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    Fumogeni, incidenti e invasioni di campo, gli ultras tornano a fare paura. Ecco cosa succede negli stadi francesi

    Fumogeni, incidenti e invasioni di campo, gli ultras tornano a fare paura. Ecco cosa succede negli stadi francesi

    • Andrea Distaso
    C'è del marcio in... Francia. Gli episodi che hanno caratterizzato le ultime ore di vigilia e la partita di domenica sera, al "Velodrome, tra Marsiglia e Paris Saint-Germain hanno posto definitivamente in evidenza un tema. C'è un serio problema di ordine pubblico legato alle partite di Ligue 1, fatti che stanno assumendo una rilevanza sempre maggiore anche a livello internazionale e che stanno suscitando curiosità ed interrogativi da parte di tanti osservatori esterni. Dalle gravissime intemperanze del derby della Costa Azzurra tra Nizza e Marsiglia dello scorso 22 agosto alla corsa in campo del solitario invasore marsigliese che ha interrotto un'azione di Leo Messi (prima di essere trascinato fuori dai responsabili della sicurezza), siamo di fronte a situazioni che si stanno succedendo con inquietante frequenza.

    CAOS STEWARD - Il lungo periodo di chiusura degli stadi e di limitazioni nei confronti degli spettatori dovuti all'emergenza Covid hanno nascosto sotto la cenere un problema che è diventato ancora più stringente ed attuale col graduale ritorno alla normalità. Lo Stato, anche in Francia, ha deciso di demandare la gestione del comportamento dei tifosi alle società di calcio, chiamate dunque a provvedere all'arruolamento e alla formazione di steward e addetti alla sicurezza da utilizzare in occasione delle partite. E qui sorge la prima criticità: l'interruzione di ogni competizione per la pandemia ha tolto una fonte di reddito certa per le persone coinvolte nelle attività di pre-filtraggio e di monitoraggio durante gli eventi, costrigendo individui con maggiore e comprovata esperienza a trovare nuove soluzioni lavorative. Mettendo dunque le società di calcio nella condizione di reperire sul mercato nuove figure, non tutte sufficientemente pronte per un compito pieno di responsabilità e a fronte di compensi non sempre adeguati ad un'attività tanto gravosa.

    IL RITORNO DEGLI ULTRAS - Il campionato attualmente in corso è così iniziato con la "novità" del ritorno in massa della gente negli impianti sportivi, anche di quelle frange del tifo più accese e con le quali i rapporti sono da sempre all'insegna del compromesso, un po' come avviene in Italia. Una repressione a metà dei fenomeni più violenti, accompagnata da quel senso di trattativa perenne e strisciante che finiscono però per mettere nelle mani degli ultras uno strumento di sottile ricatto: se le loro richieste non vengono del tutto esaudite, il rischio del lancio di oggetti, di invasioni di campo o altro si fa più alto e, con esso, quello di subire sanzioni economiche e/o chiusure degli stadi e persino la sottrazione di punti in classifica da parte della Commissione Disciplinare della Ligue 1. L'Olympique Marsiglia di questa stagione è un esempio piuttosto lampante: dopo gli scontri tra i "tifosi" del Nizza - fra i quali pure qualcuno con indosso la pettorina dello steward - e i calciatori avversari, i gruppi organizzati dell'OM sono stati protagonisti in negativo anche in occasione dei confronti con Angers e PSG.

    E LO STATO? - Nel lungo elenco delle situazioni scabrose verificatesi quest'anno, non si possono dimenticare però gli scontri che hanno condizionato il regolare andamento del derby del Nord tra Lens e Lille del 22 settembre o il lancio di fumogeni poco prima del calcio di inizio di Saint-Etienne-Angers del passato week-end, che ha comportato il rinvio di qualche minuto del match. La risposta da parte delle autorità governative, dal premier Macron al Ministro dello Sport Roxana Maracineanu, è stata sin qui molto debole e ha sistematicamente rimbalzato il problema solo e soltanto ai club francesi. Che dal canto loro lamentano di non avere sufficienti risorse e strumenti legislativi per contrastare un fenomeno che non può essere semplicemente catalogato come un "fatto di stadio". Si celano nelle retrovie problemi di forti tensioni sociali - che il periodo di convivenza col Covid-19 ha accentuato - che non possono evidentemente essere esclusiva competenza delle dirigenze delle squadre di calcio.

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