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Empolimania: Sarri l'antidivo e i 'rumors' milanisti
Vera infatuazione o bufala giornalistica amplificata dai mass media per vendere un maggior numero di copie? L'interessamento del Milan nei confronti del tecnico empolese Maurizio Sarri è diventato un vero e proprio tormentone in questi ultimi giorni. Una notizia ampiamente discussa nei salotti televisivi, battuta sui titoli dei quotidiani, diffusa sui siti web specializzati. Silvio Berlusconi sarebbe rimasto stregato dal gioco sciorinato dall'Empoli lo scorso 15 febbraio quando gli azzurri dominarono alla "Scala" del calcio uscendo da San Siro con un pareggio strettissimo per quanto i toscani furono capaci di esprimere. In quell'occasione sarebbe germogliato il seme dell'idea di affidare la guida del Milan a Maurizio Sarri, tecnico antidivo dell'Empoli, debuttante in A dopo decenni trascorsi nelle serie minori e un passato da dirigente di banca.
Una sorta di invaghimento simile a quello che, quasi trenta anni fa, colpì l'allora neopresidente rossonero quando un certo Arrigo Sacchi, emergente allenatore di serie B alla guida del Parma, scelse San Siro come passerella ideale per esibire un'idea rivoluzionaria di gioco che lo avrebbe catapultato, nel giro di pochi mesi, sulla panchina rossonera incarnando perfettamente gli albori della "nouvelle vague" berlusconiana e vincendo trofei che avrebbero esaltato l'epopea del Cavaliere negli anni '80.
A dire il vero, i parallelismi di Sarri con Sacchi terminano qui a parte una costante, quasi maniacale attenzione ai movimenti della linea fase difensiva composta da quattro uomini. In queste ore la maggior parte dei mass media ha evidenziato, con toni che hanno a tratti rasentato il macchiettistico e il pittoresco, che Maurizio Sarri non rappresenta esattamente il "tipo"da Milan. Con il suo sano realismo provinciale, il suo carattere schivo e poco incline alle luce dei riflettori, il suo look essenziale e poco "à la page", il tecnico nato a Napoli ma toscano d'adozione non avrebbe i connotati giusti per il trasloco, a fine stagione, nella capitale della moda. L'impressione è che sia stata propria questa specie di contrasto di natura un pò estetica un pò caratteriale a solleticare la profonda curiosità degli organi di stampa ed a generare la sovraesposizione mediatica di un tecnico che non ama, come molti suoi colleghi, apparire e pontificare davanti alle telecamere ma che preferisce il lavoro svolto direttamente sul campo.
Da uomo pragmatico qual'è, Sarri ha cercato, con un pizzico di scaramanzia e una robusta dose di sano realismo, di allontanare in qualche modo le voci che lo stanno elevando sul piedistallo dell'attenzione generale. In cuor suo il tecnico cresciuto a Figline Valdarno, che ha conquistato la serie A dopo anni di dura gavetta e che sta conducendo l'Empoli verso una splendida e sorprendente salvezza, conosce perfettamente le dinamiche di un mondo che, autoalimentandosi attraverso scoop, gossip e notizie incontrollate da dare in pasto alla voracità dei mezzi di comunicazione, spesso brucia anzitempo i suoi protagonisti. Maurizio Sarri ha scoperto la serie A con notevole ritardo sui tempi in rapporto alle indubbie capacità che ha dimostrato di possedere ma, c'è da starne certi, ne ha assimilato virtù, privilegi, vizi e difetti con grande rapidità. Ha inseguito con grande forza e ambizione il sogno di affermarsi nel mondo del calcio e di "trasformare una passione personale in una fonte di reddito", per citare le sue parole, ma averlo finalmente realizzato non significa perdere di vista la realtà e rischiare che certe voci di mercato, la cui veridicità è tutta da valutare, possano corrodere prima del tempo il giocattolo che, a Empoli, ha saputo sapientemente costruire.
Una sorta di invaghimento simile a quello che, quasi trenta anni fa, colpì l'allora neopresidente rossonero quando un certo Arrigo Sacchi, emergente allenatore di serie B alla guida del Parma, scelse San Siro come passerella ideale per esibire un'idea rivoluzionaria di gioco che lo avrebbe catapultato, nel giro di pochi mesi, sulla panchina rossonera incarnando perfettamente gli albori della "nouvelle vague" berlusconiana e vincendo trofei che avrebbero esaltato l'epopea del Cavaliere negli anni '80.
A dire il vero, i parallelismi di Sarri con Sacchi terminano qui a parte una costante, quasi maniacale attenzione ai movimenti della linea fase difensiva composta da quattro uomini. In queste ore la maggior parte dei mass media ha evidenziato, con toni che hanno a tratti rasentato il macchiettistico e il pittoresco, che Maurizio Sarri non rappresenta esattamente il "tipo"da Milan. Con il suo sano realismo provinciale, il suo carattere schivo e poco incline alle luce dei riflettori, il suo look essenziale e poco "à la page", il tecnico nato a Napoli ma toscano d'adozione non avrebbe i connotati giusti per il trasloco, a fine stagione, nella capitale della moda. L'impressione è che sia stata propria questa specie di contrasto di natura un pò estetica un pò caratteriale a solleticare la profonda curiosità degli organi di stampa ed a generare la sovraesposizione mediatica di un tecnico che non ama, come molti suoi colleghi, apparire e pontificare davanti alle telecamere ma che preferisce il lavoro svolto direttamente sul campo.
Da uomo pragmatico qual'è, Sarri ha cercato, con un pizzico di scaramanzia e una robusta dose di sano realismo, di allontanare in qualche modo le voci che lo stanno elevando sul piedistallo dell'attenzione generale. In cuor suo il tecnico cresciuto a Figline Valdarno, che ha conquistato la serie A dopo anni di dura gavetta e che sta conducendo l'Empoli verso una splendida e sorprendente salvezza, conosce perfettamente le dinamiche di un mondo che, autoalimentandosi attraverso scoop, gossip e notizie incontrollate da dare in pasto alla voracità dei mezzi di comunicazione, spesso brucia anzitempo i suoi protagonisti. Maurizio Sarri ha scoperto la serie A con notevole ritardo sui tempi in rapporto alle indubbie capacità che ha dimostrato di possedere ma, c'è da starne certi, ne ha assimilato virtù, privilegi, vizi e difetti con grande rapidità. Ha inseguito con grande forza e ambizione il sogno di affermarsi nel mondo del calcio e di "trasformare una passione personale in una fonte di reddito", per citare le sue parole, ma averlo finalmente realizzato non significa perdere di vista la realtà e rischiare che certe voci di mercato, la cui veridicità è tutta da valutare, possano corrodere prima del tempo il giocattolo che, a Empoli, ha saputo sapientemente costruire.