In un'intervista a ESPN Classic, Marcello Lippi ripercorre l'avventura vincente dell'Italia ai Mondiali del 2006. Ecco alcuni stralci dell'intervista che andrà in onda domani alle ore 22.30.
L’avventura tedesca cominciò in una situazione piuttosto difficile, nei giorni dello scandalo di Calciopoli. Come è riuscito a dare tranquillità al gruppo?
"Quando lo tsunami di calciopoli ci ha investito avevamo già costruito da due anni un gruppo di lavoro molto forte e compatto. Avevamo già un’autostima, una convinzione di forza incredibile, che ci derivava dai risultati. Oltre a esserci qualificati agevolmente per la fase finale del Mondiale, avevamo vinto in Olanda e avevamo battuto 4-1 la Germania. Se non fossimo stati un gruppo coeso quello tsunami ci avrebbe sicuramente travolti".
Il 12 giugno l’esordio vittorioso contro il Ghana, ricorda quella partita?
"Me le ricordo tutte molto bene le partite (sorride). Una volta sbarcati in Germania siamo riusciti subito a isolarci, lasciando in Italia le polemiche. Quella serenità ci permise di giocare molto bene la partita d’esordio che ci portò in dote una grande iniezione di fiducia per il proseguo del nostro cammino".
Cinque giorni dopo a Kaiserslautern gli USA ci misero in serie difficoltà.
"Grosse difficoltà! Spendemmo molto energie nella partita inaugurale e nella seconda non riuscimmo a recuperare bene. Gli Stati Uniti, che erano una squadra ben organizzata e con buoni valori tecnici, ci creò un sacco di problemi. Ma, nonostante l’espulsione di De Rossi, riuscimmo comunque a pareggiare".
Dopo gli affanni contro gli Stati Uniti, la partita contro la Repubblica Ceca fu invece all’altezza delle aspettative.
"Alla vigilia di quella partita i miei ragazzi si rendevano perfettamente conto che, in virtù dei risultati degli altri gironi, si stavano prospettando degli ottavi e dei quarti di finale piuttosto abbordabili. La squadra era consapevole che, vincendo il girone, avremmo evitato il Brasile, lo spauracchio di ogni edizione del Mondiale. E così disputammo un’ottima partita pur soffrendo: Buffon fu davvero decisivo in due o tre occasioni".
Veniamo agli ottavi, la sfida contro l’Australia fu molto sofferta.
"E’ vero. Ma non tanto perché l’Australia ci creò chissà quali problemi, quanto per l’ingiusta espulsione di Materazzi. Fu un’espulsione ingiusta perché Marco colpì Zambrotta (sorride, ndr) e non l’avversario. Quel cartellino rosso ci costrinse in dieci per più di un tempo. Ma quel che mi piace ricordare di quella partita è la nostra volontà di vincerla fino all’ultimo secondo. Nonostante l’inferiorità numerica non ci facemmo schiacciare nella nostra area, ma provammo comunque a segnare fino all’ultimo. Ne è prova l’azione da cui è scaturito il rigore".
Nei quarti l’Ucraina
"Contro Shevchenko e compagni abbiamo dimostrato di avere tutte le qualità che deve avere una squadra per vincere: un portiere affidabile, una difesa compatta e soprattutto la capacità di saper colpire quando se ne presenta l’occasione".
Ed eccoci alla semifinale contro la Germania
"In semifinale abbiamo sicuramente disputato la nostra migliore partita, dal punto di vista tecnico, psicologico e tattico. Abbiamo giocato con grande personalità e autorità potendo contare su una difesa in condizioni davvero straordinarie".
Infine l’apoteosi finale contro la Francia
"Dopo la vittoria contro la Germania, ero sicuro che ce l’avremmo fatta. Non potevamo fallire. Di quella partita mi piace ricordare soprattutto la nostra reazione dopo il vantaggio francese. Non ci disunimmo, con la giusta determinazione riuscimmo a pareggiare quasi subito. Ma capii realmente di poter vincere alla fine dei tempi supplementari: tutti i giocatori vennero verso di me chiedendomi di fargli battere il rigore. Mi era già successa la stessa cosa nel 1996 a Roma quando vinsi ai rigori la Coppa dei Campioni alla guida della Juventus".