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    Genoamania: nati per soffrire. E per soffriggere

    Genoamania: nati per soffrire. E per soffriggere

    • Marco Tripodi
    “Siamo nati per soffrire”: sosteneva oltre un secolo fa il futuro premio Nobel Grazia Deledda. Una frase che la scrittrice sarda riferisce in generale all’intera specie umana ma che, volendo restringere un po’ il cerchio anche a costo di risultare non poco irrispettosi nei suoi confronti, potremmo tranquillamente limitare alla realtà del tifoso medio del Genoa.
     
    Per carità, le sofferenze vere della vita sono ovviamente altre. Ma non si può sottacere il fatto che guardare una gara del Grifone più che un momento di spensieratezza e leggerezza quale dovrebbe essere rischia spesso di trasformarsi in un patimento che a volte confonde i suoi confini perfino con l’angoscia. Tifare Genoa è uno sport estremo. Una pratica da temerari che se ne infischiano delle condizioni delle proprie coronarie, mettendole a repentaglio ogni volta che quella maglia a quarti rossi e blu calca un prato verde.
     
    Trascorrere 90 minuti in serenità, quando il Vecchio Balordo scende in campo, per i suoi sostenitori è quasi un’utopia. E l’ennesima dimostrazione di un’assioma che i più vecchi e saggi conoscono ormai da generazioni la si è avuta ieri sera. Quella del Dall’Ara doveva essere una gara all’apparenza piuttosto tranquilla, priva di particolari spunti di interesse, malgrado la situazione di classifica non certo florida dei liguri. Una sconfitta sarebbe stata sì grave ma non certamente drammatica, visto che la stagione è appena all’inizio. E anche la rivalità con un avversario pur storico non è poi delle più accese. Anzi, nel recente passato il rossoblù felsineo ha riservato non poche soddisfazioni indirette ai co-cromatici genovesi. Per informazioni a tal riguardo rivolgersi dalle parti di Sampierdarena.
     
    Eppure anche ieri sera, in una apparentemente tranquilla serata di fine estate con la gara del Grifone da gustarsi all’ora dell’aperitivo, il Genoa è sembrato quasi non voler smentire se stesso, tenendo viceversa fede alla propria tradizionale propensione a soffrire e a far soffrire. Soprattutto gli ultimi minuti sono stati da questo punto di vista paradigmatici. Lì, in quella frazione di partita che conduce al triplice fischio e separa dalla cena, è accaduto tutto e il suo contrario. In una manciata di minuti dalla speranza di replicare il colpaccio esterno in rimonta agguantato a Cagliari si è passati allo scoramento per una sconfitta che sembrava inevitabile dopo il rigore di Arnautovic, fino al sollievo scaturito dalla chirurgica sassata del Capitano, rendendo però se possibile ancora più palpitanti gli ultimi giri del cronometro. Istanti interminabili che hanno rischiato di rovinare in anticipo l'ormai imminente pasto serale di tanti genoani.
     
    Ma il Genoa in fondo è questo: passione e sofferenza. Sempre. Non importa contro chi si gioca o quale sia la posta in palio. Chi nelle vene ha il sangue rosso e blu sa che per lui la tribolazione è una condizione di vita fisiologica, impossibile da estirpare. Giocando con le parole e con l’orario di svolgimento della sfida di ieri si potrebbe dire che invece che essere nati per soffrire forse sarebbe meglio essere nati per soffriggere...Se non altro non si correrebbe il rischio di rovinarsi l’appetito. 
     

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