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    Genoa, viaggio nella crisi tra gioco che latita e investimenti ridotti

    Genoa, viaggio nella crisi tra gioco che latita e investimenti ridotti

    • Marco Tripodi
    Crisi di gioco, di risultati e pure di fiducia. A poche settimane dal terzo anniversario dell'acquisto del Genoa da parte della 777 Partners il rapporto tra la holding statunitense e i tifosi del club più antico d'Italia ha raggiunto i minimi termini. Colpa di una politica societaria che negli ultimi mesi ha spento drasticamente i sogni di gloria di una tifoseria illusasi di essersi lasciata alle spalle gli anni bui dell'ultima epoca Preziosi, quando gli obiettivi stagionali non andavano aldilà di una semplice, e in molti casi agognata, salvezza.

    Malgrado un vantaggio accordo con il fisco, utile a rientrare dei debiti lasciati in eredità dalla precedente gestione, un lavoro di marketing, anche internazionale, straordinario e un monte ingaggi sensibilmente abbattuto, la situazione finanziaria del club non appare delle più rosee. I guai giudiziari del gruppo con sede a Miami si stanno ripercuotendo pesantemente anche sulla gestione del Grifone, facendo naufragare le velleità sbandierate ai quattro venti per anni di portare stabilmente la squadra rossoblù a lottare per l'accesso in Europa. Un mercato deficitario, che ha visto le partenze di Josep Martinez, Mateo Retegui e Albert Gudmundsson sommarsi in estate a quella invernale di Radu Dragusin hanno fatto involvere nettamente le prestazioni di un collettivo che nella passata stagione era stato uno delle grandi sorprese del campionato, raggiungendo un 11° posto da neopromossa che pareva gettare le basi per un futuro radioso.

    E invece sono bastati pochi mesi per cambiare tinta all'orizzonte rossoblù. I rubinetti della 777, sempre piuttosto munifici in passato, si sono improvvisamente prosciugati e gli acquisti faraonici operati nelle precedenti sessioni di mercato sono diventati ricordi sbiaditi dai nomi non altrettanto affascinati giunti a Pegli nel corso dell'ultima estate. Un passo indietro netto che si pensava di poter compensare con le intuizioni di un tecnico che dopo aver riportato immediatamente in A il Grifone era anche riuscito a farlo volare nel massimo campionato. Ma anche le idee di Alberto Gilardino hanno improvvisamente cominciato ad annebbiarsi.

    Gli acquisti, avvallati dallo stesso tecnico, non stanno rendendo per quanto sperato. Molti hanno pagato dazio alla sfortuna: Alessandro Zanoli ha giocato pochissimo, Fabio Miretti ha debuttato appena sei giorni fa e Brooke Norton-Cuffy è uscito soltanto ieri da un'infermeria in cui è rimasto domiciliato per quasi due mesi. Altri, come Andrea Pinamonti, faticano a dare il meglio di sé in un sistema di gioco che non lo valorizza. A ciò si aggiunge il fatto che molti dei senatori rimasti sono andati presto KO. E' il caso di Ruslan Malinovskyi, la cui stagione se non è finita dopo il drammatico infortunio di Venezia resta quantomeno fortemente compromessa. O di Junior Messias, il vice-Gudmundsson che il Genoa aveva già in casa ma la cui tenuta fisica non può garantire sufficiente autonomia di impiego. Fino ad arrivare all'ultimo acciaccato, capitan Milan Badelj, faro del gioco gilardiniano costretto ad alzare bandiera bianca sabato contro la Juventus a causa di un guaio muscolare che ne mette in dubbio la presenza per le prossime settimane.

    Fattori che quasi inevitabilmente danno come risultato una classifica deprimente, figlia di un attacco che fa una fatica tremenda a segnare e di una difesa tutt'altro che ermetica. A tutto ciò si aggiunge la bruciante eliminazione dalla Coppa Italia giunta per mano dei cugini della Sampdoria, domiciliati nei bassifondi della serie cadetta ma ugualmente in grado di soggiogare il Grifone. In tutto questo si rafforza la passione del popolo rossoblù, che dopo aver stabilito il record storico di abbonamenti un anno fa, quest'anno lo ha addirittura migliorato, sfondando quota 28.000.

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