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    Fonseca, un esonero volgare nei tempi e nei modi: dove è finito lo stile del Milan?

    Fonseca, un esonero volgare nei tempi e nei modi: dove è finito lo stile del Milan?

    • Andrea Distaso
      Andrea Distaso
    Volgare. Nei tempi, nei modi, nei contenuti. In tutto. L’esonero di Paulo Fonseca e la surreale gestione delle ore che hanno preceduto e poi condotto alla scelta del Milan, maturata - secondo quanto emerge - più o meno nell’immediato post-partita di Verona rappresentano il naturale approdo di un’avventura iniziata sotto i più infausti presagi e conclusa nella peggior maniera possibile. Inevitabile, visti i risultati raccolti dalla squadra nella prima metà della stagione e una situazione all’interno dello spogliatoio divenuta irrespirabile, ma giunta in un momento particolare e senza alcun rispetto per la dignità del professionista Fonseca. Che paga anche colpe non sue e che, anche e soprattutto nelle ore più complicate, è stato lasciato solo. Abbandonato ad un destino già scritto da altri al posto suo, ma rimanendo signorile e uomo fino in fondo. 

    I DETTAGLI DELL'ACCORDO CON CONCEICAO

    Paulo Fonseca ha rispettato il suo contratto col Milan fino all’ultimo momento, fino a quando i rappresentanti della dirigenza gli hanno comunicato la decisione e l’imminente avvicendamento col connazionale Sergio Conceiçao. Lo ha rispettato dirigendo la squadra per l’ultima volta a San Siro, nonostante già un’ora prima dell’inizio della sfida con la Roma i rumors sull’esonero e sul cambio di allenatore avessero iniziato a circolare con una sospetta insistenza. Lo ha rispettato mandando in campo una formazione che, al netto delle tante defezioni, ha dignitosamente onorato la partita e ha provato fino all’ultimo a costruire i presupposti per vincere e riavvicinarsi a quell’obiettivo - la zona Champions League - che si allontana di domenica in domenica e che è poi alla base della conclusione dell’avventura di Fonseca alla guida del Milan. Lo ha rispettato sottoponendosi al fuoco di fila delle domande dei colleghi delle televisioni e della carta stampata, quando era ormai chiaro a tutti che la scelta fosse stata presa; lo ha rispettato mettendo il proprio volto al posto di quello della società e dei dirigenti, che non gli hanno risparmiato questa ulteriore umiliazione.

    LE PAROLE PRIMA DELL'ESONERO: "NESSUNO MI HA DETTO NIENTE"


    Dopo averlo abbandonato dal giorno 1 dell’inizio della sua gestione tecnica, con presenze fisiche ed emotive a Milanello sempre meno frequenti, demandando a lui e lui soltanto - in totale coerenza e continuità con quanto avvenne nella passata gestione col predecessore Stefano Pioli - la gestione di un gruppo privo di leader e con tante presunte stelle evidentemente poco abituate ad essere messe in discussione. Il rapporto tra Fonseca e i suoi calciatori è stato spigoloso e complicato sin dalle prime battute, come se si avvertisse nell’aria la totale mancanza di legittimazione da parte dei piani alti del Milan. E quando prima Rafa Leao, poi Theo Hernandez a più riprese e persino Abraham e Tomori si sono scontrati con l’uomo Fonseca, che fino in fondo si è dimostrato tutto d’un pezzo e tutt’altro che morbido nei comportamenti, come a qualcuno faceva comodo descriverlo, nessun esponente di spicco della società rossonera si è fatto avanti per tendergli una mano. 

    MILAN-ROMA: COME E' ANDATA L'ULTIMA DI FONSECA


    Solo era e solo è rimasto Fonseca, fino alla fine. Con l’incresciosa coda di un esonero confermato in prima persona ai cronisti rimasti ad aspettarlo all’esterno di San Siro, prendendo sul tempo quella dirigenza che non ha ritenuto necessario inviare nessun proprio rappresentante ad annunciare ai media quanto stesse accadendo. E che si limiterà alle poche righe del canonico comunicato per ufficializzare una decisione che in realtà era nell’aria da tempo e che ha preso forma con tempistiche e modalità quanto meno discutibili. Non è più un mistero, infatti, l’esistenza di una clausola che - al raggiungimento del sesto mese dalla firma del contratto sottoscritto col Milan dall’allenatore portoghese - consente al club rossonero di scioglierlo con due anni e mezzo di anticipo rispetto alla sua naturale scadenza (giugno 2027) liquidandolo attraverso il pagamento degli emolumenti spettanti a Fonseca fino al 30 giugno 2025. A chi si domandava -  e si è domandato nelle ultime ore -  il perché una scelta figlia anche della poco convincente vittoria di Verona dello scorso 20 dicembre sia arrivata soltanto nove giorni dopo, la risposta è servita.

    I TIFOSI CONTESTANO ANCORA CARDINALE E LA DIRIGENZA


    Fonseca lascia, da signore, un Milan completamente allo sbando. E in un clima di totale contestazione contro la proprietà statunitense, contro il patron Gerry Cardinale e la dirigenza alla quale è stato affidato l’ingrato compito di ereditare quanto di buono avevano lasciato Ivan Gazidis, Paolo Maldini e Frederic Massara. Tre nomi non a caso di dirigenti che, tra errori (pochi) e intuizioni azzeccate (parecchie), hanno riportato il Diavolo a competere ad alti livelli, in Italia ed in Europa. Lasciando ai loro successori un’eredità che non solo non è stata raccolta e portata avanti, ma persino cancellata e smontata in ogni sua componente. E che non è stata onorata nemmeno sul piano dello stile e dei comportamenti. Perché quanto è accaduto con Fonseca non è mai successo e mai sarebbe avvenuto in passato. E’ tutto così sbagliato e infinitamente volgare.

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    Lucas Perry
    Lucas Perry

    Stile Gerry.

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