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Genoamania: quello che i numeri non dicono
GIRO DI VENTO - In primis raccontano di come una squadra smarrita e svogliata abbia cambiato nettamente marcia nel volgere di soli dieci giorni. Un cambio di passo amplificato e impreziosito dal fatto di aver interrotto nel frattempo le strisce positive più lunghe del campionato cadetto: quella del Sudtirol prima, quella della capolista Frosinone ieri. Nel mezzo l’ambivalente pareggio di Ascoli, dove un Grifone più fortunato che abile è comunque riuscito a salvare la pelle. Un’inversione di rotta evidente se la si confronta con i risultati raggiunti nell’ultimo mese ligure di Alexander Blessin, la cui parentesi in rossoblù si è chiusa con la poco onorevole striscia di tre sconfitte e un solo punto in quattro gare.
OLTRE LE CIFRE - Ma aldilà dei numeri, che raccontano tanto ma non sempre dicono il vero soprattutto quanto il lasso di tempo analizzato è ristretto come quello riguardante Gilardino, ciò che più sorprende è l’atteggiamento di una squadra finalmente propositiva e convinta dei propri mezzi. Quasi una parente lontana e con poco dna in comune rispetto a quella di inizio mese. Affrontare e affondare un Frosinone che solo dieci giorni fa aveva messo a ferro e fuoco il campo della Reggina, seconda forza del torneo, non era cosa banale. E anche se a conti fatti forse la divisione della posta in palio ieri sarebbe stata la sentenza più corretta, nulla si può togliere ad un Genoa che la vittoria l’ha comunque voluta, inseguita e arpionata. Comportamento che non sempre si era visto quanto l’inquilino della panchina era un altro. Ovviamente non tutti i problemi sono stati risolti e tutto può essere rimesso in discussione al prossimo giro di pallone. Per il momento tuttavia la scelta operata due settimane fa dalla società si sta rivelando corretta. Mai nessuno dei tecnici scelti in precedenza dalla 777 Partners aveva inizialmente fatto bene come il violinista di Biella, i cui meriti sono evidenti e vanno riconosciuti.
REMATORI IN VOGA - Un paragrafo a parte lo meritano poi i giocatori, tornati a fare ciò che sanno, pur con qualche eccezione, dopo un periodo di appannamento fin troppo lungo. Una metamorfosi che molti guardano con sospetto, avallando le tesi di chi sostiene che i primi a non volere Blessin in panchina fossero proprio loro. Probabilmente non allontanandosi troppo dalla realtà. Ma se così fosse ciò rappresenterebbe soltanto l’ennesimo limite di un allenatore che oltre a non aver saputo imporre il proprio credo tattico in campo non è riuscito a far valere la propria personalità neanche nello spogliatoio. Ciò che invece sembra essere riuscito a fare Gilardino. Sfumature fondamentali nel tratteggiare il quadro dell’attuale momento rossoblù. Sfumature che i numeri non riescono a cogliere ma che in qualche modo contribuiscono ad evidenziare.