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  • Genoa, quando le tre dita di Branco bruciarono le ali di Pagliuca

    Genoa, quando le tre dita di Branco bruciarono le ali di Pagliuca

    • Marco Tripodi
    Una cartolina che ha 30 anni. Il 25 novembre 1990 il Genoa di Osvaldo Bagnoli si aggiudicò uno dei derby della Lanterna tra i più iconici di sempre. 

    Erano gli anni della Samp-doro di Paolo Mantovani, che non a caso a fine stagione avrebbe conquistato il suo unico scudetto, ma anche dell'EuroGrifo di Aldo Spinelli, squadra destinata a piazzarsi al quarto posto in quello stesso torneo. Livelli altissimi per la culla italiana del football, mai raggiunti prima e mai più ritoccati in seguito dal calcio rossoblucerchiato.

    Quel 25 novembre il Genoa confermò una delle regole non scritte del pallone, secondo cui chi arriva sfavorito al derby spesso ne esce vincitore. I pronostici a favore dei ragazzi di Boskov, già lanciati nella loro corsa verso il Tricolore, erano giustificati anche da un andamento decisamente lento dei rossoblù, contestati pesantemente dai propri tifosi nei giorni precedenti la stracittadina. Ma quel pomeriggio (il calcio in notturna di fatto non esisteva quasi se non negli eventi internazionali), il Grifone seppe cambiare il corso degli eventi. Merito di un brasiliano dal sangue indio che ad un quarto d'ora dalle docce spezzò l'equilibrio stabilito fin lì dalla prodezza di Stefano Eranio e dal rigore di Luca Vialli.

    Il sinistro da quasi trenta metri scagliato dalle tre dita di Claudio Branco fu una saetta che bruciò le ali di un Pagliuca vanamente proteso in volo come un Icaro ante-litteram. La palla, sibilando nell'aria tersa di Marassi, interruppe la sua corsa nell'angolo alto alla destra dell'allora terzo portiere della Nazionale, proprio sotto la Nord, il cuore pulsante del tifo rossoblù. Un'esecuzione da videogioco all'alba della loro era. Un gesto talmente bello che la foto scattata alle spalle del laterale verde-oro da Roberto Bobbio diverrà una cartolina destinata a rovinare il Natale dell'altra metà di Genova. 

    Negli anni quell'istantanea è poi diventata un poster che ancora oggi, a tre decenni di distanza, campeggia nelle taverne, nei garage, negli esercizi commerciali di molti genoani. Anche di chi quel fresco pomeriggio di novembre non era neppure nato e oggi deve accontentarsi di vedere in tv un derbino di Coppa Italia che, per ironia della sorte, casca in concomitanza con l'anniversario di quel gol. 

    Proprio il confronto con la deprimente attualità fa assumere a quell'immagine, ancora più valore, elevandola al rango di un'icona laica venerata di generazione in generazione come la più preziosa delle opere d'arte. E per i genoani la punizione di Branco è come la Gioconda, eternamente bella. Proprio come una cartolina spedita trent'anni fa ma per nulla sbiadita.
     

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