Quando e come fu che Giuseppe Fiaschi, calciatore in serie B nella Lucchese, fu convocato per la maglia azzurra in vista dei mondiali in Cile del 1962 dal “mago” Helenio Herrera? Prima di rispondere, ora che ha 75 anni, sorride. E racconta al quotidiano Il Tirreno perché. «Ero uscito di casa, e passai dal circolo ricreativo Cheli, dove era gestore mio padre Armando. Avevo 23 anni e appena entrai vidi che gli brillavano gli occhi, la radio era accesa. “Ti hanno convocato alla selezione per i mondiali di calcio – mi disse, con grande orgoglio –. Non lo dimenticherò mai, anche se la mattina dopo fui assediato dai giornalisti, e alla fin fine ai mondiali non andai. Né io, né Herrera che di lì a poco fu sostituito. Per la convocazione andavo a Roma con grosse valige di ferro, ed ero già al secondo allenamento con Rivera, Mazzola, Albertosi, Mattrel, Altafini, Losi, Barison. Quando però sentii dire che a guidare la nazionale stavano arrivando Paolo Mazza e Giovanni Ferrari, siccome ognuno ha le proprie fonti di osservatori… portai via la muta della Nazionale per ricordo, e ce l’ho tuttora». Come ti eri messo in evidenza? «Avevo lasciato il San Miniato nel 1955 per la Fiorentina. I tecnici viola mi schieravano sia nelle formazioni Juniores che tra le riserve dove avevo per compagni Albertosi, Gonfiantini e Dell’Angelo. Con i viola ho giocato la finale di Coppa Italia 1959-60, e poi ho vinto la Coppa dell’amicizia Italo-francese. Dalla Fiorentina passai al Prato, e dopo una stagione, alla Lucchese in serie B. Poi all’Internapoli, dove ho giocato anche con Giorgio Chinaglia». In serie B con la Lucchese ti sei trovato bene? «L’allenatore al tempo della convocazione in azzurro era Leo Zavatti, seminatore d’oro in serie C. Ho imparato da lui a guidare la squadra dalla panchina, fatto che poi mi è servita proprio con la Lucchese». In quale ruolo giocavi? «Terzino sinistro, ma se occorreva a destra mi andava bene ugualmente. Fulvio Bernardini, l’allenatore del primo scudetto viola, mi schierò in gare amichevoli anche centrale. Poi nella Lucchese ebbi compagno Ettore Mannucci, al quale è ora intitolato lo stadio di Pontedera. Sono stato anche tre stagioni all’Empoli». E ora che fai di bello? «Alleno con passione le prime leve del San Miniato Basso, che hanno da 5 a 8 anni, insegno i rudimenti del calcio che sono importanti anche per mantenere la mia passione». Facendo un passo indietro, come allenatore/giocatore arrivò alla Cuoiopelli nella stagione 1975/76, portandola in Promozione, segnando anche un gol decisivo. Vinse il campionato col Ponte a Cappiano. Poi si è interessato ai campi sportivi sanminiatesi, come a dipendente dell’amministrazione comunale.