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Dzeko: 'Pazzo di Sheva, potevo finire alla Juve. Roma? Sembra la Bosnia...'
Sulle critiche del calcio italiano: "In Inghilterra c'era meno pressione. Roma è simile alla Bosnia: non ti criticano, ti insultano. Quindi sono abituato. Fai bene tre volte, ma se alla quarta sbagli, ecco che ricominciano gli insulti. E' come se si aspettasse l'occasione giusta per colpirti. Cattiveria esagerata? Posso solo ricordare quello che ho vissuto. L'anno scorso hanno le critiche hanno finito per influenzare anche Spalletti che dopo non mi ha fatto più giocare. Certo, l'errore con il Palermo non si può spiegare. Ma quello non ero io, non era il mio piede, non è mai successa una cosa simile. E di gol ne ho sbagliati, ma così mai. Poi quella sera ho fatto pure due assist, ma nessuno ha parlato di questo. Rimane sempre impresso l'errore. Il gol a cui sono più affezionato? Alla Juve, il primo".
Sulla possibilità di andare alla Juve: "Silvano Martina (procuratore di Buffon e amico del papà di Dzeko, ndr) è una persona importante per me, mi confronto con lui su tante situazioni. E' vero, c'è stata la possibilità di andare in bianconero. Ma alla fine sono qui e sono felice di questa scelta".
Ancora sulla scorsa stagione: "Non ho fatto la preparazione con la mia squadra perché c'era sempre la voglia di andare via dal City. Non sono stato preparato come mi sento adesso. Andare via? Sì, ci ho pensato, succede quando non giochi. Poi ho deciso di restare, ne ero sempre più convinto, anche nell'ultima in casa contro il Chievo. Non ho giocato e mi sono detto: da qui non mi muovo. Scelta mia, nessuno mi ha chiesto di rimanere".
Da Garcia a Spalletti: "Sono diversi. Prima di venire qui tanti giocatori mi dicevano che in Italia ci si allenava tanto. Poi sono arrivato a Roma e con Garcia non era proprio come mi avevano preannunciato. Era anche colpa nostra, molti di noi erano stanchi, avevano problemi e anche Rudi non voleva fare molto in allenamento. A quel punto diventava difficile giocare per 90 minuti. Doveva essere più duro, proprio come Spalletti. Lui è tosto e vuol sempre che, sia in partita che in allenamento, si dia il massimo. Certo, mi piacerebbe sentire da lui anche qualche complimento. Di aver fatto bene. Ma io non ho nulla contro Spalletti. Voglio fare sempre di più. E' uno dei migliori tecnici che ho avuto".
Sul non sentirsi prima punta: "E' vero. Nono sono un attaccante da area di rigore. Mi piace partire da dietro, giocare con e per la squadra. Fare gli assist. Quando ero piccolo facevo l'ala destra, il mio idolo era Shevchenko. Sono impazzito per lui quando segnò la tripletta contro il Barcellon al Camp Noi. Van Basten? Qualcuno mi ha accostato a lui, ma per me, all'inizio, esisteva solo Sheva".
Sul no alla Cina: "Penso che nella vista c'è solo una carriera. Io non mi sento ancora vecchio, voglio giocare tanto e ad alti livelli. Per me questo è più importante del resto, anche dei soldi. Io ho guadagnato bene e sono felice così. Ho scelto di rimanere qui per vincere pure con la Roma. Il futuro post calcio? Non ci ho pensato, perché mi vedo calciatore ancora per tanto tempo".