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Frosinonemania: il ritiro di un gruppo spento con un allenatore distaccato e a rischio
Osservatori neutrali però si stanno ponendo delle domande che nascondono alcune perplessità. La decisione punitiva nei confronti della squadra è davvero la soluzione ideale? Chiudere a riccio un gruppo, mentalmente depresso dai recenti risultati, potrebbe paradossalmente acuire la pressione negativa.
La reazione della tifoseria a fine partita è l’emblema dell’aria che tira in città. La pazienza, durata per sei settimane, è sfociata nei fischi di ieri pomeriggio. Chiare e assordanti le richieste del pubblico ciociaro. L’elettroencefalogramma del Frosinone attuale è piatto. Una squadra scolastica nello sviluppo del gioco è spesso assente sul piano mentale nel corso di una stessa gara.
Unica nota consolatoria la prestazione di Camillo Ciano che, muovendosi sulla trequarti dietro le punte, ha smistato palloni con classe e raziocinio. Prova deliziata dal goal del 2-1 su rigore. Scelta felice del mister che però, schierandosi a specchio con il collega Ballardini, ha ripetutamente esposto la retroguardia a correnti gelide. Capuano, Salamon e Goldaniga hanno accettato e perso i duelli individuali con il tridente del Genoa. Piatek, Pandev e Kouame hanno prevalso rischiando pure di dilagare nel risultato. L’errore del libero polacco sulla pressione dell’attaccante ex Cittadella ha dato il via alla rete del raddoppio ospite.
Il tema tattico è diventato un disco rotto. L’integralismo criticato dal patron gialloblu non si è mosso di una virgola. Le reti incassate dal Frosinone sono un po’ come le buche per le strade di Roma, spuntano come funghi. 3-5-2 o 3-4-1-2 poco cambia per l’atteggiamento arretrato. La seconda soluzione, inoltre, sacrifica un elemento in zona nevralgica.
Urge un segnale forte, anzi fortissimo. Nel nubifragio canarino Longo è sprovvisto di ombrello. La panchina è in seria discussione. Venerdì sera c’è il Torino. Moreno sfida il suo passato con una sola strada percorribile: la vittoria.