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Forza Simoni, l'allenatore della porta accanto
Augurare il male a qualcuno è cosa da evitare, sempre. Però, trascinati per i capelli, penso sia doveroso sperare che almeno in un bel mal di pancia affligga, oggi, quel cretino il quale ieri notte ha postato e inviato la “fake” con la quale si annunciava l’avvenuto decesso di Gigi Simoni. Essendo costretto a trascorrere la giornata in bagno, da solo, lo sciagurato avrà modo di riflettere sul suo gesto idiota che potrebbe aver creato danni a qualcuno.
Sventuratamente, ho avuto la sfortuna di aver aperto la pagina Facebook proprio alcuni minuti dopo la pubblicazione della notizia fasulla. Ho pianto, non mi vergogno a confessarlo. Perché Gigi è sempre stato e per fortuna è ancora un amico fedele e sincero. Domani avremmo dovuto trovarci alla Marina di Pisa, insieme con l’ex presidente della Carrarese Franco Grassi, per una cenetta in riva al mare. Ovviamente l’appuntamento era stato annullato dopo il dramma che aveva colpito Simoni. Rimandato, però, e non cancellato. Perché non soltanto i suoi famigliari e gli amici ma tutti gli appassionati di calcio stanno facendo il tifo affinché il cuore già un poco ballerino del tecnico torni a funzionare in maniera adeguata. La “botta” lipperlì è comunque stata dura da assorbire e ci sono volute due ore prima che dai siti venisse cancellata quella bestialità. Ogni successivo commento mi pare superfluo.
Mi piace invece cogliere l’occasione per fare un poco di storia legata al mondo del pallone e ricordare quanto siano stati e siano ancora importanti certe figure di allenatori definiti “gentiluomini” ma rispetto ai quali io preferisco la perifrasi di “mister della porta accanto” per significare il loro aver saputo e sapere essere persone piuttosto che personaggi. Partendo da non troppo lontano, la lista non è esattamente lunga. E secondo me, in base alla conoscenza dovuta alla frequentazione, in testa a tutti si deve mettere il nome di Cesare Maldini. Un campione del mondo, accanto a Enzo Bearzot, che dal calcio come allenatore ha ricevuto moto meno di ciò che meritasse probabilmente proprio perché è sempre stati e si è sempre comportato da uomo normale nei rapporti professionali e in mezzo alla gente di tutti i giorni.
Poi farei seguire il nome di Gibì Fabbri, il tecnico del Vicenza di Giussy Farina e di Paolo Rossi. Lui e la sua tenera signora, Irene, che la domenica sera dopo la partita cucinava le lasagne per tutti mentre il marito si preoccupava che nei bicchieri non mancasse mai il Sangiovese. Era un poco come ritrovarsi a casa di un zio. Una traccia di assoluta normalità seguita, ancora oggi, da Carletto Ancelotti e da Claudio Ranieri, fino a Cesare Prandelli. Allenatori mai visti sbroccare in panchina o protagonisti di sceneggiate assortite fuori dal campo oppure nel corso delle conferenze stampa. Eleganti, misurati nel dire e nei gesti anche se non per questo meno autorevoli con i loro ragazzi e con i tifosi. Qualcuno di loro magari non clamorosamente vincente, ma sicuramente esemplari nel loro essere portabandiera del pallone privo di isterismi e di esagerazioni. Nel gruppo stranieri mi limiterei a citare Nils Lieholm, Vujadin Boskov e il “flaco” Luis Cesar Menotti. Tre tipo diversi tra loro ma legati dall’unico denominatore comune della signorilità.
Gigi Simoni ha il pieno diritto di venir “spalmato” su questo drappello di allenatori eccezionale nella misura in cui seppero o sanno ancora essere prima di tutto uomini. Una sola volta, quando era all’Inter, il tecnico di Crevalcore perse la testa. Quando, contro la Juventus, Iuliano placcò Ronaldo alla maniera del rugby e lui entrò in campo per mostrare il dito indice a Ceccarini, che lo cacciò. Purtroppo è questa l’iconografia di Simoni che continua a essere divulgata per fare clamore. Io preferisco ricordarlo alla Cremonese del mitico Luzzara, dove in squadra aveva Enrico Chiesa, il papà di Federico. La sera, insieme con il presidente e l’indimenticabile Erminio Favalli, a far tardi nell’hotel del ritiro per parlare quasi niente di calcio e tantissimo di vita. Proprio come si fa con l’amico della porta accanto. Forza Gigi, quel cretino ti ha allungato la vita e un tavolo è sempre prenotato davanti al tuo mare.
Sventuratamente, ho avuto la sfortuna di aver aperto la pagina Facebook proprio alcuni minuti dopo la pubblicazione della notizia fasulla. Ho pianto, non mi vergogno a confessarlo. Perché Gigi è sempre stato e per fortuna è ancora un amico fedele e sincero. Domani avremmo dovuto trovarci alla Marina di Pisa, insieme con l’ex presidente della Carrarese Franco Grassi, per una cenetta in riva al mare. Ovviamente l’appuntamento era stato annullato dopo il dramma che aveva colpito Simoni. Rimandato, però, e non cancellato. Perché non soltanto i suoi famigliari e gli amici ma tutti gli appassionati di calcio stanno facendo il tifo affinché il cuore già un poco ballerino del tecnico torni a funzionare in maniera adeguata. La “botta” lipperlì è comunque stata dura da assorbire e ci sono volute due ore prima che dai siti venisse cancellata quella bestialità. Ogni successivo commento mi pare superfluo.
Mi piace invece cogliere l’occasione per fare un poco di storia legata al mondo del pallone e ricordare quanto siano stati e siano ancora importanti certe figure di allenatori definiti “gentiluomini” ma rispetto ai quali io preferisco la perifrasi di “mister della porta accanto” per significare il loro aver saputo e sapere essere persone piuttosto che personaggi. Partendo da non troppo lontano, la lista non è esattamente lunga. E secondo me, in base alla conoscenza dovuta alla frequentazione, in testa a tutti si deve mettere il nome di Cesare Maldini. Un campione del mondo, accanto a Enzo Bearzot, che dal calcio come allenatore ha ricevuto moto meno di ciò che meritasse probabilmente proprio perché è sempre stati e si è sempre comportato da uomo normale nei rapporti professionali e in mezzo alla gente di tutti i giorni.
Poi farei seguire il nome di Gibì Fabbri, il tecnico del Vicenza di Giussy Farina e di Paolo Rossi. Lui e la sua tenera signora, Irene, che la domenica sera dopo la partita cucinava le lasagne per tutti mentre il marito si preoccupava che nei bicchieri non mancasse mai il Sangiovese. Era un poco come ritrovarsi a casa di un zio. Una traccia di assoluta normalità seguita, ancora oggi, da Carletto Ancelotti e da Claudio Ranieri, fino a Cesare Prandelli. Allenatori mai visti sbroccare in panchina o protagonisti di sceneggiate assortite fuori dal campo oppure nel corso delle conferenze stampa. Eleganti, misurati nel dire e nei gesti anche se non per questo meno autorevoli con i loro ragazzi e con i tifosi. Qualcuno di loro magari non clamorosamente vincente, ma sicuramente esemplari nel loro essere portabandiera del pallone privo di isterismi e di esagerazioni. Nel gruppo stranieri mi limiterei a citare Nils Lieholm, Vujadin Boskov e il “flaco” Luis Cesar Menotti. Tre tipo diversi tra loro ma legati dall’unico denominatore comune della signorilità.
Gigi Simoni ha il pieno diritto di venir “spalmato” su questo drappello di allenatori eccezionale nella misura in cui seppero o sanno ancora essere prima di tutto uomini. Una sola volta, quando era all’Inter, il tecnico di Crevalcore perse la testa. Quando, contro la Juventus, Iuliano placcò Ronaldo alla maniera del rugby e lui entrò in campo per mostrare il dito indice a Ceccarini, che lo cacciò. Purtroppo è questa l’iconografia di Simoni che continua a essere divulgata per fare clamore. Io preferisco ricordarlo alla Cremonese del mitico Luzzara, dove in squadra aveva Enrico Chiesa, il papà di Federico. La sera, insieme con il presidente e l’indimenticabile Erminio Favalli, a far tardi nell’hotel del ritiro per parlare quasi niente di calcio e tantissimo di vita. Proprio come si fa con l’amico della porta accanto. Forza Gigi, quel cretino ti ha allungato la vita e un tavolo è sempre prenotato davanti al tuo mare.