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Genoa, Spezia di nuovo nel destino di Ballardini
Era l'antivigilia dell'ultimo Natale e il Grifone, intrappolato al penultimo posto della classifica, fece per la prima volta in Serie A visita ai cugini di Spezia con l'obbligo di raddoppiare l'unica vittoria ottenuta fin lì in campionato. A condurlo da poche ore era tornato l'eroe delle tre salvezze miracolose, quel Ballardini non esattamente sodale con il presidente Preziosi ma invocato come il Messia da tutto il popolo rossoblù. E ancora una volta il vate di Ravenna riuscì nel prodigio, salvando oltretutto anche in anticipo una squadra che pareva inesorabilmente destinata alla caduta in cadetteria. Tutto comincio proprio quella sera lì, al Picco, grazie ad una rimonta firmata Destro-Criscito dopo l'iniziale vantaggio di Nzola. Quella vittoria fu soltanto il primo passo di una cavalcata che si sarebbe conclusa con il solito finale ballardiniano.
Terminato un capitolo, tuttavia, il romanzo che ne è seguito sembra voler ricalcare lo stesso copione di quello precedente. Dieci mesi dopo le premesse del derby tra aquilotti e Grifone sembrano le stesse. Oggi come allora il Genoa insegue lo Spezia, annaspando in fondo alla classifica, dopo aver ottenuto soltanto una vittoria dall'inizio del torneo. Per i rossoblù l'esigenza di far punti lascia spazio alla necessità di tornare a correre per non perdere ulteriore terreno da quel treno salvezza che lentamente comincia ad allontanarsi. La differenza sostanziale sta però nel fatto che mentre allora Ballardini prendeva in mano la penna per scrivere l'incipit del suo quarto romanzo genoano, oggi corre il serio rischio di dover posare quel testimone lasciatoli in dote da Rolando Maran meno di un anno fa. Malgrado le rassicurazioni ricevute dalla società è infatti innegabile che un'eventuale sconfitta nell'estremo levante ligure rappresenterebbe probabilmente la pietra tombale sulla quarta avventura rossoblù del tecnico romagnolo.
Per scacciare i fantasmi nella settimana di Halloween, dunque, Ballardini ha una sola alternativa: espugnare il Picco. Proprio come fece dieci mesi fa. Perché a volte per scrivere il futuro è sufficiente riecheggiare il passato.