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    Falcao, gol e infortuni devastanti: per Guardiola il migliore in area, fece esultare Maradona per un gol del River

    Falcao, gol e infortuni devastanti: per Guardiola il migliore in area, fece esultare Maradona per un gol del River

    • Remo Gandolfi
      Remo Gandolfi
    Quando arrivò qui da noi aveva solo 15 anni. Sembrava un ragazzo uscito da un’altra epoca. 
    Educato, rispettoso, gentile e sempre sorridente.
    E assai più maturo di tutti i suoi coetanei.
    Ci avevano raccontato che quando fece il suo esordio nella serie cadetta del calcio professionistico colombiano non aveva ancora compiuto 14 anni.
    Dopo averlo conosciuto nessuno di noi se ne stupì più di tanto.
    Aveva già tutto quello che serviva per sfondare nel calcio.
    Doti tecniche (controllo di palla, velocità, capacità di calciare con entrambi i piedi ed era già fortissimo nel gioco aereo) e doti caratteriali (concentrazione, attenzione, voglia di ascoltare e di imparare).
    Era incredibile vedere come sapeva trasformarsi una volta entrato nella “cancha”.
    Dal ragazzo pacato, tranquillo e riflessivo che era fuori dal campo diventava improvvisamente un “guerriero”. Determinato, volitivo e a volte quasi aggressivo.
    Aveva un coraggio da leone e non c’era pallone che non fosse possibile raggiungere.
    E questa è una dote che non si impara. O ce l’hai dentro di te o non esiste nessuno che può insegnartela.
    Qualche mese dopo il suo arrivo mi disse che aveva una richiesta da fare ai dirigenti del Club.
    Pensai immediatamente a qualche “regalino” speciale visto che nella “Octava” del Club aveva già iniziato a fare gol con impressionante regolarità.
    Invece fu capace di spiazzarci tutti quanti ancora una volta.
    Chiese ai dirigenti del River se poteva iscriversi ad un corso di giornalismo presso  l’Università di Palermo.
    Perché, parole di Radamel “Studiare mi è sempre piaciuto e poi se non dovessi farcela con il calcio fare il giornalista non mi dispiacerebbe.”
    E così invece delle interminabili partite a FIFA con i coetanei nella pensione del club o di andare in giro a “caccia” di ragazzine Radamel Falcao finito l’allenamento infilava i suoi libri in una sacca e andava in aula.
    In realtà se c’era qualcuno su cui tutti erano pronti a scommettere sul suo futuro nel mondo del calcio era proprio lui.
    Neppure un grave infortunio (purtroppo il primo di una lunga serie) patito subito dopo il Campionato Sudamericano under-17 fu in grado frenare la sua ascesa.
    Era determinato e da fervente cattolico quale è sempre stato non aveva nessuno dubbio.
    “Tornerò più forte di prima” ripeteva a tutti quelli che incontrava al Club.
    Ci volle il suo tempo ma finalmente, nel 2005, arrivò prima l’esordio in prima squadra in marzo (quattro minuti contro l’Instituto di Cordoba) e poi quello dal primo minuto contro l’Independiente, il 2 ottobre del 2005.
    Non c’è nessuno al club che si sia dimenticato di quello che accadde quel giorno.
    Reinaldo Merlo, il nostro adorato “Mostaza”, era tornato sulla panchina del club.
    Quel giorno nella riunione della mattina si avvicinò a Radamel.
    “Figliolo, ti senti pronto per giocare una ventina di minuti oggi ?” gli chiese il manager del River.
    “Con tutto il rispetto Signor Merlo … io sono pronto per giocarne novanta” fu la risposta del diciannovenne attaccante colombiano.
    Come andò a finire ce lo ricordiamo tutti.
    Vincemmo in rimonta tre a uno e Radamel segnò una doppietta.
    Nel mese successivo segnò una tripletta al Lanus e altri due gol due settimane dopo contro il San Lorenzo.
    Ma la sfortuna decide di non mollare la presa. Il giovane colombiano è uno dei suoi obiettivi preferiti.
    Proprio un attimo dopo aver calciato il pallone del suo secondo gol contro il San Lorenzo e il quinto per il River in una giornata memorabile accade il disastro. Sullo slancio Falcao con il piede destro va ad impattare sulla tibia del difensore del San Lorenzo Adrian Gonzalez e quando riappoggia il piede sul terreno il ginocchio si “torce” in modo innaturale. Ancora una volta il legamento crociato, ancora un volta ai box. 
    Sembrava inarrestabile.
    Giocava come un veterano e non era certo l’attaccante che se ne stava nei pressi dei sedici metri ad aspettare palloni.
    Tutt’altro.
    Faceva da sponda, attaccava gli spazi e si sacrificava nel pressing ai difensori avversari.
    Era già “El Tigre” per tutti i tifosi dei Millionarios.
    Il River, senza di lui, non vincerà più una sola partita in quel campionato.


    Quando Radamel Falcao rientra da quel grave infortunio sulla panchina del River Plate è arrivato Daniel Passarella. “El Caudillo” ha una fiducia enorme nel giovane attaccante colombiano ma stavolta il ritorno ad una forma accettabile è più complicato del previsto.
    Fa il suo rientro nel Torneo Apertura il 10 settembre del 2006 in un match al Monumental contro il Quilmes, entrando a metà del secondo tempo al posto del “Burrito” Ariel Ortega.
    Ma è evidente che Radamel è in ritardo di condizione e dopo qualche partita da titolare con scarsi risultati e la contemporanea esplosione dell’altro giovane attaccante del River Gonzalo Higuain lo relegano in panchina per quasi tutta la stagione in cui segnerà una sola rete, contro il Rosario Central.
    Le cose non cambiano di una virgola neppure nella stagione successiva, nonostante la cessione di Gonzalo Higuain al Real Madrid nel dicembre del 2006 “liberi” di fatto un posto in attacco.
    Radamel Falcao, sempre alle prese con guai fisici, segna solo due reti, entrambe nella vittoria interna contro il Racing Club.
    I dubbi sul suo completo recupero cominciano ad essere tanti. L’unico a non avere dubbi sul suo recupero è quello che conta di più, ovvero il suo allenatore Daniel Passarella che nel torneo Apertura che inizia nell’agosto del 2007 lo ripropone al centro dell’attacco.
    Dopo un buon inizio e qualche gol importante (come nelle vittorie interne contro Estudiantes e Newell’s) la svolta arriva nel giro di quindici giorni “magici” che rilanceranno Radamel Falcao ai vertici del calcio argentino e di lì a poco, mondiale.
    Il 28 settembre si gioca al Monumental il ritorno degli ottavi di finale della “Copa Sudamericana”. All’andata i Millionarios hanno perso per una rete a zero e questo determina la necessità di vincere con due reti di scarto.
    Al 25mo del secondo tempo, con entrambe le squadre in dieci uomini per le espulsioni del difensore Federico Lussenhoff del River e del centrocampista del Botafogo Zé Roberto, i brasiliani stanno conducendo per due reti ad una. Al gol iniziale di Lucio Flavio del Botafogo ha risposta proprio Radamel Falcao a metà del primo tempo ma in avvio di ripresa il centravanti Dodò ha riportato in vantaggio i suoi.
    C’è una montagna da scalare per i Millionarios.
    Montagna che diventa l’Everest quando a poco più di un quarto d’ora dalla fine anche Oscar Ahumada, il “volante” difensivo del River, si vede sventolare davanti al naso il cartellino rosso.
    Passa poco più di un minuto.
    Radamel Falcao rientra sulla trequarti
    , si fa dare palla da Fernando Belluschi. Avanza palla al piede e al primo tentativo di contrasto di un difensore del Botafogo lascia partire una botta di destro da oltre 25 metri.
    Il pallone si infila nell’angolino alla sinistra di Max, il portiere del Botafogo.
    Servono ancora due reti e in nove contro dieci occorre prendersi dei rischi.

    Il Botafogo in contropiede sfiora un paio di volte il colpo del ko ma ora deve difendersi. Sulla destra prova a sfondare Belluschi ma viene chiuso e la palla arriva al “Burrito” Ortega. Il suo cross verso Falcao al centro dell’area è prolungato nella sua traiettoria verso il secondo palo dove Andrés Rios, con un delicato tocco di piatto ha messo alle spalle del portiere brasiliano.
    Tre a due. Otto minuti da giocare più recupero.
    Quando l’arbitro dell’incontro assegna i canonici tre minuti di recupero il River è riversato nella metà campo dei brasiliani, il portiere Juan Carrizo incluso.
    La lancetta sta per iniziare il suo ultimo giro quando Ortega riceve palla sulla fascia sinistra. Rientra verso il centro è l’unica cosa che può fare è buttare un pallone in mezzo all’area di rigore.
    E sperare.
    Il pallone, calciato di destro è a rientrare verso il primo palo.
    Non è particolarmente teso ed è uno di quei palloni dove generalmente le difese vanno a nozze.
    C’è un grappolo di giocatori che sta attendendo in quella zona il pallone quando da dietro arriva Radamel Falcao che stacca imperiosamente almeno mezzo metro più in alto di tutti.
    E’ lui che dà la forza a quel pallone apparentemente lento e prevedibile e il suo colpo di testa è una frustata che si spegne nell’angolo alla destra dell’immobile portiere brasiliano.
    Il Monumental impazzisce. C’è il commovente abbraccio tra Passarella e Ortega, c’è il grappolo di giocatori tutti sopra “El Tigre” a festeggiare il gol e il completo recupero di un grande attaccante.
    … e c’è perfino un’inquadratura nel pubblico dove si vede Diego Maradona, lui tifosissimo del Boca, esultare con le braccia alzate e i pugni chiusi.
    Si completa così una delle rimonte più incredibili non solo della storia del River ma di tutto il calcio sudamericano.
    Due giorni dopo Radamel Falcao segnerà ancora, questa volta nel pareggio interno con il Rosario Central.
    Il sette di settembre al Monumental arriva il Boca Juniors, davanti in classifica ai Millionarios e con concrete speranze di vincere il titolo nella lotta contro Lanus e Banfield.
    L’avvio del River è prorompente.
    Passarella ha messo in campo tre fantasisti (Ortega, Belluschi e Diego Buonanotte) con il compito di supportare e alimentare Radamel Falcao.
    Passano poco più di venti minuti e il piano del tecnico del River dà i suoi frutti.
    Ortega apre sulla sinistra per Belluschi che con un delizioso tocco di prima intenzione mette il pallone verso il centro dell’area dove sta arrivando in corsa Radamel Falcao che scarica una violenta conclusione di sinistro al volo che s’infila sotto la traversa di Mauricio Caranta, il portiere degli “Xeneizes”.
    Nella ripresa arriverà il raddoppio di Ortega su calcio di rigore, concesso per un ingenuo fallo di Gabriel Paletta, il giovane difensore del Boca, su Diego Buonanotte.
    Dalla stagione successiva sulla panchina del River arriverà Diego Simeone e con lui il primo titolo nella carriera di Radamel Falcao, il “Clausura” 2008.
    Sarà al termine di quel torneo che il nome di Radamel Falcao Garcia inizierà a circolare tra i grandi club europei. Milan, Deportivo La Coruña e Aston Villa arrivano tutte ad offrire cifre da capogiro per il giovane attaccante colombiano che però deciderà di rimanere al River Plate, manifestando un lusinghiero debito di riconoscenza verso chi lo ha fatto crescere, atteso nei periodi più difficili e poi definitivamente lanciato nel panorama calcistico mondiale.
    La scelta dettata dal cuore di Falcao non sarà purtroppo supportata dai risultati. Nonostante l’attaccante colombiano continui a segnare con regolarità il River attraversa una complicata fase involutiva piazzandosi addirittura all’ultimo posto nella classifica dell’Apertura del 2008, peggior risultato nella storia del Club.
    Nell’estate successiva, quella del 2009, arriva l’offerta che il Club decide finalmente di accettare.
    E’ quella del Porto a cui Falcao approda in cambio di 5 milioni e mezzo di euro.
    Non è una squadra di primissimo piano come invece avrebbe potuto scegliere solo un anno prima … ma sarà quella ideale per spiccare il volo verso il firmamento dei più grandi attaccanti del panorama internazionale.

    ANEDDOTI E CURIOSITA’

    Nel Porto Radamel Falcao diventa rapidamente uno degli attaccanti più forti in assoluto.
    E se nella prima stagione i suoi 34 gol ufficiali arrivano quasi tutti dalle competizioni nazionali è nella stagione successiva che il mondo intero si accorge della bravura di questo attaccante. Falcao contribuirà in maniera determinante nella vittoria della Europa League del club portoghese segnando il gol decisivo nella finale contro il Braga e soprattutto segnando in totale 17 reti durante la competizione, battendo così il precedente record stabilito dal tedesco Jurgen Klinsmann nella stagione 1995-1996.

    Nell’estate del 2011 occorrono 40 milioni di euro all’Atletico Madrido di Diego Simeone per strappare Falcao dal Porto e battere la concorrenza di mezza Europa.
    Saranno due stagioni semplicemente straordinaria per il numero nove colombiano capace di segnare 70 reti ufficiali in 91 incontri. Tra queste le due decisive nella vittoria per tre reti a zero contro l’Athletic Bilbao di Marcelo Bielsa nella finale di Europa League del maggio del 2012, rivincendo così il trofeo conquistato l’anno precedente con il Porto.

    Al termine della stagione successiva, spiazzando tutto il popolo “Colchoneros”, l’Atletico Madrid accetta l’offerta dei francesi del Monaco che mettono sul piatto la cifra di 63 milioni di euro.
    L’inizio della carriera monegasca di Falcao è consona alle attese.
    Falcao segna con regolarità e il Monaco veleggia nelle zone alte della classifica.
    Sembra tutto perfetto ma la dea bendata si dimentica un’altra volta di lui.
    Si gioca il secondo turno di Coppa di Francia. Il Monaco è impegnato in trasferta contro il Monts d’or d’Azergues Foot squadra della Seconda divisione francese.
    Siamo già sul risultato di una rete a zero per i monegaschi diretti da Claudio Ranieri e il gol è stato segnato proprio da Falcao. Mancano una manciata di minuti al termine del primo tempo quando lo stesso attaccante colombiano si libera con una splendida finta di corpo in area di rigore e si appresta a calciare a rete. Da dietro, in netto ritardo, tenta un intervento alla disperata il difensore dei padroni di casa Soner Ertek.
    L’unica cosa che riesce a fare è intervenire sulla gamba sinistra di Falcao che, appoggiata al terreno, si piega in modo innaturale.
    E’ un rigore sacrosanto che però l’arbitro dell’incontro decide incredibilmente di non concedere.
    Qualche secondo dopo però la rabbia lascia il posto ad una evidente preoccupazione.
    Falcao è a terra, si tiene il ginocchio sinistro urlando dal dolore.

    Sarà accompagnato fuori in barella e per lui la diagnosi è la peggiore possibile: rottura dei legamenti crociati del ginocchio.
    La Colombia intera, che grazie ai gol di Falcao era tornata a qualificarsi per la fase finale di un campionato del mondo dopo sedici lunghi anni di assenza, è incredula e disperata.
    Ci sono meno di sei mesi all’inizio del Mondiale.
    Ci vuole un miracolo per riavere Falcao
    a guidare la nazionale al centro dell’attacco.
    Il miracolo non avverrà e per Falcao sarà la più grande delusione dell’intera carriera.

    Radamel Falcao rientrerà solo a fine luglio e anche stavolta occorrerà del tempo prima di rivederlo ai suoi livelli abituali. Ma proprio mentre Falcao sta cercando di ritrovare la forma migliore arriva la clamorosa proposta del Manchester United. E’ un prestito con il diritto di riscatto da parte dei Red Devils. L’inizio di Falcao è discreto ma la scarsa fiducia del manager Louis Van Gaal nei suoi confronti diventa ben presto conclamata fino ad arrivare all’umiliazione di mandarlo a giocare con gli under-21 del Club nel marzo del 2015.
    In totale giocherà al Manchester United solo dodici partite da titolare segnando quattro reti, troppo poche per giustificare l’acquisto del suo cartellino fissato ad oltre 40 milioni di euro.

    L’anno successivo arriverà un nuovo prestito in Premier League ma le cose andranno ancora peggio che a Manchester. Un solo gol in dodici partite e finalmente il rientro al Monaco dove, nella stagione 2016-2017, Radamel Falcao Garcia “rinasce” letteralmente ritrovando tutte le vecchie sensazioni. Sarà per i monegaschi e per Falcao una stagione da incorniciare nella quali arriverà il trionfo in Ligue 1 con ben otto punti di vantaggio sul poderoso Paris Saint Germain.
    In totale Falcao segnerà 30 reti in 43 partite ufficiali.

    Concluderà la sua esperienza al Monaco nell’estate del 2019 segnando nelle ultime tre stagioni 70 reti in 117 partite ufficiali.
    Falcao, in scadenza di contratto, firmerà per i turchi del Galatasaray, continuando, a 34 anni suonati, a fare quello che, infortuni a parte, ha sempre fatto in tutta la sua carriera: gol.

    Nel periodo in cui il padre giocava in Venezuela Radamel Falcao si appassionò con grande trasporto al baseball, sport nazionale in quel paese. Il fatto che Radamel era pure molto bravo con la mazza e il guantone e per qualche tempo il baseball prese il posto del calcio in cima alle preferenze del giovanissimo colombiano.
    Per fortuna del calcio colombiano e di tutti gli appassionati di questo sport una volta rientrato in Colombia con la famiglia tutto rientrò nella norma.

    Fece ovviamente un grande scalpore l’esordio nel calcio professionistico colombiano di Radamel Falcao a soli 13 anni e mezzo. Prima di venire acquistato dal River nel 2001 con i “Lanceros Boyacà”, il team colombiano della serie cadetta in cui aveva esordito giovanissimo, Falcao fece a tempo a giocare otto partite e a segnare due reti … tutto prima del compimento del quindicesimo anno di età.

    Il gol più difficile da realizzare per l’attaccante colombiano è stato fuori da un campo di calcio. Quando era ancora agli esordi con il River Plate Falcao, cattolico praticante, durante una visita alla sua chiesa preferita di Buenos Aires conobbe la giovane cantante argentina Lorelei Taròn, biondissima discendente di emigranti tedeschi.
    Il primo invito di Falcao alla giovane incontra un secco rifiuto.
    Sarà così anche per il secondo, il terzo, il quarto, il quinto …
    Falcao però non molla e finalmente Lorelei acconsente alle incessanti richieste di Radamel … probabilmente per sfinimento.
    Poco più di un anno dopo i due si sposeranno e avranno in seguito due figlie, Dominique e Desirèe.

    Come raccontato in precedenza il momento forse più difficile della carriera di Falcao fu il grave infortunio patito in Coppa di Francia nel gennaio del 2014, che gli costò la rinuncia al Mondiale del 2014 in Brasile.
    Falcao però non fu l’unica “vittima” di quanto accade quella sera a Lione.
    Il povero Soner Ertek che procurò la lesione a Falcao con quello scoordinato ma non cattivo intervento fu bersagliato per mesi da insulti e minacce di tanti “tifosi” colombiani.
    Uno di questi arrivò perfino a pubblicare in internet una foto del povero Ertek a fianco di Andres Escobar, il difensore della Colombia assassinato poco dopo i Mondiali statunitensi del 1994 con a fianco la scritta “TU FARAI LA STESSA FINE”.
    E tutto questo andò avanti per mesi nonostante i ripetuti appelli di Falcao che aveva immediatamente pubblicato nel suo profilo Twitter l’accettazione delle scuse da parte del difensore francese.

    Infine le parole di quello considerato da molti il miglior allenatore del pianeta, Pep Guardiola, che durante il suo periodo al Barcellona definì Falcao “il più forte attaccante del mondo negli ultimi sedici metri”.

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