Genoa: dodici anni senza Scoglio, il professore divenuto mito
Sono passati ormai dodici anni da quella sera del 3 ottobre 2005 quando, durante una diretta televisiva, il Professore si accasciò sulla sedia al termine di un vivace battibecco con Enrico Preziosi. Un epilogo epico da tragedia greca, degno del miglior Sofocle, che non a caso consentì a quel tecnico focoso e passionale di guadagnarsi un posto d'onore tra le leggende dell'Olimpo calcistico italiano.
Virtuoso della lingua oltre che della lavagna tattica, delle mille frasi divenute celebri esternate da Scoglio nel corso della sua vita, quella sulla sua morte è probabilmente la più famosa. Non solo per l'esattezza con cui si concretizzò ma soprattutto perché rende l'idea di quale legame unisse quell'allenatore laureato in pedagogia al club più antico d'Italia. Una stima ed un rispetto che il popolo rossoblu gli ha sempre corrisposto.
Scoglio non era genovese, era nato a Lipari, e nel corso della sua trentennale carriera guidò ben 16 squadre (tra le quali Napoli, Torino, Udinese, Reggina e soprattutto Messina) più le nazionali di Libia e Tunisia. Eppure nessuna maglia gli entrò nel cuore come quella rossoblù. Un amore che non poteva non essere contraccambiato dai tifosi del Grifone che fin dall'estate del 1988, momento della sua prima apparizione a Pegli, capirono presto che quel tecnico arrivato da lontano aveva qualcosa di speciale. L'immediata promozione in Serie A, conquistata nella primavera successiva, non fece che rafforzarne il mito.
Ma non sono stati i risultati ad aver consentito al Professore di ritagliarsi uno spazio privilegiato nella storia della società che ha fatto la storia del calcio in Italia.
Personaggio quasi letterario, di un calcio che non c'è più, Scoglio seppe incarnare e trasmettere tutto quel calore, quella passione, quel vivere quotidianamente il Genoa che il popolo rossoblù si trasmette di generazione in generazione da prima di chiunque altro in Italia.
Per il suo Genoa, Scoglio, rinunciò addirittura al sogno di ogni uomo di sport, quello di prendere parte ad un campionato mondiale. Dopo aver guidato la Tunisia alla qualificazione alla coppa del Mondo di Corea e Giappone del 2002, al momento di raccoglierne i frutti il tecnico siciliano abbandonò l'incarico per correre al capezzale di un Grifone in piena agonia nei fondali della Serie B. La salvezza regalata alla gente di Marassi lo ricompensò del sacrificio.
Quella stessa gente che non l'ha mai dimenticato, rendendo immortale uno dei personaggi più veri e geniali dell'epopea del pallone in Italia.