè”.
     
    Questo era Kazimierz Deyna, il più grande calciatore polacco di tutti i tempi.

     

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