Fantasmi del passato: 1922, la marcia fascista su Roma ferma anche il calcio
DALLA RITROVATA UNITA' NEL CALCIO.... - Facciamo qualche passo indietro. Come abbiamo già avuto modo di raccontare, nella stagione 1921-22 si disputano due campionati, risultato di una scissione sanguinosa tra le società italiane. Scissione che trova soluzione e “pacificazione” soltanto nell'estate del 1922, attraverso un lungo processo diplomatico scaturito in un accordo – il cosiddetto “Lodo Colombo” - che prevede la progressiva riduzione delle squadre settentrionali, accordo ratificato nell'assemblea federale riunificata dell'agosto 1922. Il nuovo “format” prevedeva tre gironi della Lega Nord e gironi regionali organizzati dalla Lega Sud, con finali e finalissima nazionale.
...ALLA DIVISIONE DI UN POPOLO - Se il calcio riesce dunque a trovare il modo di scoprirsi di nuovo unito, lo stesso non si può certo dire per la popolazione italiana che esce dalla Prima guerra mondiale profondamente lacerata e divisa tra fascisti, socialisti e comunisti. Quasi quotidiani sono gli scontri violenti che infiammano e insanguinano la vita politica della Nazione sino a giungere al loro apice nel cosiddetto Biennio rosso agli inizi degli anni'20. Mussolini ha un piano per arrivare a prendere il potere e quel piano non prevede necessariamente l'utilizzo della forza. Approfittando della oggettiva debolezza dello stato liberale e delle personalità politiche che lo governano in quei difficili anni, nel 1922, con un Governo presieduto da un debole Luigi Facta, cerca di forzare la mano sino alla manifestazione fascista organizzata a Napoli il 24 ottobre. È durante la manifestazione di Napoli che Mussolini apertamente prospetta la concreta possibilità che i fascisti marcino su Roma per andare a prendersi il governo. In quell'occasione Mussolini nomina il famoso Quadrumvirato che dovrà organizzare e comandare le operazioni, mentre diplomaticamente i fascisti sono all'opera per arrivare ad ottenere, in estrema sintesi, le dimissioni del Presidente del Consiglio Facta. Dimissioni peraltro che non arrivano.
MARCIANDO VERSO ROMA - Il 27 ottobre con i fascisti che in varie città del nord e del centro Italia iniziano a prendere possesso non proprio in maniera pacifica di alcuni edifici politici, Facta suggerisce al Re di proclamare lo stato d'assedio ma il sovrano non è d'accordo. Le ore si fanno via via sempre più tremende. Nella notte successiva Vittorio Emanuele III e Facta vengono svegliati dalla notizia che la carovana fascista ha iniziato la marcia verso Roma: il Re si confronta con il generale Diaz circa la lealtà delle forze armate nel caso dovesse dichiarare lo stato d'assedio e, da varie fonti, non pare abbia ottenuto risposta chiara e univoca. Fatto sta che mentre Facta è sicuro che il Re proclamerà lo stato d'assedio, tanto da darne preventiva comunicazione a mezzo stampa, il sovrano decide di non farlo portando inevitabilmente il Presidente del Consiglio a rassegnare le proprie dimissioni. In realtà quella notte un documento venne redatto, documento duro nei contenuti, ma assolutamente privo di qualsiasi accenno ad un proclamando stato d'assedio. Probabilmente Re e Presidenza del Consiglio non si intesero sul senso delle parole, o fu altro ma lo sostanza è che il Consiglio dei Ministri la mattina del 28 ottobre proclama lo stato d'assedio ma il Re non lo firma costringendo Facta un paio d'ore dopo ad annullare l'appena proclamato stato d'assedio e quindi a dimettersi. Nelle ore successive, mentre un numero sempre maggiore di fascisti preme ormai alle porte di Roma, si susseguono febbrili consultazioni che portano il giorno successivo all'incarico a Mussolini di formare il nuovo governo. Così la sera del 29 ottobre il duce parte da Milano – da dove aveva seguito tutti gli sviluppi di quelle febbrili giornate – sul vagone letto del treno che la mattina seguente lo fa arrivare a Roma dove nel tardo pomeriggio presenta il primo governo Mussolini. Lo stesso giorno le camicie nere entrano a Roma nel quartiere San Lorenzo dove si registrano scontri violenti che portano a numerosi morti. Il 31 ottobre, infine, le camicie nere sfilano per oltre sei ore lungo le strade di Roma davanti al Re prima che Mussolini finalmente dia l'ordine di smobilitazione: la “marcia” è terminata, il duce è il nuovo capo del Governo e l'Italia sta per indossare la camicia nera. In tutta questa confusione domenica 29 ottobre si sarebbe dovuto giocare il campionato.
CALCIO “FANTASMA” - Domenica 8 ottobre infatti aveva preso le mosse il campionato italiano di calcio nuovamente unito sotto le bandiere della F.I.G.C. Il match più atteso della quarta giornata è quello in programma domenica 29 ottobre a Vercelli tra le Bianche casacche della Pro e l'Internazionale, valido per il girone A della Lega Nord. Vero che spesso siamo portati a pensare che il calcio viva in un mondo tutto suo, ma quelle giornate erano davvero troppo cariche di tensione perché anche il calcio non ne risentisse. Soprattutto lo stato d'assedio, seppur durato lo spazio di appena un paio di ore, aveva provocato interruzioni sulle linee ferroviarie rendendo di fatto molto difficoltosi gli spostamenti. Spostamenti che erano necessari ovviamente alle società di calcio per andare a giocare le partite. Così, quella domenica – senza annunci roboanti a dir la verità – il campionato di calcio non si gioca e la giornata viene rinviata semplicemente alla domenica successiva, quando ormai tutto è tornato apparentemente alla normalità. La Gazzetta dello Sport del 31 ottobre pubblica un comunicato urgente della Presidenza della Lega Nord della F.I.G.C. con il quale “si rende noto che il Campionato di 1. Divisione, sospeso per la domenica 29 ottobre, riprenderà domenica 5 novembre colle stesse gare che avrebbero dovuto svolgersi il 29 ottobre.” Così a calcio quella domenica non si gioca. Il Guerin Sportivo, corrosiva ed impertinente testata diretta all'epoca da Corradini, nel numero in uscita venerdì 3 novembre pubblica in prima pagina una vignetta satirica del mitico Carlin che ritrae Mussolini che brandendo un manganello da “il via” - in altre parole, il “benservito” - a Facta, Giolitti, Boselli e Luzzatti, quindi a tutta una classe politica ormai superata, cogliendo molto bene il senso di ciò che era accaduto e di quanto sarebbe accaduto negli anni a venire.
(Alessandro Bassi è anche su http://storiedifootballperduto.blogspot.it/)