Francesco, il Super Bowl e le 'eresie' della Le Pen
Come avviene in Italia con Salvini, il cui appeal popolare in ogni caso non è paragonabile a quello della bionda francese, la classe media e una parte di sottoproletariato particolarmente emarginato sembra essere affascinato dal teorema separatista. Ciò, storicamente, avviene nel momento in cui la borghesia si trova a rischio di estinzione e per tentare di recuperare terreno decide di appoggiarsi all’uomo forte che, nel caso della Francia, sarebbe una donna. Così, dopo aver faticato più di Sisifo e di Ercole pur di arrivare alla creazione di un Continente omogeneo e solidale almeno nei propositi delle buone intenzioni ci troviamo sul confine che separa un futuro anche soltanto decente da un ritorno al passato antistorico e oscurantista composto da nazioni pronte ad azzuffarsi per un nonnulla. Più in là soltanto il baratro.
Non è un caso dunque se Papa Francesco, in teleconferenza mondiale, ha voluto ritagliare la sua ultima omelia intorno ad un avvenimento sportivo. Il Santo Padre, in qualità di Pontefice davvero contemporaneo e sempre molto attento alle mutazioni sociali in atto nel mondo, ha preso a prestito il Super Bowl ovvero l’evento più importante a livello popolare degli Stati Uniti per lanciare un nuovo messaggio di pace e di solidarietà perché, ha detto in spagnolo quasi per sfidare Trump, “lo sport ha il grande potere di unire i popoli o comunque ciò che qualcuno vorrebbe dividere”. Non si tratta di propaganda o di demagogia populista, ma di considerazioni che fanno capo a una attenta analisi di società che sempre più spesso abbandonano la sana regola dell’agonismo per abbracciare quella malsana dell’antagonismo.
Sicchè noi che ci occupiamo anche o principalmente di sport dobbiamo sentire forte il dovere di esercitare il nostro ruolo usando gli strumenti che servono per andare avanti in maniera costruttiva e consapevole per la costruzione di una nuova società che ignori coloro i quali ci vorrebbero far tornare indietro. Lo sport, in senso ampio, è medicina globale contro i concetti di isolazionismo e di autarchia intellettuale padre e madre delle dittature. Il calcio, poi, è diventato un collante sul serio universale che neppure i Paesi più schivi e lontani si permettono di ignorare. Delegittimare e smembrare l’Europa vorrebbe dire anche cancellare quel gioco che, bene o male, unisce i popoli e consente loro di sfidarsi, più o meno lealmente, facendo appello alla passione e non ricorso alla violenza.