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    Felipe Anderson molle, Inzaghi troppo duro: Lazio, ora sono guai

    Felipe Anderson molle, Inzaghi troppo duro: Lazio, ora sono guai

    • Antonio Martines
    Strano destino quello di Felipe Anderson. Il brasiliano è il classico giocatore che quando è in giornata risolve da solo le partite e che può valere il prezzo del biglietto, insomma uno dalla cifra tecnica indiscutibilmente alta, che in questi cinque anni di Lazio, in più di un'occasione sembrava sul punto di spiccare il volo da un momento all'altro, ma poi puntualmente qualcuno lo precedeva: una volta Keita un'altra Luis Alberto... Felipe Anderson è stato sempre un giocatore nel quale la Lazio ha creduto, ma a fasi alterne, e per il quale nell'estate del 2015 furono rifiutati la bellezza di 50 milioni da parte del Manchester United. Adesso però, tra la Lazio e il brasiliano, qualcosa sembra essersi rotto definitivamente, in seguito all'imprevista e clamorosa sconfitta di lunedi scorso in casa contro il Genoa, dove il brasiliano si è distinto come il principale protagonista in negativo, autore di una prova non solo imbarazzante ma a tratti anche irritante. Talmente irritante da far saltare i nervi a uno come Simone Inzaghi, il quale rientrato negli spogliatoi, avrebbe clamorosamente sbottato nei confronti del brasiliano con un: “tu con me non giochi più”.

    Frase di una durezza evidentemente esagerata, ma li per li anche comprensibile, per il semplice motivo che veniva pronunciata a caldo e soprattutto subito dopo una sconfitta, assolutamente inaspettata. La cosa avrebbe dovuto chiudersi li, ma Felipe non pare averla affatto presa bene, anche perché si è sentito vittima di un eccesso di severità, e dopo tanti mesi di assenza, in cui la squadra non pareva minimamente soffrire per la sua assenza, per lui deve essere stato un vero e proprio trauma calarsi, suo malgrado, nel ruolo di vero e proprio capro espiatorio. E cosi a questo punto della stagione, alla vigilia della fondamentale e delicatissima sfida con il Napoli capolista, Felipe non è stato convocato per scelta tecnica da parte di Inzaghi, una scelta probabilmente giusta nel caso specifico, ma che potrebbe rivelarsi molto pericolosa dal punto di vista strategico. La Lazio infatti con il Genoa è inciampata in una sconfitta troppo inaspettata e dalle modalità particolari, e si sa come a volte una piccola scheggiatura possa trasformarsi all'improvviso in una lesione ben più grande dalle conseguenze potenzialmente disastrose. Ecco perché la Lazio deve stare attenta alla gestione di questo piccolo – ma grave – incidente.

    Un incidente che ha fatto capire sostanzialmente due cose: la prima è che Felipe Anderson, nonostante il suo indubbio talento, non avrà mai la personalità necessaria, non solo per diventare un leader in grado di caricarsi sulle spalle una squadra, ma anche semplicemente per sopportare una sfuriata da parte dell'allenatore, che per quanto esagerata possa essere stata, rimane sempre tale. La seconda cosa è che Inzaghi, pare aver già sviluppato quella classica superbia e sicurezza di se tipica dei grandi allenatori, che gli ha consentito di entrare come una furia nello spogliatoio e pronunciare una frase dura e pesantissima come quella, davanti al resto della squadra. Se da un lato questo è sicuramente sinonimo di una grande personalità, dall'altro può essere però un potenziale rischio, perché in un caso come questo, si sarebbe dovuto far un maggior uso di diplomazia e sangue freddo, doti che allo stesso Inzaghi non mancano di certo. Ora però, a pagare le conseguenze di tutto ciò non può assolutamente essere la Lazio, che fino a questo momento  ha fatto una stagione eccezionale, ma che potrebbe compromettere tutto nel caso in cui non si riuscisse a ricucire questo strappo. Quanto a Felipe Anderson, è possibile, se non probabile, che a fine stagione se ne vada, con il rischio però – piuttosto concreto – di non trovare una realtà più prestigiosa di quella che si appresta a lasciare; e questo è dipeso esclusivamente da lui e da quella mancanza di personalità che gli stanno impedendo di diventare quel campione che avrebbe potuto essere, ma che molto difficilmente diventerà. 

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