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    FALLO LATERALE: Ligabue, il vero mediano è Gattuso non Oriali

    FALLO LATERALE: Ligabue, il vero mediano è Gattuso non Oriali

    • Fernando Pernambuco
    Dichiarare la propria simpatia per Gennaro Ivan Gattuso è banale. Chi può non apprezzare il suo impegno costante, il suo coraggio, il suo spirito battagliero, la sua abnegazione? Gattuso è quello che in Milan Catania giocò mezza partita col crociato rotto, che scappò dal ritiro del Perugia per approdare a Glasgow nei Rangers. In Scozia gli concessero il soprannome di Braveheart. Coraggioso, duro, generoso, infaticabile, era della razza dei grandi mediani, quando non si chiamavano ancora incontristi.

    Con buona pace di Ligabue (il cantante) Oriali rispetto a lui pareva una ricamatrice. Altro che testa alta: teneva la testa bassa e pedalava, sradicava, rincorreva, poi sfiancato dava la palla al compagno più vicino per farlo giocare di fino. Facile chiamarlo Ringhio, mutuando dal soprannome Rino, facile temerne l’approccio quasi ferino, lo sguardo di bragia.

    A dispetto del sembiante “inculto e fiero”, Gattuso deve possedere una sua solida pacatezza interiore che gli ha permesso di non polemizzare mai con quella macchinetta automatica dell’ira che è Zamparini, quando allenava il Palermo. In lui volontà e modestia  vanno a braccetto, nonostante che da giocatore abbia vinto tutto.

    Approdato a Creta, come un antico eroe omerico (sarebbe uno splendido Ulisse) allena l’Ofi, squadra del capoluogo Heraklion. Domenica, l’impresa. L’Ofi ha battuto per 2 a 1 il Panathinaikos ad Atene e la notizia è rimbalzata anche qui. Accolto a Heraklion come un trionfatore, molto sportivamente ha riconosciuto che i suoi, una volta in vantaggio per 1 a 0, perdevano troppo tempo. Il cosmopolita Rino ha ancora un pezzo del suo cuore in Calabria e fonti non proprio di prima mano fanno trapelare che, nel soggiorno cretese, più d’una volta si sia trovato a rimpiangere cozze vongole. Le stesse che con passione depura nel suo centro specializzato di Corigliano Calabro sotto l’insegna “Gattuso e Catapano”. Pare che a Sion, ai piedi delle Alpi svizzere, dove allenava e giocava, ogni tanto servisse a tutta la rosa un impepata di cozze da perdere la testa.

    L’altra faccia del “ringhio che non ha confini” (mutuando dal rimpianto Sandro Ciotti autore  del “ sorriso che non ha confini” dedicato a una Maria Teresa Ruta dalla bocca generosamente larga) deve essere questa: la prodigalità dell’anfitrione che omaggia i propri amici. Ce lo immaginiamo maitre, direttore di sala muto e compìto. Uno splendido maggiordomo mediterraneo incline ai riti dell’ ospitalità. Insomma una personalità poliedrica. E d’altra parte, non fu Rino testimonial d’un’iniziativa libraria per promuovere la vendita dei classici? Il creativo voleva giocatore sull’effetto spiazzamento, mettendogli in bocca il verso leopardiano “Sempre caro mi fu qiest’ermo colle”. Lui il sonetto lo conosceva per intero e comunque Rino, uno e trino, l’ “infinito” calcistico continua  a praticarlo.

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