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    Francia: quando il gioco calcio si mescola alla lotta di classe

    Francia: quando il gioco calcio si mescola alla lotta di classe

    • Matteo Quaglini
    La Francia ha superato da vincente del girone il primo turno all’europeo di calcio, mentre la società civile fuori per le strade, nelle case, nelle piazze dei “Nuits debout” è in fermento. La questione che ci siamo posti è semplice e diretta, qual è – ora che “Les Blues” – hanno ancora intatto il sogno di vincere la coppa, il rapporto tra la società francese e il calcio oggi nei giorni della grande rivolta?

    Se lo chiedono in molti a cominciare da Le Monde l’autorevole quotidiano che ha dedicato vari articoli a una questione che va compresa perché il calcio nel suo piccolo, nel bello e brutto e, nelle sue forti contraddizioni è storia di genere quindi di uomini e società.

    C’è oggi un connubio tra Francia e calcio inizialmente contraddittorio e sostanzialmente avverso. Poi col passare dei giorni sempre più teso verso un momento di evasione dalle tensioni per condividere una festa, per dirla con i francesi un momento ludico.

    Spieghiamo prima le controversie perché ci saranno utili alla fine per capire dove il ragionamento di uomini, donne e ragazzi francesi, impegnati in questioni ben più gravi e profonde di un gol, stia andando col passare dei giorni. Nell’immediato inizio dei campionati due erano gli approcci che soprattutto i giovani manifestavano: da una parte quelli che hanno aspettato l’Europeo con impazienza sia perché amanti del calcio, sia perché alla ricerca di un momento di convivialità con amici e familiari, quasi che il calcio stesso con la sua essenza potesse in qualche modo liberarne le personalità un po’ chiuse dei tempi normali.

    Il calcio era ed è per loro un mezzo, un racconto in grado di portare per alcune ore un disimpegno dalle ingiustizie del livello sociale dei falsi bisogni; dalle forti precarietà del modello familiare; dalle inerzie del miglioramento culturale e dalle paure che lascia lo stato d’emergenza indetto dal governo per provare a rassicurare, senza riuscirvi, i nuclei civili.

    Il calcio da questo gruppo era atteso per essere un pacificatore sociale, un momento d’unione. Ed è ancora visto con questa luce adesso che si gioca. Ma il suo arrivo è anche stato criticato da quella parte della società che lo trova noioso, che lo considera uno sport di miliardi, che critica fortemente gli sponsor ufficiali degli europei ritenuti non solidali e non preoccupati della condizione umana, non tesi a proteggere la società come andrebbe fatto in questo momento di precarietà.

    Abbiamo chiesto ad amici francesi che vivono lì di chiarirci questo rapporto critico tra società e calcio, tra le  altre cose – dopo queste - che ci hanno detto, una descrive questo ragionamento di diffidenza sul football degli europei: una parte della società non vuole guardarlo con lo scopo di rafforzare la lotta. Un’ala della società che ha provato a bloccare l’ingresso negli stadi, che ha cercato di convincere gli intermittenti dell’audiovisivo (come da espressione integrale per capire che la bellezza del significato delle cose è nella visione e nella forma delle parole) a fare anche loro lo sciopero non trasmettendo le partite fino a che la “Loi Travail” della ministra El Khomri non fosse cancellata.
    Il calcio si è trovato dunque dentro un laccio con la cronaca e la società. Si mescola con fatti importanti e decisivi per il contesto sociale francese ed europeo, portando elementi di discussione non per gli sviluppi effimeri del suo gioco ma per quelli futuri del dopo Europeo, che potrebbero essere fatti di una gioia comunque effimera. 

    Per l’autorevole Le Monde al calcio si attribuiscono poteri magici quasi demiurgici potremmo aggiungere noi, ma resta in realtà quello che, di fatto solamente un gioco.

    Questa è la teoria che sta sviluppando la Francia nel rapporto tra storia sociale e calcio con una tesi chiara e netta: se anche “L’equipe de France” vincesse e se questi Europei fossero la sintesi di uno spettacolo felice, il miglioramento della vita sarebbe breve e non porterebbe un contributo di rinascita, o la soluzione dei problemi. 

    La tesi fa riferimenti storici che vanno da Argentina 1978 all’avventura dell’Italia nel 2006 alcuni esempi che non hanno nell’immediato post contribuito più di tanto a migliorare condizioni sociali precarie e complesse. 

    Il rapporto società francese e calcio sta però col passare dei giorni e delle partite manifestando anche quei momenti di convivialità di cui parlavamo e che sono lo sviluppo – non certo centrale – ma non banale di una piccola periferia che si muove raccontando storie e cercando evasione. Che ci sia la Francia o meno in campo poi fa poca differenza da quello che ci dicono: l'altro ieri in occasione di Portogallo-Austria la piazza di Aix en Provance, nel sud del paese, ha urlato quando Ronaldo, il re nudo portoghese ha sbagliato il rigore. 

    Un esempio per dire come la gente si riunisca davanti alle televisioni poste nelle piazze, nelle fan-zone che il ministero dello sport ha organizzato come punti di ritrovo per vivere il racconto del gioco, con l’idea di riconciliarsi con il quotidiano, ben sapendo che l’atmosfera in generale è caotica e che la Francia uscirà inevitabilmente cambiata da una lotta sociale e politica che non lascerà compromessi.

    Un atteggiamento trasversale verso il calcio è la risposta dunque della società francese alla nostra domanda. C’è stata un’iniziale diffidenza, un’incertezza forte e giusta dovuta dalla cronaca di giorni difficili e di lotta. Poi il cambiamento lento ma presente.

    Il calcio per quanto cultura di massa non può cambiare il flusso della storia, ma ha anche in Francia all’Europeo, uno spazio nel quale contribuisce allo sviluppo della cronaca.

    Questo paradigma si spiega con un altro rapporto storico - sociale che la Francia sta raccontando oggi e che riguarda la politica: quello dell’intreccio tra “Football et socialisme histoire d’attracion – repulsion” che trova forti contraddizioni nel dibattito interno al corpo dirigente tra passione pura e propaganda. Una presentazione dell’europeo che si realizza non solo attraverso progetti culturali sul calcio fatti di arte, film, mostre e libri, ma anche elaborando il calcio come oggetto di studio e spiegazione sociale presso grandi università (Avignone). 

    Un’idea è al fondo, capire la costruzione identitaria e lo spettacolo del calcio, adesso mentre si gioca. Sapendo che esiste anche la propaganda di basso livello certo che lo usa per finalità d’immagine (Hollande pensa che lo possa aiutare alle politiche in caso di vittoria come fu per Chirac nel 98). Ma sviluppando anche la chiave traversale e culturale del calcio e, facendolo ora nel giorno in cui i francesi per una sera e una mattina festeggiano l’evasione e la Francia agli ottavi non dimenticando le loro lotte.
     

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