Emergency è la 'nuova Inter' di Moratti
Quarant’anni di seria militanza politica ventidue dei quali trascorsi in prima linea sulle barricate di ogni angolo del mondo dove migliaia di innocenti morivano ammazzati dalle bombe, dai mitra, dalle mine anticarro e soprattutto dall’umana follia hanno lasciato il segno. Gino Strada, medico e chirurgo al servizio degli ultimi e dei perseguitati di ogni razza e colore fisicamente è cambiato. Magro lo è sempre stato, ma ora è proprio smunto. La sua chioma di capelli eternamente arruffati si è ridotta ad un cespuglio bianco che scende perlopiù sul collo. Nel suo discorrere, mai a voce più alta del dovuto per educazione, un timbro sottile che rivela l’intero peso del crocefisso laico che, dal 1974 anno della fondazione ufficiale di “Emergency”, lui si porta sulle spalle. Insieme con sua moglie Teresa Sarti, naturalmente, la quale dalla sua ha la consolazione di essere cattolica convinta a differenza del marito inconvertibile laico. Dentro, però Gino Strada è sempre identico al suo originale. Forse, ancora più tosto.
Nei momenti storicamente peggiori della nostra vita qualche direttore di Rete televisiva si ricorda, per fortuna, della sua esistenza e torna ad invitarlo davanti alle telecamere provvedendo a nobilitare e a rendere più credibili quei “talk show” socio-politici dove il più delle volte si fanno tante chiacchiere a vanvera senza poi arrivare mai a nulla di accettabile o di concreto. La filosofia esistenziale, teorica e pratica, di Gino Strada è ornai nota anche ai sassi. Lo ha ripetuto ieri a “Ballarò” quando ha detto “Io non sono un pacifista, sono contro la guerra. Ogni tipo di guerra”. E’ il titolo del suo manifesto che gli è valso un “Nobel” parallelo a quello ufficiale per i suoi decisi e ripetuti interventi all’Onu davanti ai membri dei governi del pianeta terra il cui settanta per cento, almeno, rappresenta un Paese in conflitto con qualcun altro. Ora nell’agenda dei lavori urgenti da sbrigare del medico di Sesto San Giovanni sé è aggiunta una nuova missione: “Una campagna internazionale per arrivare alla formulazione ufficiale di un nuovo articolo nel libro ei diritti e dei doveri dell’uomo. L’impegno, ufficialmente votato e sottoscritto, per l’abolizione della guerra in ogni angolo del pianeta. In caso contrario non ci sarà futuro per i nostri figli e nipoti. Perché, come affermano degli scienziati americani i quali hanno inventato l’Orologio dell’Apocalisse, ci troviamo oramai a tre minuti dalla fine del mondo per cause atomiche e ambientali”. Battaglia ardua e complicata quella promossa da Gino Strada. Forse un sogno. Ma sono i sogni che ci permettono di sopravvivere. Al medico “di tutti” piace sognare. Così come amava frequentare San Siro in compagnia del suo fraterno amico Massimo Moratti. Tanto ateo quanto interista Gino Strada ha sempre vissuto la sua fede calcistica come un’autentica ideologia affiancabile a quella messa in opera per l’aiuto del prossimo. Sotto questo aspetto tra lui e il presidente il legame non si è mai sfilacciato di un solo millimetro. Anzi, negli anni, è diventato sempre più solido anche in virtù della presenza al fianco del “sciur Massimo” della sua compagna Milly che mai si è tirata indietro quando si trattava di scendere in campo per battersi contro le ingiustizie e per sostenere i più deboli. Una predisposizione istintiva verso “gli altri” che, probabilmente, è scolpita nel Dna nerazzurro e che contagia positivamente tutti coloro i quale vengono a contatto con il pianeta Inter. Già Angelo Moratti, il babbo di Massimo, era impegnato in maniera molto discreta ma altrettanto costruttiva a “far del bene”. Idem per Ernesto Pellegrini il quale, ancora oggi, inaugura in diverse parti del Paese e a titolo gratuito “case del cibo e della solidarietà” per il sostegno dei più deboli. Lo stesso “capitan” Zanetti, con la sua associazione internazionale “no profit” permette a migliaia di “ninos de rua” o di bimbi abbandonati sudamericani di trovare una famiglia. Chissà se anche i cinesi hanno un cuore.
Intanto, da adesso in avanti, Massimo Moratti non dovrà più sostenere quel peso economico e finanziario che per mantenere l’Inter era diventato insostenibile per lui e per l’intera sua famiglia imprenditoriale. Migliaia di milioni finiti nella bocca dell’idrovora nerazzurra, masticati, ingoiati e digeriti con in cambio perlopiù insulti e sberleffi francamente immeritati. Ora per il “presidente dal cuore in mano” (come la sua Vecchia Milano di ringhiera) l’Inter sarà una passione e basta. Persino a titolo gratuito e la nuova proprietà non deciderà di fare come la “Triade” di quella Juventus eticamente da dimenticare che, una volta insediatasi al potere, al “presidente onorario” Giampiero Boniperti tolse la tessera che gli consentiva di entrare allo stadio senza pagare. Sicchè Moratti, immensamente più ricco di quanto lo sia mai stato dopo aver acquisito l’Inter, potrà impegnarsi attivamente e concretamente in quella che è stata la sua seconda missione della sua vita e che, da oggi, potrà essere la prima. Intensificare le sue visite a San Patrignano, frequentare ancora più spesso le salette appartate di alcuni ristoranti di Milano o di Pietrasanta con al seguito piccoli eserciti di bisognosi affamati, appoggiare e finanziare in prima persona le campagne promosse da coloro che pensano sia ancora possibile lavorare per un mondo migliore, aiutare più di quanto già faccia Emergency e, se lo desidera, dare finalmente sfogo all’estensione e alla crescita di quei “campus” necessari alla crescita fisica e morale di tanti ragazzini. Gli costerà certamente molto a molto meno dell’Inter. Così facendo rischia di guadagnarsi un posto in Paradiso dove, dicono, anche gli angeli giocano a pallone.