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    Genoamania: non resta che appellarsi a D'Annunzio

    Genoamania: non resta che appellarsi a D'Annunzio

    • Marco Tripodi
    Per questo Genoa ci vorrebbe Gabriele D'Annunzio. No, non per salvarlo dalla retrocessione ma per trovare parole adatte a descriverlo. 
    Solamente la fantasia lessicale del vate di Pescara riuscirebbe infatti a formulare aggettivi, sostantivi e verbi che non siano ancora stati accostati al Grifone, creando dal nulla qualche efficace neologismo che renda la giusta idea di ciò che si sta compiendo nella Genova rossoblù.

    UN DESTINO GIA' NOTO - A noi, umili osservatori impotenti e privi di originalità non resta che osservare la lenta e inesorabile decadenza di una società al quale è restato solo un lontano passato nel quale beatificarsi e il cui avvenire sembra già esser stato scritto con un inchiostro indelebile. Ciò che accadrà prossimamente dalle parti di Pegli è del resto ampiamente prevedibile, in quanto rappresenta l'ennesima riedizione di una sceneggiatura già letta troppe volte. Ci sarà un cambio in panchina, che porterà alla ribalta un'altra scommessa del dispotico deux ex machina della situazione, al quale seguirà l'ormai immancabile rivoluzione di gennaio sul mercato. A cambiare, quasi certamente, sarà però l'epilogo della vicenda con i nostri eroi che questa volta difficilmente riusciranno a portare a casa la pelle. 

    SENZA USCITA - Magari D'Annunzio sì che riuscirebbe a modificare qualcosa in questa storia dall'esito scontato. Probabilmente non il finale, del resto il dramma decadentista era la sua specialità. Ma forse riuscirebbe con le sue parole a scuotere gli animi e l'orgoglio di una squadra che non esiste, semplicemente perché oggi al Genoa ognuno gioca solo per se stesso. Chi per mettersi in vetrina, sperando in un ingaggio prestigioso, chi per dimostrare di non essere ancora giunto a fine corsa, chi ancora per farsi credere indispensabile o incompreso. D'altronde quando giochi o alleni in una società che ogni sei mesi modifica metà del proprio organico e ogni tre cambia guida tecnica non puoi far altro che prendere Pegli come una tappa di passaggio della tua carriera. 

    Il calcio, come il teatro, è una disciplina collettiva nella quale la compattezza, la coralità e l'affiatamento degli interpreti sono aspetti indispensabili per realizzare il fine che si vuole perseguire. Quando queste non ci sono l'opera che ne scaturisce non può che essere un flop. Indipendentemente da chi ne sia l'autore.
    E allora forse neppure D'Annunzio riuscirebbe a strappare applausi portando in scena la tragedia del vecchio, malinconico Grifone.

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