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    Genoamania: il bel tacer mai scritto da Blessin

    Genoamania: il bel tacer mai scritto da Blessin

    • Marco Tripodi
    A casa Blessin il Capodanno dev'essere arrivato con un paio di giorni di ritardo.

    VOLANO I PIATTI - Rispolverando un vecchio rito, tipico soprattutto del Sud Italia, l'ex allenatore del Genoa ha voluto salutare l'arrivo del nuovo anno lanciando dalla propria finestra non gli stracci, come spesso si usa fare tra separati, ma un intero servizio di vecchie stoviglie, quelle divenute vetuste dopo il suo divorzio dal Grifone. Lo ha fatto nel corso dell'intervista concessa l'altroieri in patria nella quale ha fornito la propria versione sul termine dell'avventura professionale in Liguria. Parole e concetti che di professionale in realtà hanno ben poco.

    PER COLPA DI ALTRI - Se è comprensibile l’ancora fresca amarezza di un allenatore sollevato dall’incarico che avrebbe dovuto e potuto svoltargli la carriera, inconcepibile è il modo in cui questa è stata esternata. Più che un resoconto su ciò che poteva essere e non è stato, quello del tecnico di Stoccarda è stato uno sfogo infantile, ai limiti dell’isteria. Una vendetta dialettica nei confronti di chi non ha, a suo dire, saputo apprezzarlo. Senza un minimo di riconoscenza verso chi, tra le altre cose, continua a garantirgli un lauto stipendio e ignorando qualsiasi forma di autocritica, herr Blessin ha scaricato sulle spalle altrui il peso di responsabilità che erano principalmente sue. Se i giocatori non l'hanno seguito la colpa è la loro; se la società l’ha cacciato è per l'antipatia da parte del presidente; se i risultati non sono arrivati è per via della retrograda mentalità calcistica italiana.


    SOLO CONTRO TUTTI - Insomma se le cose in rossoblù per il piccolo Klopp non sono andate come tutti si auguravano non è certo a causa sua ma della situazione contingente che si è trovato a dover gestire. L'autoritratto tinteggiato da Blessin è quello di un moderno Don Chisciotte sconfitto dalla forza reazionaria dei mulini a vento rossoblù. Forse qualcuno dovrebbe però spiegargli che se una ciurma non segue il capitano la colpa è di chi non è in grado di comandarla. E che se l’armatore non è contento del suo ammiraglio è perché gli obiettivi raggiunti non sono stati quelli richiesti.


    NUMERI - Leggendo l’intervista viene spontaneo chiedersi se il trainer teutonico conosca i numeri da lui collezionati in undici mesi alla guida del Genoa. Domanda inutilmente retorica. Se ciò fosse avvenuto Blessin sarebbe consapevole di aver raccolto appena 9 vittorie in 31 gare tra A e B. E che con lui in panchina la sua squadra soltanto in una partita (quella contro il Parma dello scorso 3 settembre) è riuscita a segnare più di due gol all’avversario, peraltro senza neppure portare a casa l’intera posta in palio. Altro che gegen-pressing. Altro che calcio totale e propositivo. 
     

    TROPPE PAROLE - Ciò il campo ha raccontato in quasi un anno di gestione Blessin è che i concetti da lui teorizzati non sono mai stati tradotti in pratica. Parole vuote, buone soltanto per arruffianarsi il pubblico genoano, ma mai rese reali sul rettangolo verde. Qui sta la colpa del suo naufragio. Non nel conservatorismo italico. Non nell'idiosincrasia personale con Zangrillo. Non nell'ostruzionismo di uno spogliatoio che lui non ha saputo gestire. Quella mostrata da Blessin in rossoblù è stata la rivisitazione del peggior football anni ‘70. Con una profonda differenza. Con quello spesso i risultati arrivavano. Con Blessin al massimo arrivano piatti e bicchieri lanciati dalla finestra.
     

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