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Elezioni Usa, l'ultimo confronto: nel duello con Trump, Biden si mangia un gol a porta vuota
L’America è pronta al voto. Un voto in un’epoca storica drammatica, paradossale e speriamo irripetibile. Stanotte è andato in scena l’ultimo scontro tv tra il presidente uscente Donald Trump e lo sfidante democratico Joe Biden (foto Ansa). Uno scontro decisamente diverso dagli altri, probabilmente il peso specifico di questo è stato captato anche dai due candidati che, passati i primi 10 minuti accademici di insulti, hanno iniziato il primo vero confronto politico.
La peculiarità di questo dibattito è stata sicuramente la decisione di tenere spento il microfono di chi non interpellato, mentre l’altro parlava ed esternava concetti. Mossa ovviamente funzionale che ha dato ampio respiro al dibattito, rendendolo innanzitutto meno circense rispetto agli altri due e dandoci finalmente un quadro più delineato dei due (più che altro di Biden) candidati. Di sicuro la vincitrice della serata è stata la moderatrice Kristen Welker: ha contenuto Donald Trump e gestito Biden, in maniera eccellente, senza far perdere mai il ritmo al confronto. Inoltre ha gestito con sicurezza gli interventi, e non era affatto facile, dando sempre la possibilità agli sfidanti di ribattere o rilanciare, ma impedendo di sforare. Insomma, vincitrice indiscussa, aspettando l’altro verdetto.
Non si è degenerato, come detto, nel caos come al solito ma è stato, ovviamente, scontro aperto su tutto. Dall’emergenza Covid-19 fino alla sanità, passando per le ancora aspre questioni razziali, tasse e immigrazione. Alla fine, nessuno dei due è sembrato prevalere sull’altro. E questa è una buona notizia soprattutto per Biden che, saggiamente, puntava più a non prenderle che a darle. Ma anche Trump, che rimane comunque il favorito seppur non così annunciato, aveva il bisogno di riscattare non tanto il primo confronto in presenza, comunque andato male (non ci fosse stato Biden, ma Obama o Clinton come avversari staremmo qui a parlare di un'altra situazione probabilmente), quando il secondo confronto a distanza quando, in preda a svariate gaffe, veniva ripreso dalla giornalista in termini del genere “si ricordi che è il Presidente degli Usa, non lo zio pazzo d’America”. La mediocrità non è solo di casa italiana, quantomeno.
Il concetto populista di “non essere un politico” è stato, come nel 2016, riproposto veementemente da Trump ai danni di Biden, che invece è da quasi cinquant’anni a questa parte integrante del sistema. Sia Trump che Biden hanno centrato il loro obiettivo: Il Tycoon doveva tranquillizzare la sua parte di elettori conservatori circa le sue intemperanze, Biden doveva difendersi con ciò che sa fare meglio, ossia politica tradizionale, diciamo inclusiva e comunque basata sui principi fondamentali della democrazia. Lo scontro si è accesso, neanche a dirlo, quando si è parlato di Covid-19. “Il virus se ne sta andando” affermava Trump alludendo ad un vaccino imminente senza specificare quando, oppure ancora “ti sei chiuso in cantina per paura di un virus cinese”, alludendo anche qui sia alla paura dei democratici che chiameremmo per dover di cronaca prudenza e sia alla provenienza del virus, etichettato come “comunista”. Per tutta risposta, Biden ha calato l’asso nella manica, ossia il tanto caro tracciamento dei contagi e l’aumento dei tamponi, rincarando la dose con alcune frasi fulminee tipo “chiunque sia responsabile di così tante vittime non può rimanere presidente” e ancora “sarà un lungo inverno e questo presidente non ha un piano”. Tutto questo accompagnato dallo sventolio della mascherina verso la platea, con annessa implorazione di indossarla. Show must go on insomma.
Colpo su colpo, eppure un gol mangiato da parte di Biden c’è stato: sulla sanità Trump ha spesso detto di voler eliminare il rinominato “Obamacare” senza proporre né un piano alternativo né tantomeno (e forse soprattutto) un piano per le persone in condizioni mediche pre-esistenti. Biden avrebbe dovuto e potuto evidenziare queste incongruenze palesi, invece si è lasciato non solo imbrigliare ma anche sovrastare da Trump che, oltre quanto già detto, rincarava con “i democratici vogliono una sanità socialista”. Please, wait...
La peculiarità di questo dibattito è stata sicuramente la decisione di tenere spento il microfono di chi non interpellato, mentre l’altro parlava ed esternava concetti. Mossa ovviamente funzionale che ha dato ampio respiro al dibattito, rendendolo innanzitutto meno circense rispetto agli altri due e dandoci finalmente un quadro più delineato dei due (più che altro di Biden) candidati. Di sicuro la vincitrice della serata è stata la moderatrice Kristen Welker: ha contenuto Donald Trump e gestito Biden, in maniera eccellente, senza far perdere mai il ritmo al confronto. Inoltre ha gestito con sicurezza gli interventi, e non era affatto facile, dando sempre la possibilità agli sfidanti di ribattere o rilanciare, ma impedendo di sforare. Insomma, vincitrice indiscussa, aspettando l’altro verdetto.
Non si è degenerato, come detto, nel caos come al solito ma è stato, ovviamente, scontro aperto su tutto. Dall’emergenza Covid-19 fino alla sanità, passando per le ancora aspre questioni razziali, tasse e immigrazione. Alla fine, nessuno dei due è sembrato prevalere sull’altro. E questa è una buona notizia soprattutto per Biden che, saggiamente, puntava più a non prenderle che a darle. Ma anche Trump, che rimane comunque il favorito seppur non così annunciato, aveva il bisogno di riscattare non tanto il primo confronto in presenza, comunque andato male (non ci fosse stato Biden, ma Obama o Clinton come avversari staremmo qui a parlare di un'altra situazione probabilmente), quando il secondo confronto a distanza quando, in preda a svariate gaffe, veniva ripreso dalla giornalista in termini del genere “si ricordi che è il Presidente degli Usa, non lo zio pazzo d’America”. La mediocrità non è solo di casa italiana, quantomeno.
Il concetto populista di “non essere un politico” è stato, come nel 2016, riproposto veementemente da Trump ai danni di Biden, che invece è da quasi cinquant’anni a questa parte integrante del sistema. Sia Trump che Biden hanno centrato il loro obiettivo: Il Tycoon doveva tranquillizzare la sua parte di elettori conservatori circa le sue intemperanze, Biden doveva difendersi con ciò che sa fare meglio, ossia politica tradizionale, diciamo inclusiva e comunque basata sui principi fondamentali della democrazia. Lo scontro si è accesso, neanche a dirlo, quando si è parlato di Covid-19. “Il virus se ne sta andando” affermava Trump alludendo ad un vaccino imminente senza specificare quando, oppure ancora “ti sei chiuso in cantina per paura di un virus cinese”, alludendo anche qui sia alla paura dei democratici che chiameremmo per dover di cronaca prudenza e sia alla provenienza del virus, etichettato come “comunista”. Per tutta risposta, Biden ha calato l’asso nella manica, ossia il tanto caro tracciamento dei contagi e l’aumento dei tamponi, rincarando la dose con alcune frasi fulminee tipo “chiunque sia responsabile di così tante vittime non può rimanere presidente” e ancora “sarà un lungo inverno e questo presidente non ha un piano”. Tutto questo accompagnato dallo sventolio della mascherina verso la platea, con annessa implorazione di indossarla. Show must go on insomma.
Colpo su colpo, eppure un gol mangiato da parte di Biden c’è stato: sulla sanità Trump ha spesso detto di voler eliminare il rinominato “Obamacare” senza proporre né un piano alternativo né tantomeno (e forse soprattutto) un piano per le persone in condizioni mediche pre-esistenti. Biden avrebbe dovuto e potuto evidenziare queste incongruenze palesi, invece si è lasciato non solo imbrigliare ma anche sovrastare da Trump che, oltre quanto già detto, rincarava con “i democratici vogliono una sanità socialista”. Please, wait...