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    Genoamania: storia di un balotelliano pentito

    Genoamania: storia di un balotelliano pentito

    • Marco Tripodi
    Lo ammetto, sì. Sono un balotelliano pentito. Uno convinto per molto tempo che davvero Supermario potesse diventare un top player di dimensione planetaria. Un Pallone d'Oro assicurato, un campione in grado di trascinare gli Azzurri nuovamente sul tetto del mondo, colmando quel gap di talento venuto improvvisamente a crearsi nella generazione dei millennials.

    Negli ultimi dieci anni mi sono trovato spesso a dover fare l'avvocato difensore di Balo, ovviamente a sua insaputa e rigorosamente pro bono. L'ho difeso anche di fronte ad evidenze da cui non volevo lasciarmi persuadere. E l'ho fatto sinceramente, non per partito preso, guidato dalla speranza più che dalla presunzione. Poi un giorno mi sono reso conto che erano gli altri ad aver ragione. Non so onestamente di preciso quando ciò sia avvenuto. Non c'è stato un momento esatto in cui anch'io come molti mi sono rassegnato, piantandola di difenderlo a prescindere da qualsiasi ragionevole logica. La mia abiura nei suoi confronti è stato probabilmente un lento e irreversibile percorso di conversione, corroborato da una carriera che lentamente andava sprecandosi.

    Invece che guardare avanti, nella speranza che il mio vaticinio nei suoi confronti prima o poi si realizzasse, ho cominciato semplicemente a voltarmi indietro e a tirare le prime somme. Oggi che l'ex bambino prodigio ha varcato la soglia dei 30 anni si può tranquillamente affermare che quel campione che molti speravano di ammirare in realtà non è mai esistito. E non parlo dei comportamenti fuori dal campo. Di quelli poco mi importa. Del resto se usassimo questo metro di giudizio, gente come Ronaldo e Maradona non avrebbe alcun diritto a metter piede nell'Olimpo del pallone. Nel giudicare Mario io guardo semplicemente i numeri. E quelli non mentono mai. Se si esclude Nizza, parentesi che sa più di eccezione che di regola, Balotelli ha praticamente fallito ovunque sia andato. In Italia come all'estero. A casa sua oppure molto lontano. Al cospetto di allenatori che lo coccolavano come di tecnici che non gli lesinavano bastonate.

    Insomma puntare su Balotelli oggi non è un azzardo nè una scommessa. Al contrario. Chi gli dà fiducia sa bene a cosa va incontro. È conscio che oltre al denaro perderà quasi certamente anche una buona dose di serenità. Con il rischio concreto di creare un danno più grosso di quello che si voleva riparare. E alla fine probabilmente farà come me, rinnegando una convinzione che sembrava incrollabile.

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