E' morto Giulio Andreotti: aveva 94 anni, era un grande tifoso della Roma
"COSA vorrei sulla mia epigrafe? Data di nascita, data di morte. Punto. Le parole sono epigrafi tutte uguali. A leggerle uno si chiede: ma se sono tutti buoni, dov'è il cimitero dei cattivi?". Giulio Andreotti rispondeva così, non molto tempo fa, a chi gli chiedeva come avrebbe voluto essere ricordato. Ironia, basso profilo, cinismo, machiavellismo. Ma anche senso dello Stato.
L'uomo dei segreti e dei misteri della Prima Repubblica. "Belzebù", l'ormai famigerato bacio di Totò Riina, il sequestro Moro, tanto per citarne solo alcuni. Parlare di Giulio Andreotti, insomma, è parlare dell'Italia. Di uno che è passato attraverso due guerre mondiali, sette papi, monarchia, fascismo, prima e seconda Repubblica e sei processi per mafia. E' tracciare il profilo di chi ha attraversato, segnandola, la storia (e i misteri) del nostro Paese. E lo ha fatto con quell'apparente aria di distacco e disincanto che nascondeva una cinica determinazione, resa più "leggera" da quel "motteggiare" che Andreotti aveva elevato ad arte. "Il potere logora chi non ce l'ha". "A pensare male si fa peccato ma spesso si indovina". "Meglio tirare a campare che tirare le cuoia". Sapendo che, per lui, "tirare a campare" era tutt'altro che lasciarsi trasportare dagli eventi. Semmai guidarli discretamente. Meglio se da dietro le quinte.
Non è facile raccontare uno dei protagonisti dell'Assemblea costituente, sette volte presidente del Consiglio, otto volte ministro della Difesa, cinque volte ministro degli esteri, e delle Finanze e del bilancio, del Tesoro e degli interni. C'è la firma di Andreotti sul trattato di Maastricht, sulla legalizzazione dell'aborto, sulla nazionalizzazione del Totocalcio. La sua mano sulla decisione di adottare l'inno di Mameli come inno d'Italia.
Si cominci col dire allora che Giulio Andreotti nasce a Roma il 14 gennaio 1919. Lo stesso anno del fascismo e del Ppi di Don Sturzo. "Di tutti e tre sono rimasto solo io" ironizzava non molto tempo fa. Comincia a occuparsi di politica da subito. Conosce De Gasperi e ne diventa segretario. Una frase di Indro Montanelli che fotografa il loro rapporto: "Quando andavano in chiesa insieme, De Gasperi parlava con Dio, Andreotti col prete". A 28 anni è già sottosegretario alla presidenza del Consiglio. L'inizio di una serie di cariche che ricoprirà in tutti i governi della Prima Repubblica... (Repubblica.it).