Getty Images

Frosinone, tra utilitarismo e continuità: ad Empoli un altro mattoncino verso il traguardo salvezza
UTILITARISMO - “Le azioni sono giuste nella misura in cui tendono a promuovere la felicità”, affermava John Stuart Mill. E parafrasando questa sua citazione, diventa interessante adattarla al contesto Frosinone. Perché il Leone, nel suo percorso di ricerca della felicità, sta scoprendo di possedere nell’animo anche un lato utilitaristico. La prova di Empoli non è stata idilliaca in termini di qualità del gioco e di furore lì dove le partite si determinano, ma al contempo non ha concesso spazio a lampi di sofferenza. Mazzitelli e compagni hanno saputo gestire le rare folate dei rivali, palesando un’attenzione estrema nel conferire equilibrio alle due fasi senza perdere le distanze. Compattezza diffusa dal primo all’ultimo minuto, mediante il contributo fornito da ogni interprete. Chi più e chi meno, ciascuno calato nella parte spesso evocata dal tifo più caldo giallazzurro con un’unica grande richiesta: “DifendiamolA”. Anche a costo di calcolare, quando necessario. Contava far ritorno all’ombra del Campanile con un risultato positivo per tenersi avanti sui toscani negli scontri diretti in caso di arrivo in gruppone a pari merito (oggi entrambe sono quartultime a quota 32 punti, a +3 sulla zona retrocessione in attesa che l’Udinese giochi tra poche ore, ndr). Detto, fatto.
I SINGOLI - Dall’utilitarismo obbligato ai singoli, la positività - nonostante la caotica lotta per non retrocedere - porta a vedere il bicchiere come mezzo pieno. Con allusioni, rimanendo nelle analisi complessive, a quanto lasciato in eredità sul piano individuale. Da incorniciare la prestazione della retroguardia, guidata da un impeccabile Romagnoli. Muro invalicabile a presidio della linea arretrata, sempre ben posizionato nel leggere in anticipo le traiettorie della sfera ed i movimenti degli avanti avversari. Ottimo al pari di Lirola e Okoli, braccetti spesso portatori di superiorità in mezzo al campo grazie alla loro partecipazione alla manovra. I tempi in cui piovevano gol a raffica paiono lontani, per fortuna. Postilla a parte per il discusso tocco di mano avvenuto in area da parte di Gyasi nel finale. Gli estremi per un richiamo al Var e annesso rigore c’erano tutti, come giustamente evidenziato da Di Francesco nel post gara: “A volte faccio fatica a capire perché so che il fallo di mano è a interpretazione. So per certo che se uno va per terra e tocca col braccio in appoggio, non può essere rigore. Non puoi cascare come una pera cotta, devi appoggiarti. Quella del tocco di mano dipende anche da chi sta al Var. Anche se Gyasi non ha fatto un movimento per cercare il pallone, ha allargato il braccio ed ha aumentato il volume del corpo”. Misteri del calcio. Nel frattempo, la classifica si muove. E questa sera tutti i tifosi ciociari saranno certamente incollati davanti alla tv a vedere Udinese-Napoli. In attesa di venerdì, quando al “Benito Stirpe” arriverà l’Inter.