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Facchinetti e la nuova vita da agente: 'Io, procuratore 2.0. Valorizzo il talento, unisco calcio e spettacolo'
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Com'è nata l'idea di fare il procuratore?
"Insieme al mio team gestiamo la struttura di management artistico più grande d'Italia, rappresentiamo 100 personaggi tra attori, cantanti e presentatori; mancavano gli sportivi... Così nel 2018, per differenziarci dagli altri, abbiamo creato una sorta di concessionaria interna, con l'obiettivo di gestire i diritti d'immagine".
E sei entrato nel calcio.
"Sì, grazie alla fiducia che mi hanno dato alcuni grandi giocatori e procuratori internazionali abbiamo iniziato a curare l'immagine di alcuni calciatori".
Com'è andata?
"Molto bene, devo molto a loro. Mi hanno fatto entrare nel mondo del calcio e in quel periodo ho capito che il modo in cui gestisco gli artisti sarebbe potuto essere utile anche per loro".
Quindi un calciatore va gestito a 360°.
"Sì, perché il calciatore necessita di un determinato lavoro; soprattutto oggi che le pressioni e le responsabilità sono aumentate. Il calciatore è come un artista, anche se all'apparenza potrebbe esserci una differenza".
Quale?
“Il luogo comune vuole che i giocatori siano impegnati solo in campo per gli allenamenti e le partite, mentre la realtà dice che sono coinvolti sotto molti altri aspetti e quindi, soprattutto ai massimi livelli, anche loro necessitano di un team di persone al loro fianco. Per aiutarli a crescere, gestire al meglio la loro carriera, imparare a comunicare. Sembra un paradosso, ma spesso anche i giocatori che guadagnano milioni di euro non hanno un entourage in grado di affiancarli e gestirli adeguatamente".
Cambierai filosofia nel mondo dei procuratori?
"Più che un cambiamento credo sia un’evoluzione, un processo che le strutture più importanti stanno già facendo. Un approccio più innovativo rispetto al ruolo classico dell'agente: oggi è necessario prestare molta attenzione al fattore umano e ad altri aspetti cruciali che incidono sulla vita professionale, non ci si può più solo occupare del trasferimento di un giocatore".
Per iniziare questo cammino ti sei affiancato ad Ali Barat, agente che negli ultimi 12 mesi ha concluso molte operazioni importanti tra le quali Kim al Bayern Monaco, Nicolas Jackson e Moisés Caicedo al Chelsea. "Il nostro incontro risale alla fine della scorsa stagione: ci siamo confrontati, c’è stata subito una sintonia umana e professionale e abbiamo scelto di collaborare. Ali ha una mentalità aperta al dialogo, abbiamo condiviso delle idee pur venendo da mondi diversi: per me è stata una fortuna conoscerlo e ricevere attenzione da una persona di questo spessore. Credo che la sua carriera parli da sola, ha dimostrato di saper valorizzare i talenti e portarli ai massimi livelli, come ha fatto con Moises Caicedo e Nicolas Jackson al Chelsea".
Cosa ti affascina del ruolo dell'agente? "Tutto nasce dalla mia grande passione per il calcio, che amo da sempre. Nel 2006 mi sono tatuato sul braccio la scritta 'Campioni del Mondo', per celebrare quel trionfo indelebile. In tempi non sospetti andavo a vedere partite del Bayern Monaco, dell'Atletico Madrid e del Manchester City prima dell’avvento degli sceicchi... Col tempo mi sono reso conto che alcune mie competenze potevano essere applicate al calcio, così ho deciso di unire passione e lavoro".
Hai dovuto fare due volte l'esame di abilitazione.
"La prima volta non è andata bene, ma per un solo errore".
Come si struttura l'esame?
"20 domande a risposta multipla su 600 pagine da studiare. Tutto in inglese. Non è stato facile, ma ora che l'ho superato c'è molta soddisfazione".
Chi è il calciatore ideale che vorresti gestire?
"Scelgo due giocatori del passato dell'Inter: Rummenigge e Zanetti, calciatori seri e stacanovisti".
Come ti immagini la tua prima trattativa?
"A dire il vero ho già partecipato a qualche negoziazione. Una volta che sei coinvolto in prima persona, ti rendi davvero conto di quanti dettagli debbano incastrarsi per riuscire a condurre in porto una trattativa. Banalmente si pensa che un affare dipenda solo dagli accordi economici, ma dietro c’è un intero mondo di regolamenti, accordi e cavilli burocratici che bisogna far quadrare".
Che sensazione è stata sedersi a trattare?
"Ore e ore a parlare, pranzi e cene di lavoro... Il calcio è un ambiente che si basa molto sulle relazioni e mi è piaciuto molto. Vengo da un mondo nel quale si è abituati a fare trattative veloci con multinazionali, nel calcio ho capito che ci vuole più tempo per chiudere un accordo".
In questi mesi hai incontrato molti direttori sportivi, ti hanno svelato qualche segreto?
"Sono molto felice, perché quasi tutti hanno voluto darmi qualche consiglio. Tra gli altri, ho avuto la fortuna di pranzare insieme a Walter Sabatini".
Che ti ha detto?
"Prendevo appunti su qualsiasi cosa, mi sono scritto tutto. Una delle sue tante massime è stata: 'Ricordati che il calcio è come l'arte'. Mi ha spiegato anche che i veri campioni danno il massimo quando sono sotto pressione, e che un grande giocatore si riconosce dal secondo tocco”.
La vostra strategia è puntare sui giovani o su campioni già affermati?
"La nostra filosofia è valorizzare il talento. Che è importante, ma non basta per imporsi ai massimi livelli. Ciò che conta è lavorare sui dettagli e avere l’ossessione di migliorarsi. Proprio per questo è necessario essere circondati dalle persone giuste, con le migliori competenze nel proprio settore. Come dicevamo, i calciatori non sono solo sportivi, ma soprattutto persone che hanno bisogno di fiducia, attenzione e supporto, in campo e fuori. Noi vogliamo fare la differenza proprio su questi aspetti, affinché loro possano farla in campo".
@francGuerrieri