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  • Gerrard, Xavi, Casillas e Schweinsteiger: un calciomercato che riscrive la storia

    Gerrard, Xavi, Casillas e Schweinsteiger: un calciomercato che riscrive la storia

    "Nel calcio moderno non c'è più spazio per le bandiere". Quante volte abbiamo sentito pronunciare questa frase, da eminenti opinionisti nei salotti televisivi e nelle chiacchiere tra tifosi, magari nello scenario molto più spartano ma genuino del bar. Una verità riaffermata da questa prima sessione del calciomercato estivo, che ha già riscritto la storia di tanti illustri club e di alcuni dei suoi campioni più rappresentativi: fuoriclasse in campo, ma soprattutto icone per i sostenitori e leggende nella storia delle rispettive società. La Serie A, in cui resistono gli immortali Totti, Toni e Di Natale, ha salutato Pirlo, volato a New York, e ha registrato il tramautico addio di Stefano Mauri alla Lazio dopo 10 anni vissuti fianco a fianco.

    In ambito straniero, l'estate 2015 sarà invece ricordata come quella dell'addio di Steven Gerrard al Liverpool, di Xavi al Barcellona e, ultime in ordine di tempo, di Iker Casillas al Real Madrid e Bastian Schweinsteiger al Bayern Monaco. 

    IL LUNGO ADDIO DI CASILLAS - E' ancora fresca e per questo crea ancora smarrimento la notizia, ufficializzata nella serata di ieri, del congedo di Casillas dalla Casa Blanca. Il più forte portiere di sempre nella storia del Real Madrid e di tutto il calcio spagnolo alla fine ha ceduto, ha detto basta a 3 anni di reciproche incomprensioni e ad un clima che si era fatto irrespirabile. Persino l'addio è stato poco sereno, col lungo tira e molla col presidente Florentino Perez sulla modalità di pagamento della buonuscita che permetterà al capitano della Spagna di non rimetterci dal punto di vista economico nel suo trasferimento al Porto. Che una storia d'amore lunga 25 anni (con 5 campionati, 2 Coppe di Spagna, 4 Supercoppe, 3 Champions League, 2 Supercoppe Europee, una Coppa Intercontinentale e un Mondiale per club) si chiuda parlando di soldi è francamente triste. A Perez, l'uomo che più di altri ha spinto verso la rottura, il compito di fare accettare al madridismo vero (non quel migliaio di contestatori che ha bersagliato il portiere per tutta la scorsa stagione) l'addio di un'altra leggenda, dopo quelli di Hierro e Raul e di Jorge Valdano in società.

    CIAO PEP, VADO DA VAN GAAL - Reduce da due stagioni in cui è mancato l'acuto europeo e dove anzi sono arrivate due eliminazioni umlianti nel gioco e nel punteggio con Real Madrid e Barcellona, Pep Guardiola si è preso una bella gatta da pelare favorendo l'allontanamento di uno come Bastian Schweinsteiger, cresciuto a pane e Bayern. 17 anni cancellati con un colpo di spugna e il ritorno tra le braccia del maestro Louis van Gaal, uno degli allenatori a cui è rimasto è più legato e che ne farà il primo tedesco di sempre nella storia del Manchester United all'età di 30 anni. Una nuova vita calcistica per lui, una nuova era per il club tedesco che, dopo aver assistito allo spostamento di uno dei migliori terzini al mondo (Lahm) come playmaker davanti alla difesa, è pronto ad ingoiare un altro pezzo della rivoluzione di Guardiola.

    IL PROFESSORE VA IN QATAR- Sempre nel centro del gioco e della manovra, il lento addio di Xavi al Barcellona era cominciato la scorsa stagione, con l'ingombrante presenza del croato Rakitic al suo fianco, l'uomo chiamato appositamente da Luis Enrique per sostituirlo. 24 anni in maglia blaugrana per un figlio della Catalunya e della Masia, uno di due quei giocatori che ne nasce uno ogni 30, ma tutto ha una fine e, se addio deve essere, allora che sia in grande stile, magari col secondo Triplete della carriera. Che proseguirà al Al-Sadd, in Qatar, in un campionato molto meno competitivo e affascinante, dove la ragione economica prevale ancora una volta sui sentimenti. Chi ha nel cuore il Barcellona degli Invincibili non può non pensare a Xavi, alle sue geometrie, ai suoi assist geniali e al suo modo di giocare, sempre a testa alta. Impeccabile dentro come fuori dal campo, mai una parola fuori. Perchè campioni si nasce e non si diventa.

    DALLA KOP A BEVERLY HILLS - Avrà fatto strano a tanti vedere Steven Gerrard per la prima volta con la maglia numero 8 dei Los Angeles Galaxy (nell'amichevole contro i messicani del Club America) dopo 28 anni spesi soltanto per i Reds di Liverpool. Già, l'8 che ad Anfield viene associato solo a "Stevie G", l'uomo che ha attraversato almeno tre epoche della storia recente del Liverpool, con l'ingresso nell'academy a fine anni '80, gli anni della tragedia di Hillsborough in cui ha perso un cugino, l'ingresso in prima squadra con Houllier nel periodo della rinascita in campo nazionale con le vittorie in FA Cup e in Coppa di Lega e internazionale con la Coppa Uefa del 2001 e soprattutto l'incredibil Champions League del 2005 agli ordini di Benitez, per finire col nuovo ciclo inaugurato da Brandon Rodgers. Il Liverpool riconsegnato ai giovani, capace di gettare al vento un titolo già vinto due anni fa (e nessuno si azzardi ad incolpare Gerrard per lo scivolone contro il Chelsea) e alla disperata ricerca di nuovi simboli a cui appigliarsi. Poteva esserlo Raheem Sterling, che però ha deciso presto di farsi tentare dalle sirene milionarie del Manchester City e che per questo è stato pubblicamente criticato proprio dal suo ex capitano dall'altra parte dell'oceano. Che prova a comportarsi da leader anche a migliaia di km di distanza, in una Los Angeles in cui il calcio inizia ad appassionare solo ora e in cui Gerrard può arrivare nell'indifferenza generale, lontano dalla ribalta riservata ai divi di Hollywoord. 

    Il tempo passa, anche il calcio  cambia, ma a noi piaceva di più prima. Con Casillas al Real Madrid, con Xavi a Barcellona, Schweinsteiger a guidare il nuovo assalto all'Europa del Bayern Monaco e Gerrard il Liverpool verso la conquista di una Premier che manca ormai dal lontanissimo 1990.

    Gerrard, Xavi, Casillas e Schweinsteiger: un calciomercato che riscrive la storia

    Andrea Distaso
    @AndreaDista83

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