Dybala, non ci sono troppe pressioni: c'è l'incapacità a gestirle, deve crescere
Nicola Balice, inviato a Torino
Max Allegri nella conferenza stampa pre Juve-Sassuolo ha parlato a lungo di Paulo Dybala. Lo ha protetto, lo ha spronato, lo ha coccolato, lo ha bacchettato. La gestione della Joya è tutta qui. E più in generale il tecnico bianconero ha dimostrato di avere praticamente sempre ragione, i risultati parlano per lui: 4 scudetti, 4 Coppe Italia, 2 finali di Champions ed altrettante eliminazioni cocenti solo all'ultimo secondo. Però su un passaggio in particolare della conferenza stampa di oggi diventa difficile essere d'accordo con Allegri: quando parla delle troppe pressioni sulle spalle di Dybala. Un passaggio giusto, tornando indietro di qualche stagione però. A questo punto le giustificazioni devono stare a zero, d'altronde è Allegri che di volta in volta lo manda in campo o in panchina, sempre nell'ottica di scegliere la formazione migliore. E l'equivoco Dybala va analizzato proprio sotto questo punto di vista: perché se non è soltanto una questione di condizione o di caratteristiche, diventa sempre più proprio una questione di gestione della pressione. LA PRESSIONE – Non sono i media, né tantomeno i tifosi, a mettere troppe pressioni su Dybala. Non si parla più di un ragazzo in rampa di lancio, di una promessa, di un giovane da tutelare. Si tratta del numero 10 della Juve, il giocatore più pagato della squadra (ovviamente eccezion fatta per sua maestà Cristiano Ronaldo), al quarto anno nella formazione bianconera: le pressioni ci sono ed è giusto che sia così. Arrivati a questo punto non si può più parlare di troppe pressioni, semmai di incapacità a gestirle. E arrivati a questo punto non sembrano esserci troppe alternative: o Dybala dimostra di saper gestire queste pressioni, o forse bisogna iniziare a rendersi conto che questo non sia il posto adatto a lui. Al quarto anno di Juve, con quella maglia e quell'ingaggio.