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Ex Milan, Mastour: "A 14 anni da supereroe a meteora. Non mi sono arricchito, pronto a ripartire dopo la depressione"
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"La depressione è iniziata un annetto prima del Covid ed è arrivata fino a dopo il lockdown. Non trovavo più il piacere di andare in campo, soffrivo la pressione, è stata una fase molto difficile a livello personale e lavorativo, ma sono contento di esserci passato. Ora va meglio, è tutto passato. Io ne sono uscito con fede e famiglia. Mi sono avvicinato a Dio e alla preghiera. Sono musulmano, leggo il Corano, prego. In Marocco mi sono avvicinato molto alla religione".
"Al Milan mi sentivo un supereroe, quella maglia mi faceva volare. Tutto mi veniva con una facilità assurda, io amo i palcoscenici importanti ed entrare a San Siro mi piaceva. Zero paura. Mi allenavo con Kakà, Robinho, Mexes, De Jong. Ho vissuto anche Allegri e Ibrahimovic ma io venivo dal settore giovanile, avevo un mio stile di gioco e lo portavo anche in prima squadra. Dribblare con un tunnel o un sombrero poteva dare fastidio, ma non capivo che sarebbe stato meglio non farlo. Chi dava più stecche? Muntari più di tutti, forse. E poi Rami, Mexes. De Jong mi piaceva, era un gladiatore".
"A volte sento Leao, siamo amici. Gattuso che allenatore è stato? Mi capiva, voleva da me il meglio, ha cercato di farmi giocare ma non è andata bene. Io ero anche penalizzato perché avevo Mino Raiola come agente e la dirigenza di quel Milan aveva problemi con lui. Mi è stato chiesto di cambiare procuratore, così avrei rinnovato più facilmente, ma non mi andava di lasciarlo. In questo mondo, a volte è complicato".
"Tornando indietro, farei step più lenti e mi godrei ogni anno. Filippo Galli me lo diceva e aveva ragione. Io non avevo nessuno che mi guidasse e i social in quegli anni sono esplosi. Mancava una persona che gestisse la mia immagine e il mio marketing. I video di trick, palleggi o giochini con il pallone? Era il mio modo di fare uscire la mia arte, io da piccolo palleggiavo con ogni cosa e mi veniva naturale. Ai tempi quei video risultavano nuovi e avevo tante richieste di sponsor. Io non ho mai pensato ai soldi, cercavo di divertirmi. Col senno di poi, chi era alle mie spalle può aver guadagnato, ma io non ho avuto alcun beneficio particolare".
"Ho ritrovato la mia vocazione e questa è la cosa più importante. Volevo uscire dai radar e ritrovare me stesso, ci sono riuscito. Ci voglio riprovare. Fuori dal calcio sono attratto dall'attività imprenditoriale, vorrei finire le superiori e magari iscrivermi all'università. Ho fatto ragioneria ma ho dovuto interrompere perché a 17 anni ero già all'estero, al Malaga. Mi intriga la psicologia. La testa però ora è solo al calcio, è la mia vita".
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Commenti
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il piu' grande bluff del calcio,