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    Genoa: storia di Schone, il principe restato ranocchio

    Genoa: storia di Schone, il principe restato ranocchio

    • Marco Tripodi
    Cinquecento persone: secondo un calcolo abbastanza approssimativo, ma non per questo meno indicativo, tanti furono coloro che il pomeriggio del 6 agosto 2019 accolsero tra cori e sciarpe fuori stagione lo sbarco in Italia di Lasse Schone. Praticamente un pezzo di Gradinata Nord si era trasferita all'interno dell'aeroporto Cristoforo Colombo, colorandolo di rossoblù. 
     
     


    IL NUOVO PRINCIPE - Un'accoglienza degna di un principe. Anzi del Principe. A memoria d'uomo infatti soltanto Diego Milito aveva ricevuto un trattamento simile da parte dei tifosi del Genoa. Da allora erano passati 11 anni e nel frattempo il Grifone, archiviate un paio di gloriose stagioni, era tornato a masticare pane duro nei bassifondi della A. Adesso però nuovi orizzonti si spalancavano di fronte ai sostenitori del club ligure. L'arrivo di quell'esperto centrocampista danese, capace di trascinare solo pochi mesi prima una banda di ragazzini terribili provenienti dall'Olanda fino ad un passo dalla finale di Champions incantando e sorprendendo tutt'Europa, riaccendeva nuove speranze nei cuori rossoblù. Un colpo di mercato clamoroso per una società che negli ultimi anni sembrava aver tirato nettamente i remi in barca, accontentandosi di navigare a vista nelle acque non sempre tranquille del nostro calcio. Un acquisto, oltretutto a costo zero, in grado di beffare la concorrenza delle supercorazzate nostrane e straniere e di proiettare nell'etere le quotazioni del Grifone in vista dell'imminente campionato.

    E' SUBITO AMORE - Prima ancora di scendere in campo l'ex capitano dell'Ajax era già diventato uno degli acquisti più importanti della storia del club più antico d'Italia. E l'impressione fu confermata alla prima uscita ufficiale di Schone, datata 16 agosto. Ad appena una settimana e mezzo dal suo arrivo in Liguria il Principe di Danimarca sembrava già aver preso saldamente fra le sue mani le chiavi del gioco rossoblù. La dimostrazione che tutti attendevano arrivò a Chiavari, in una gara di Coppa Italia con l'Imolese che in altre circostanze sarebbe stata assolutamente anonima. Contro una squadra di due categorie inferiori Schone esaltò se stesso e i compagni trascinandoli ad un netto 4-1 benedetto anche dalla sua firma conclusiva. Sembrava il miglior inizio possibile per una storia destinata a scrivere pagine indelebili. Più tardi ci si accorgerà che quella calda serata nel Tigullio sarà stata soltanto una vacuo sogno di mezz'estate.

    LA CADUTA - Nonostante un buon inizio il Genoa del neo-tecnico Aurelio Andreazzoli comincerà ben presto ad annaspare, ricalcando per l'ennesima volta quel canovaccio già tracciato nelle stagioni precedenti. Nella mediocrità generale di una formazione che non riesce a costruirsi un'identità precisa, cambiando altri due allenatori già prima di Natale, anche Schone si smarrisce. Prestazioni anonime, ritmi compassati, zero lampi di quella classe messa in mostra la maglia dei lancieri fino a poche settimane prima. Il numero 20 sembra il sosia scarso di se stesso. L'unico squillo lo riserva a metà ottobre contro il Milan. Una sua punizione sul tramonto del primo tempo porta in vantaggio i rossoblù anche grazie ad un'inaspettata concessione del portiere rossonero Pepe Reina. Le parti peraltro si invertono 45 minuti dopo quando il danese si fa respingere dallo spagnolo il rigore del possibile 2-2. Neanche la prima gioia personale riesce a svegliare dal letargo il Principe di Glostrup. La sua stagione prosegue sulla stessa falsariga di quella seguita della squadra, molto al di sotto delle aspettative estive. Alla fine, con enorme fatica e con il solito interminabile patimento, il Grifone riesce ancora una volta a salvarsi dalla retrocessione ma Schone, nel frattempo, di quella squadra di cui doveva essere regista è diventato soltanto un comprimario. Nelle ultime gare campionato, quelle decisive per evitare la retrocessione, il suo nome compare spesso ai margini della distinta, relegato in panchina come un mediano qualunque. E anche quegli stessi tifosi che solo qualche mese prima lo avevano osannato come un Dio ormai non ripongono più speranze in lui.

    LA FRATTURA - Con il Genoa Schone vanta però ancora un anno di contratto ed intende onorario al meglio. Anche perché sulla panchina nel frattempo si è seduto il quarto tecnico in meno di nove mesi e con Rolando Maran Lasse spera proprio di riuscire a ritagliarsi quel ruolo da protagonista che non ha avuto fin lì. I suoi piani di riscatto si scontrano però con quelli di una dirigenza che evidentemente non ha più fiducia in lui. La società dice chiaramente al giocatore di volerlo cedere ma lui non ne vuole sapere e rifiuta qualsiasi destinazione alternativa malgrado la scelta non gli manchi. Restare in Paradiso a dispetto dei santi tuttavia non è mai semplice e lui se ne accorge presto. Ad inizio ottobre con il mercato appena terminato e il campionato che ha preso il via da solo un paio di turni la dirigenza rossoblù lo mette clamorosamente fuori rosa. È uno schiaffo terribile per il giocatore. Ma anche per tanti tifosi che malgrado le critiche dei mesi precedenti tornano a schierarsi nettamente dalla sua parte. Indietro però non si torna. Neanche quando il DS Daniele Faggiano, ritenuto il principale responsabile del caso-Schone, un paio di mesi più tardi viene cacciato da Preziosi per presunte divergenze di vedute. E neppure il ritorno in panchina di Davide Ballardini, a quattro giorni dal Natale, riesce a convincere il giocatore a rimettersi disposizione della causa rossoblù.

    EPILOGO - La fine ufficiale di quella che doveva essere una bella storia d'amore viene scritta ieri con un freddo comunicato affidato ad una testata olandese: il manager di Schone annuncia la rescissione del contratto con il Genoa. A 34 anni suonati, e con un Europeo alle porte, l'asso nordico non può permettersi di perdere altro tempo. Meglio cambiare aria. Per sé ma anche per il Grifone, come lo stesso giocatore ammetterà qualche ora dopo. L'avventura di uno degli acquisti più importanti del mercato italiano degli ultimi anni si conclude così. Mestamente e ingloriosamente. Tra i rimpianti reciproci di ciò che non è stato e i rimorsi per ciò che è stato fatto male.

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