FALLO LATERALE: caro Raiola, Abate non vale un branzino
Fernando Pernambuco
Oscurato da avvenimenti apparentemente ben più importanti (Ebola, Isis, alluvioni, jobs act…) il vertice è passato inosservato. Trattasi del summit in un noto ristorante meneghino fra Mino Raiola e Adriano Galliani. Diciamoci la verità: anche se il mondo avesse per caso presentato un’improbabile giornata di bonaccia, la notizia non avrebbe poi fatto grande clamore. L’attanagliante dilemma era infatti: Abate sì o Abate no e il rinnovo a quanto e per quanto tempo? Va da sé che le sparute cronache dell’incontro, presente anche il terzino, si siano appuntate sulle portate tutto pesce de “Il Consolare”. Che si saranno detti tra branzini, gamberi e Chardonnay? Il finale, ancorché interlocutorio, interessa poco. C’è da chiedersi se Galliani, da sempre protagonista della moltiplicazione dei pesci (coi procuratori) per arrivare alla divisione dei prezzi (coi calciatori), non sia restato lì dov’è, soprattutto per coltivare la sua suprema passione: i ristoranti. Abate, diciamocelo, è una scusa e anche il tentativo di cercare di ammansire un volpone come Raiola con qualche crostaceo, un’illusione. Ma per il nostro Conte Dracula dall’aria parrocchiale, perfino il rinnovo del magazziniere vale la stella Michelin. Croniche transilvaniche parlano d’una macchia nel suo oscuro passato: il pesce appunto. Destinato a divenire un eponimo rappresentante della schiatta dei Vlad (così si chiamano i succhiatori della giugulare), il bambino Galliani non passò l’esame iniziatico. Pare che si rifiutasse non solo di affondare i denti in un pallido collo virgineo, financo la bistecca non poteva vedere. Alla vista del sangue impallidiva e terreo in volto tremava. Quasi vegetariano, per non rischiare la lapidazione, si buttò sul tonno rosso, sperando in una deroga. Ma non ci fu scampo. Espulso dalla confraternita dei Carpazi, si rifece una vita a Novara, dove iniziando dalle acciughe sottolio, approdò ai dentici. Col successo, giunsero i carpacci di spigola e le aragoste. Ma il sangue ancora lo terrorizza. Raiola, che ben lo sa, si è presentato all’esclusiva cena con la maglietta dell’ Avis. I camerieri riferiscono, allora, che Galliani impallidendo, non abbia toccato cibo. Ad Abate è stata concessa una porzione di ombrina al vapore. Mino, invece, dopo una poderosa “maremonti”, ha abbattuto nell’ordine: un fritto di paranza, una catalana e un acqua pazza. Grazie a Dio, per non imbrattare la maglietta dell’Avis, ha avvolto il poderoso torace con due tovaglioli e allora in Galliani è rifiorito l’appetito. Pare che sia volato anche un prestigioso tappo d’una prestigiosa cuvée. Ma a cosa volete che ceda Raiola? Al Krug? Al caviale? Ai canini di Adriano? Di fronte a qualsiasi seduzione o minaccia, lui ha solo in mente quel luccichio determinante per poter comprare il cammello. Il cammello in questione era Ignazio Abate. Ora, immaginate le piroette manducatorie di Galliani davanti a Raiola per Abate, il quale già di suo, porta nel nome un destino non fausto. Abatino nel Milan fu un geniale architetto di geometrie, un Euclide che faceva girare la palla senza spremere una goccia di sudore. Abate è un geometra che conosce solo la linea retta, s’inzuppa di fatica, sgobba in su e giù almeno quanto le ganasce di Adriano, poi arriva sul fondo e che Dio gliela mandi buona. Già…gli scherzi del fato; il tempo che passa…Ricordate Galliani, al momento di Ibrahimovic, quando driblava i giornalisti entrando in fretta nell’ automobile, dicendo: “Arrivederci ragazzi, siete sempre i più bravi, sapete quel che non so”. E poi dal finestrino, un’agghiacciante sorriso giallo limone mentre i poveri cronisti, appostati per ore fuori da “Giannino”, restavano con un palmo di microfono in mano. Ibrahimovic, il Barcellona, ma in primis il “Botafumeiro”, tempio di pescado e mariscos, il cui motto, in catalano, è: “Del mar a la taula”. Si narra che a Galliani piacessero le trattative in terra catalana, soprattutto per via della “taula”. Ora qualcosa è cambiato. Ora il dilemma è, appunto: "Abate resta o non resta?" Ora nessuno si apposta dietro l’angolo. Ora addio Barcellona; “Botafumeiro” addio. C’è Barbara alla cassa per la nota spese. A proposito, questa volta al conto non ci avrà mica pensato Mino, che tutto ha d’oro? Anche il cuore.