Falcao, Brady e Krol, ma anche Neumann e Luis Silvio: 40 anni fa l'Italia riapriva le frontiere
Iniziamo da Fortunato, Juary e Neumann, per leggere e vedere le foto degli altri scorri la gallery
Sergio Fortunato
Attaccante argentino di estro lunatico, con l’Estudiantes in un biennio ha segnato 56 gol. Buone premesse, quindi. Lo prende il Perugia, ma è una delusione. L’allenatore Renzo Ulivieri lo utilizza assai poco. Lo ritiene troppo individualista. Se ne va dall’Italia dopo una sola stagione, per la verità assai deludente.
Juary
Diventa subito un idolo - questo attaccante brasiliano che arriva dal Santos - per come festeggia ogni gol: ballando attorno alla bandierina. E’ una delle prime esultanze fuori catalogo. Da lì in poi: tana liberi tutti. E’ un folletto che al Partenio viene venerato come un re. Contribuisce a un paio di salvezze dell’Avellino, poi Inter, Ascoli e Cremonese, prima di andare a vincere (segnando) una Coppa dei Campioni col Porto.
Herbert Neumann
Meglio la moglie Maria, una portoghese di spettacolare bellezza. Tedesco cresciuto nella squadra della sua città (Colonia), capello biondo e fluente, ritmo da passeggiata, una certa indolenza nel rincorrere gli avversari. Una mezzala senza arte, da mettere da parte. A Udine resta un anno, poi va a Bologna e fa pure peggio.
Daniel Bertoni Campione del mondo con l’Argentina nel 1978, con gol del definitivo 3-1 nella finale contro l’Olanda. Ala destra rapida, di eccellenti guizzi in zona-gol. La Fiorentina paga 2 miliardi e 800 milioni di lire al Siviglia. E’ del «Puntero» il primo gol straniero in Serie A: lo segna alla 3ª giornata, su punizione a «foglia morta» contro il Catanzaro. Quattro anni a Firenze, due a Napoli, chiude con una stagione all’Udinese.

Liam Brady Regista di qualità, piede sinistro da ricamo, geometria unita a tigna: l’irlandese Brady nell’Arsenal in quegli anni ha fatto vedere grandi cose. La Juventus lo prende per 900 milioni. Trapattoni gli consegna le chiavi del gioco. Lui ripaga alla grande. Vince due scudetti, il 2° a Catanzaro, quando già sa che dovrà farsi da parte per fare spazio a Platini. Un esempio di serietà. In Italia fino al 1987 con Sampdoria, Inter e Ascoli.

Eneas de Camargo Brasiliano di movenze felpate, un 10 tutto finte e dribbling, con il Portoguesa ha guadagnato anche la Selecao (3 presenze e 1 gol). Arriva a Bologna da semisconosciuto, in una squadra zavorrata dal -5 di penalizzazione per il calcioscommesse. 20 presenze, 3 gol, uno spettacolare a Udine. Non fa malaccio, ma paga la troppa discontinuità e se ne va dopo un anno. Fa notizia quando confessa di essersi commosso guardando cadere la prima neve a Bologna. Morirà giovane, a 34 anni, a seguito dei postumi di un incidente stradale.

Paulo Roberto Falcao Ottavo Re di Roma per acclamazione popolare. Quando arriva sono in migliaia ad attenderlo a Fiumicino. E’ un «volante», gioca con il 5 sulle spalle, fa uso del «carriñho» un tackle particolarmente spettacolare. Elegante come nessuno, contribuisce a far grande quella che fino ad un attimo prima era la Rometta. Il trionfo nello scudetto del 1983.


Ruud Krol E’ di sicuro il nome più prestigioso nella prima ondata di stranieri dopo la riapertura delle frontiere. Con l’Ajax e l’Olanda ha cambiato il calcio negli anni ’70. Arriva a Napoli a 31 anni, da terzino si inventa libero e si conferma un campione. Pezzo forte: il lancio di 40-50 metri che va a innescare la corsa dell’attaccante (di solito Pellegrini).
Luis Silvio Danuello E’ il Bidone per eccellenza, la meteora piovuta per sbaglio in serie A (tra l’altro con lo stesso volo - il 10 agosto - con cui arriva Falcao). Agli emissari della Pistoiese dice di essere una «ponta», che però significa ala. Si intristisce, gioca in una squadra scarsa, si dimostra inadeguato ai ritmi e alla fisicità del nostro campionato. Ma il suo nome resterà comunque nella storia del nostro calcio.

Herbert Prohaska Lo chiamano «Lumachina», è il professore del centrocampo dell’Austria Vienna e della nazionale austriaca. Arriva all’Inter a 25 anni, nel pieno della maturità. Sa di calcio. Sembra lento, invece fa girare il pallone. Con l’Inter in due anni vince una Coppa Italia, gli andrà meglio con la Roma: fondamentale ma sottostimato il suo apporto nell’anno dello scudetto.

Michel Van de Korput Il terzino olandese si presta a facili giochi di parole, soprattutto dopo averlo visto giocare. Sguardo truce, baffo da competizione, buona tenuta atletica, ma piede non esattamente di fata. Il Torino lo paga 670 milioni di lire, neppure pochi. Resta tre anni in granata ma senza lasciare grandi ricordi.
