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    Galliani e l'epopea rossonera: 'Maldini è il Milan, ma non potevo offrirgli il mio ruolo. Può diventare il condor del futuro' VIDEO

    Galliani e l'epopea rossonera: 'Maldini è il Milan, ma non potevo offrirgli il mio ruolo. Può diventare il condor del futuro' VIDEO

    • Redazione CM
    Adriano Galliani, una vita al Milan e oggi amministratore delegato del Monza, ha rilasciato una lunga intervista a Luigi Garlando, durante il Festival dello Sport: "Sebastiano Rossi psicologicamente è il portiere più forte che ho avuto. Ogni anno pensavo di prendere uno più forte di lui, ma psicologicamente lo uccideva e giocava puntualmente lui. Dida il più forte del Mondo fino a quando i petardi della curva Nord dell'Inter gli fecero del male. Dopo non fu più il primo in assoluto. Ma Dida è sempre presente perché ancora adesso vado a rivedere i rigori della finale di Champions League contro la Juventus dove ne parò 3. Donnarumma? Lo ricordo nella coppa vinta nel 2016. Mauro Bianchessi un giorno arrivò nel mio ufficio dicendomi che era il più forte in assoluto ma stava per firmare con l'Inter. Riuscii a portarlo da noi al Milan a 14 anni. A 16 esordì in Serie A e nell'Europeo che abbiamo vinto è stato eletto come miglior giocatore del torneo, non come miglior portiere. Poi purtroppo la memoria nel calcio è corta. Buffon? Proviamo in tutti i modi a portarlo al Milan, giocava in un grande club come il Parma. La mamma decise di volerlo vicino a se, vicino casa. Noi avevamo come osservatore Lorenzo Buffon, vagamente parente di Gigi. Io tanti anni fa presi Lloris. Abbiati doveva andare al Palermo. Lui rifiutò il trasferimento e Hugo Lloris doveva arrivare al suo posto. Ma non andò così". 



    SU MALDINI - "Maldini? Paolo è il Milan, perché il suo papà era il Milan. Le caratteristiche tecniche di Paolo si conoscono. Il papà nel '63 alza la Coppa dei Campioni e 40 anni dopo sempre in Inghilterra dopo Cesare tocca a Paolo alzare questo trofeo. Non è successo a nessuna squadra d'Europa. Cesare mi diceva sempre, anche durante le trattative per i rinnovi contrattuali, che non avrebbe mai portato Paolo lontano dal Milan. E lui ha ripreso educazione e moralità proprio dal suo papà. Abbiamo ritirato la maglia numero 6 di Baresi e la 3 di Maldini. Quella di Paolo può essere usata solamente da uno dei figli. Perché Paolo è entrato nel club solo quando sono andato via io? Io ho offerto a lui tutte le altre posizioni che non fossero la mia. E lui non ha accettato. Il mio posto non gliel'ho dato perché non sono così generoso e non volevo andare via dal Milan. Io offrii a lui anche la gestione del settore giovanile. Probabilmente magari non doveva succedere in quel momento, c'è il momento in cui devi entrare e devi andare via. E' successo così, ora sta dimostrando di essere un grandissimo dirigente. Lo abbraccio ad ogni partita, affetto sincero e sono felice per lui. Maldini il condor del futuro? Lascio volentieri a lui questo ruolo. Non ricordo chi mi ha dato questo soprannome. Comunque gli ultimi due colpi del condor sono: estate 2021, ultimo contratto depositato, quello di Marrone. Contratto depositato agli ultimi secondi. Segnò contro il Pisa ai playoff. Quest'anno il colpo del condor è Armando Izzo depositato alle 19.58".

    ANCELOTTI - "Ancelotti giocatore prima ed allenatore poi. Carlo in campo era straordinario, Sacchi nonostante gli acciacchi convinse me ed il Presidente Berlusconi a prenderlo. La Roma lo cedette perché pensava fosse a fine corsa. Giocatore e persona meravigliosa, rimane un grande rapporto fra lui e noi. Alla Juventus da allenatore arrivò secondo, non era considerato un vincente. A cavallo del 2000 chiuse alle spalle di Lazio e Roma. Parlai con Ancelotti quando da noi in panchina al Milan c'era Terim. Non andò benissimo, ecco perché andammo su Carlo Ancelotti. Fece cose eccezionali con i rossoneri. Ricordo che dopo il primo allenamento con Kakà mi chiamo e mi disse che era un fenomeno. Al tempo avevamo anche Rui Costa. Unica telefonata di un giocatore intelligente nel corso della mia carriera ricevuta proprio da Manuel che mi disse che doveva andare via perché Kakà era troppo più forte".

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