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    Genoamania: un KO figlio dell'arroganza di chi si sente superiore

    Genoamania: un KO figlio dell'arroganza di chi si sente superiore

    • Marco Tripodi
    Chi non segna non vince, chi non tira non segna. Tra le poche regole, scritte o tacite, che stanno alla base del gioco più amato del mondo ce n'è una che suona quasi come un assioma matematico. Se vuoi battere il tuo avversario devi fare un gol più di lui. Se è vero che non è necessario e a volte neppure sufficiente bersagliere di conclusioni la porta avversaria per riuscire nel proprio obiettivo, è però altrettanto innegabile che meno proverai a fare centro e meno ci riuscirai.

    Una deduzione talmente ovvia da fare impallidire perfino il maresciallo La Palice ma evidentemente non chiara a tutti. Di certo non sembra tale ai giocatori del Genoa che anche ieri sera, contro la Reggina, hanno provato ad ottenere il massimo con il minimo sforzo. E se spesso in stagione la discutibile tattica al risparmio adottata dalla truppa di herr Blessin ha funzionato, al Granillo la trippa se la sono gustata tutti i gatti amaranto.

    Una sconfitta inevitabile, figlia non tanto di quanto visto in campo in riva allo Stretto, quanto della china intrapresa dal Grifone nelle ultime settimane. Il KO di Reggio Calabria è la conseguenza di un atteggiamento troppo spesso superficiale da parte di chi soffre di un evidente complesso di superiorità che alla lunga ne riduce il potenziale. E che a volte sfocia in sonori schiaffoni. Sberle come quelle prese dalla Reggina e prima ancora a Palermo che devono però servire da sveglia per una squadra che questo campionato non solo può vincerlo ma può addirittura dominarlo. A patto di cambiare atteggiamento il prima possibile.

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