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Empolimania: si vive anche senza bel gioco, il corto muso non è più un caso
Ormai è assodato, l’Empoli non gioca bene. Non ha nulla a che vedere con la squadra spumeggiante e sbarazzina di Andreazzoli dell’anno scorso. Ma se i risultati arrivano questo aspetto passa inevitabilmente in secondo piano, perché l'obiettivo della società, anche dichiarato dal presidente, era quello di mettere in campo una squadra che avesse sì la sua filosofia ben marcata, ma che non si trovasse a incassare 70 gol come accaduto nella precedente gestione. Certo, quest’anno con tutta probabilità non arriveranno le imprese viste la passata stagione con Juventus, Fiorentina, Atalanta o Napoli, ma neanche le imbarcate (fino a oggi è successo in una sola occasione, la trasferta di Torino con la Juventus) che tanto hanno indispettito società e tifosi. L’analisi da fare è anche un’altra: questo nuovo Empoli non è frutto del caso, delle necessità o dell’andamento delle partite. Zanetti infatti sta valorizzando al massimo il materiale umano a disposizione: è consapevole di non avere grande talento in mezzo alla difesa e soprattutto a centrocampo, per cui chiede alla squadra di stare bassa, di non lasciare spazi agli avversari e di non farsi infilare in contropiede. Gli attaccanti ancora non segnano con grande regolarità, ma le caratteristiche dei tanti uomini che ha disposizione (Caputo, Baldanzi, Satriano, Bajrami, Cambiaghi, Pjaca e all’appello adesso manca Destro) consentono a Zanetti di provare e trovare tante alternative, dall’inizio o a gara in corsa. Poi magari il gol arriva da un centrocampista in contropiede o da un difensore su palla inattiva, ma il tanto movimento creato dagli uomini offensiva porta alla creazione di situazioni favorevoli. Dopo 18 giornate e 22 punti non può trattarsi di fortuna o di episodi, ma di un modo di fare calcio, inedito per Empoli e per l’Empoli, che però sta portando risultati pesanti e forse inaspettati.