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Frecciate e sincerità: Ibra-Milan, tutte le tappe di un addio già scritto
CHE FRECCIATE - Un concetto, quello della differenza con il passato, espresso fin troppe volte. A partire dal lontano ottobre scorso: a inizio mese, in un'intervista a GQ, Ibra disse: "La vecchia società era grande. Galliani per me era bravissimo, un dirigente fantastico. Faceva tutto per la squadra". Dose rincarata pochi giorni dopo, quando a La Gazzetta dello Sport sentenziò: "Il Milan è un disastro: tante parole, pochi fatti. Questo non è il club del quale tutti si sono innamorati, in Italia e nel mondo. Forse oggi c’è gente sbagliata che dovrebbe stare da altre parti".
CAMBIAMENTI E INSTABILITÀ - Frecciate che tornano prepotentemente d'attualità in questi giorni. A dicembre arriva la chiamata di Boban e Maldini: Ibra dice sì, mosso dalla passione per il calcio, dai bei ricordi che lo legano al Milan e attratto da un palcoscenico di livello per l'ultimo ballo della carriera. L'inizio è piuttosto positivo: il gol a Cagliari, la rete nel derby e quelle contro Torino e Genoa, anche se il suo Milan fatica a decollare. Poi ecco lo stop dettato dal Covid, un'emergenza che porta Ibra a fare ritorno nella sua Svezia. Qui approfitta dell'Hammarby, club di cui detiene le quote, per allenarsi e mantenersi in forma. È da lì che, all'alba di aprile, dichiara: "Futuro? Non lo so, ogni giorno succede qualcosa di nuovo". Un'ombra di dubbio che sottolinea, ancora una volta, i tanti cambi in casa rossonera. Tra tutti, spicca l'addio di Zvone Boban, suo principale sponsor nel ritorno a Milano.
CRIPTICO - A 38 anni, il personaggio Ibra non si oscura. Anzi, resta il preferito delle ribalte. Zlatan ne approfitta, tenendo tutti sulle spine con messaggi criptici e misteriosi. Il 24 aprile, dalla Svezia, aggiunge: "Ho un contratto con il Milan e vedremo come finisce lì, se finisce", mentre un paio di settimane più tardi, da Milanello, tuona: "Ora sapete com'è giocare con un vincente. O vi piace o non vi piace. E se non vi piace, allora non giocate".
FACCIA A FACCIA - Destinatari più o meno diretti. Nel mirino c'è, soprattutto, quell'Ivan Gazidis criticato già mesi prima e con cui è protagonista di un faccia a faccia carico di tensione e tensioni. Un mese fa, il 10 giugno, l'ad si reca a Milanello per un confronto con la squadra in merito alla questione stipendi. Ibra prende parola, alza la voce, si fa sentire, chiedendo lumi sul futuro della squadra e della società. E oggi, a Sportweek, svela: "È uscito solo il 10% di quello che è successo". Frizioni, differenza di vedute, frecciate: il Milan non lo chiama, Ibra ha deciso il suo futuro. Lontano da quel club diventato troppo diverso dal passato.