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    Genoamania: la retrocessione non è la fine del mondo. E non si dica che altri meritano di più

    Genoamania: la retrocessione non è la fine del mondo. E non si dica che altri meritano di più

    • Marco Tripodi
    Com'era quella storia che era già tutto scritto? Quella che sosteneva che il Genoa si sarebbe salvato grazie alla mano benevola del Napoli. La teoria dei soliti complottisti che vedono ombre anche in pieno buio e che oggi esultano per la retrocessione del Grifone considerandolo un atto di giustizia sportiva.

    TUTTI SANTI - Oggi per costoro improvvisamente il pallone è tornato gonfio e pulito. Giudice giusto ed imparziale, in grado di sanare qualsiasi porcheria, vera o presunta, grazie al quale al posto dei rossoblù in A restano squadre che la categoria l'hanno semplicemente meritata di più. Squadre dal gioco spumeggiante e dalla moralità immacolata. Altro che Genoa. Come l'Empoli, ad esempio, che negli ultimi sei mesi ha vinto una sola partita (peraltro proprio col Napoli e in doppia rimonta, ma guarda un po'!). O come la Salernitana, che dopo aver passeggiato sul campo per tre quarti di campionato all'improvviso ha cominciato a correre come fosse il City di Guardiola. Senza considerare il fatto che a mezz'ora dallo scoccare del 2022 la società sembrava destinata a sparire dal calcio professionistico. Ma così va il mondo. Almeno a queste latitudini. Dove la memoria è corta e intermittente e dove ci si ricorda solo di ciò che piace.

    COLPE E COLPEVOLI - E allora è giusto così. È giusto che al posto di un Grifone spelacchiato si salvino squadre che suscitano più simpatia. Beninteso, se il Genoa è retrocesso la causa principale va ricercata prima di tutto in se stesso. Tanti, troppi errori sono stati commessi nel corso di un'annata sciagurata, iniziata male e conclusa peggio. Che l'aria che tirava sopra Pegli non fosse la più salubre lo aveva del resto già intuito Davide Ballardini dopo il primo triplice fischio del campionato, lanciando un allarme inascoltato al termine del poker incassato ad agosto in casa dell'Inter. Da allora però le cose anziché migliorare sono se possibile andate sempre peggio, aggravate da un mercato di gennaio fallimentare e da una girandola impazzita di cambi in panchina. In tutto questo anche il tanto sospirato cambio di proprietà, avvenuto a campionato in corso, non appare col senno del poi una scelta azzeccata. Probabilmente c'erano modi e tempi migliori per procedere alla storica svolta che ha portato all'inizio dell'era americana. Ma è andata così e piangersi addosso guardandosi indietro non serve a nulla, se non a cercare di non ripetere gli errori in futuro.

    Ad ogni modo la retrocessione non è la fine del mondo, né tantomeno quella del Genoa. D'altronde non è la prima volta che ai rossoblù succede di scivolare di categoria. E questo i suoi tifosi lo sanno meglio di chiunque altro. Il Grifo non scompare e non muore. Solo ripartirà un po' più indietro e con un po' più di difficoltà. Perché in fondo come recita un vecchio canto della Nord: 'Serie A o Serie B, il Grifone è sempre qui!'. Con buona pace di chi oggi ne celebra i funerali e festeggia per la vittoria del calcio sano e pulito.

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