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Sorci, cinghiali e crepe: così Roma insegue le Olimpiadi del 2024
Pare che, fra gli assi nella manica del Presidente del Coni per ottenere le Olimpiadi del 2024, vi sia stata anche la proiezione reiterata de “La grande bellezza”, il film di Sorrentino vincitore di un Oscar. Tanto che “Grande Bellezza” diventò uno slogan efficace per esprimere l’essenza della nostra capitale.
Ora, ahimè, si dovrebbe trasformare nella “Grande Monnezza”. Non c’è bisogno di ripetere in dettaglio ciò che vediamo e leggiamo ogni giorno: dalla maxipantegana simbolo dell’ estate romana, ai gabbiani che impazzano su montagne di rifiuti; dai centurioni tornati a importunare i giapponesi attorno al Colosseo (il cui restauro sponsorizzato da Della Valle è nel mirino della Corte dei Conti) agli autobus dell’ Atac (l’ azienda municipalizzata dei trasporti) che si guastano in serie. La sindaca grillina Virginia Raggi evoca addirittura un imminente pericolo per la salute pubblica e, naturalmente, scarica la colpa su chi l’ha preceduta. D’accordo, in poco tempo non si può far molto, ma un agosto così a Roma non s’era mai visto. Dai tempi del “Satyricon” di Petronio e del Papa Borgia, quando i romani riconoscevano i quartieri a occhi chiusi dal fetore che promanavano. Forse, all’epoca, i cinghiali venivano fermati nelle selve circostanti le mura, se non altro per nutrirsi. Oggi attraversano il Raccordo Anulare verso il centro, avvicinandosi agli avamposti dei maiali che partono da Boccea in direzione San Pietro. In certi anfratti, tra i vicoli dietro Campo de’Fiori o Piazza della Cancelleria, si sommano materassi e cessi rotti, reti sfondate e tubi catodici di vecchi televisori. E tutto questo mentre si discute di “trituratori sì, trituratori no”, di “termovalorizzatori no e multidifferenziata sì”, di “turisti che contribuiscono a insozzare la Capitale”.
Impantanata sulla monnezza, la giunta capitolina non può prendere in considerazione i crepacci che si aprono sugli asfalti romani tutt’altro che eterni e che fanno volare almeno una decina di motorini al giorno, né occuparsi dei rovi imponenti, dell’erba alta delle aiuole o dei rami degli alberi pronti a staccarsi ad ogni folata di scirocco. E pensare che Roma vantava la miglior cura dei parchi grazie alla migliore squadra di giardinieri d’Europa.
Gli ultimi grandi interventi di manutenzione della città furono dovuti a Rutelli che impiegò adeguatamente i finanziamenti per il grande giubileo, poi, gli oltre 600 milioni di Euro all’anno erogati dallo Stato centrale con un ‘”una tantum, ripetuta ad libitum” sono serviti a galleggiare, senza cominciare a ripianare parte di un debito comunale gigantesco, la cui estinzione è prevista dai più ottimisti nel 2040. Un debito da ricontrattare subito secondo la sindaca Raggi, ma la monnezza crescente non lascia respiro e non c’è tempo per altro, tant’è che la grillina Appendino, a Torino, ha firmato oltre 30 delibere, mentre a Roma se va bene, se ne contano 4.
Nettamente contrari, in fase di campagna elettorale, al nuovo stadio della Roma, i grillini, di fronte a una mezza insurrezione popolare, hanno fatto una teorica marcia indietro, ma certo l’emergenza lascia indietro prospettive di investimenti calcistici. Non ce l’hanno fatta i Della Valle fra i gigli di Firenze, ce la può fare Pallotta tra i sorci di Roma?
In questo contesto, a Rio c’è ancora chi arditamente fa proseliti per le Olimpiadi nella città eterna e ripropone fotogrammi dell’Isola Tiberina all’ alba o di Piazza Navona di notte, emblemi di un’intramontabile Grande Bellezza, facendo finta di non sapere che tutt’attorno sta crescendo quella marea maleodorante dalla rima inquietante