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Nani: 'Premier? Comprano con una mail. Pirlo, Baggio, Mabkhout: vi dico tutto'
Da Ds del Brescia agli esordi della sua carriera fino ad oggi, all'Al Jazira. Com'è cambiato il ruolo del direttore sportivo nel corso degli anni?
"Quando ho iniziato il ruolo del ds era quello di un accentratore. Un buon ds doveva avere buon occhio sul calciomercato, gestiva le trattative. Non era il massimo perché accentrare non è sempre sinonimo di successo. Oggi un buon direttore sportivo fa un lavoro di squadra. Fa parte di un gruppo, partecipa, segnala, ma ci sono parecchie voci prima della decisione finale C'è il CEO per la parte economica, gli scout,... Io personalmente vedo la missione del ds come qualcuno che possa lasciare un segno, dare un imput, un modo di lavorare, creare una struttura che possa funzionare a prescindere dai singoli. L’obiettivo finale e il vero talento di un buon ds deve però essere sempre quello di anticipare la concorrenza".
E' passato dal West Ham prima e dal Watford poi, com'è fare mercato in Premier League?
"Io sono stato uno dei primi ds in Inghilterra. Il ruolo del direttore sportivo non esisteva lì, c'erano i manager con pieni poteri. Di fatto il ds toglie potere al manager. Fare mercato in Premier League è molto più semplice che altrove. In Inghilterra si hanno molti più fondi a disposizione, quindi è più semplice anche andare a trovare il giocatore giusto e rischiare l'investimento. C'è meno paura".
Oltre alla disponibilità economica che differenze ci sono con l'Italia? "Per gli italiani le trattative sono molto frutto della comunicazione. I ds in Italia hanno cene, colloqui, rapporti diretti faccia a faccia. Credo sia questione di cultura, noi italiano siamo così, cerchiamo il contatto. In Inghilterra invece si progetta tutto a tavoino, si cerca di essere pragmatici ed organizzati il più possibile. In Prermier si visiona un calciatore, se rispecchia i parametri allora si intavola una trattativa diretta con la società via mail. Sono molto organizzati e quindi è difficile che si possano trovare in difficoltà economica. Sanno cosa possono spendere e non fanno mai il passo più lungo della gamba".
Ora ha scelto di accettare il progetto dell'Al Jazira negli Emirati Arabi. E' un calcio davvero così lontano da quello europeo?
"No al contrario. Qui c'è grande personalità, grande voglia di crescere e fare bene. E anche per me sarà un'esperienza che mi permetterà di imparare e crescere ancora. L'Al Jazira poi fa parte del gruppo City Football che fa capo allo sceicco del Manchester City Mansour. Qui il calcio cresce in fretta, Credo che i primi club degli Emirati siano già ad un livello molto alto. Tecnicamente sono molto avanti, manca ancora tanto dal punto di vista tattico. Noi però siamo all’avanguardia, il gap si può colmare più facilmente. Forse qui si paga ancora un po' la cultura del “grande nome per lanciare lo sport”, ma non sarà così per l'Al Jazira. Se arriverà un giocatore europeo sarà perchè utile al progetto".
A proposito di campioni, lei ne ha trattati tanti nel corso della sua carriera, quali sono stati i colpi più importanti della sua carriera?
"Ovviamente come "glamour" e richiamo mediatico che hanno avuto sicuramente l'aver portato Roberto Baggio e Pep Guardiola al Brescia. Due giocatori così importanti nella storia del calcio, insieme, in una realtà comunque abbastanza piccola come Brescia è stato storico. Avevamo un squadra piena di grandi giocatori come Appiah, Matuzalem, Di Biagio Tacchinardi, Toni, Caracciolo, Tare... Ma il mio vanto è avere lanciato tanti giocatori giovani che poi sono arrivati nel grande calcio da un campioncino come Andrea Pirlo ad Hamsik, ma anche Mannini, Santacroce...".
A proposito di giovani, c'è un talento in giro per il mondo che consiglierebbe ai top club di Serie A, oppure un giocatore cresciuto negli Emirati Arabi ancora non scoperto?
"Sai nel mio lavoro il vantaggio che puoi avere sulla concorrenza è proprio quella di arrivare sui giocatori più giovani in anticipo. Nella mia carriera ho avuto la “fortuna” di essere un dirigente in grandi club ma che non avevano grandi budget. Dovevo arrivare prima degli altri, perciò un grande talento in mente ce l'ho, ma non te lo dico perchè sto provando a portarlo qui. Posso però suggerire Ali Mabkhout, attaccante 25 anni che abbiamo qui nell'Al Jazira. E' fortissimo, tecnicamente è già ad altissimi livelli, per questo è incedibile. C'è solo un club che potrebbe permetterselo ed è il Manchester City perchè avrebbe una corsia preferenziale dato che Mansour dovrebbe parlare solo con sè stesso (ride ndr.)".
La Serie A considera il calcio arabo? Ha osservatori in Medio Oriente?
"No, i club di Serie A non hanno osservatori qui, non credono sia un investimento utile. Purtroppo per loro c'è questa cattiva credenza che i giocatori locali non siano bravi. Come detto possono migliorare ancora molto tatticamente, la tattica la si insegna facilmente, la tecnica va imparata da piccoli. Qui c'è questa cultura, in Italia invece la tattica la insegnano già nei pulcini e non va bene. Di fatto meglio così, perchè i talenti rimangono negli Emirati. Qui guadagnano bene, quindi anche per loro non c'è questa voglia di cimentarsi con il calcio europeo".
Twitter - @TramacEma