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Empoli, Sarri: 50% di chance che resti
Già, il tecnico azzurro può mettersi l’anima in pace. Lui vorrebbe concentrarsi solo ed esclusivamente sul campo, anzi lo fa, ma ora il suo futuro non è più uno dei temi da affrontare ma il tema. Quello decisamente più importante. Perché oggi più che mai Sarri e l’Empoli sembrano i protagonisti di una delle canzoni più famose dei Tiromancino: “Due destini”. Quelli che si uniscono - tanto per restare fedeli al testo - in un istante solo e che segnano un percorso profondissimo dentro di loro. È così da tre anni, ormai, e ora il popolo azzurro e non solo aspetta di sapere che sarà ancora così. Come accennato lui, l’allenatore, è davvero concentrato sul lavoro. Non prenderà in considerazione le ipotesi sul suo futuro - salvo pensarci da solo, ovviamente - prima della fine del campionato. Non è una frase di comodo, quella che Sarri ripete sistematicamente ad ogni domanda, perché già al termine della sua prima stagione in azzurro, quella culminata col ko di Livorno, fece lo stesso. Aspetto la fine per incontrare Carli. Poi, in 5 minuti 5, capì che le idee erano lo stesse e decise di restare. Stavolta, è chiaro, il panorama è diverso. Sarri, e non poteva essere diversamente, ha conquistato i riflettori di quella ribalta che, probabilmente, meritava da anni. Di lui si è calcisticamente invaghito Berlusconi, di lui si sono accorti tutti i critici del pallone.Che abbia tanti estimatori, insomma, è una certezza. Tanto per fare il riassunto delle puntate precedenti, infatti, si può dire che Sarri piace a Milan, Bologna, Genoa, Sampdoria, Napoli e Fiorentina. E chi più ne ha più ne metta, perché anche Udinese, Sassuolo e Torino, se dovessero cambiare, lo prenderebbero in esame. Le opportunità, insomma, non gli mancheranno. E, quindi, molto dipenderà da lui. Il presidente Corsi e il ds Carli hanno già chiarito, mille volte e in mille modi, che per l’Empoli non ci sono dubbi: Sarri è il presente e il futuro. Ha due anni di contratto, ma resterà solo se sarà convinto di restare. E i motivi per fare una scelta diversa, obiettivamente, non gli mancano. Andare altrove significa guadagnare più soldi, significa affrontare una nuova sfida e, con ogni probabilità, lottare anche per traguardi diversi (e un po’ più ambiziosi) di quello che, per forza di cose, era e resterà sempre quello dell’Empoli: la salvezza. Tolto il primo punto, perché chi conosce Sarri sa che non è un uomo legato ai soldi («faccio il lavoro che è la mia passione e che farei anche gratis la sera dopo cena», disse mesi fa a chi gli faceva notare la differenza di stipendio col giallorosso Garcia), restano gli altri. Ovvero il fascino di misurarsi con qualcosa di diverso o la consapevolezza di aver chiuso un ciclo ottenendo il massimo risultato possibile e immaginabile. Ma Sarri è un po’ diverso rispetto ad altri allenatori passati da Empoli. Per lui il lavoro è davvero la cosa più importante. E questo significa anche poter lavorare. E,su questo piano, l’Empoli non ha rivali. Perché la società lo supporta e sopporta in tutti (e anche se è vero che non gli ha offerto un ritocco dell’ingaggio, per ora, questo è solo l’ultimo dei problemi...), perché con il ds Carli e il presidente Corsi c’è un rapporto di complicità particolare. «Siano innamorati di lui», ha detto recentemente il presidente. E la frase rende l’idea. In più c’è il rapporto con la piazza, con la città. Una simbioso ormai totale. Ad oggi, insomma, le possibilità che vada p che resti sembrano al 50%, tesi sposata anche da uomini del suo entourage, e non è poco. Perché in altre occasioni, con altri tecnici, l’addio a salvezza raggiunta era già scontato...