“Due cartellini rossi, stanno ancora pagando. Forza Bologna!”. E’ bastato un tweet, discutibile nel suo contenuto quanto si vuole ma pur sempre da tifoso, per scatenare una reazione di violenza indicibile sui social network nei confronti di Patrick Zaki, lo studente egiziano arrestato e detenuto per diversi mesi nel suo Paese (è ancora sotto processo) per presunta cospirazione nei confronti del regime di Al-Sisi. Zaki ha frequentato l’Università in Italia, proprio a Bologna, e segue con grande passione e trasporto le vicende della squadra di Sinisa Mihajlovic, reduce dal pareggio con rimpianti sul campo della Juventus. Un risultato figlio anche di un finale concitato e della doppia espulsione per il fallo di Soumaoro su Morata e quello per proteste nei confronti di Medel.
LO SCONCERTO - Episodi che hanno acceso il tifoso che c’è in Patrick, subissato prontamente di insulti che richiamavano la sua complicata situazione personale. “Se non posso dire la mia opinione sul calcio senza essere attaccato, non sono sicuro di come dovrei recuperare la mia voce in questioni più importanti”, ha dichiarato lo studente egiziano. Che è entrato poi maggiormente nel dettaglio, in merito agli insulti ricevuti, dopo che anche Amnesty International ha denunciato la pesantezza dei messaggi indirizzati: “Mi sono trovato di fronte a decine di insulti e aggressioni, fino all’odio. Non mi dispiace avere regolarmente discussioni accese coi tifosi di diverse squadre, amo il calcio e apprezzo questo tipo di divertimento. Tuttavia, quando ho scoperto che la gente sperava che tornassi in prigione e fossi messo a tacere, mi ha davvero colpito come il discorso d’odio possa essere così facilmente innescato. Sinceramente non capisco, vengo attaccato dalle stesse persone che una volta mi sostenevano, solo perché ho detto la mia opinione sulla partita”.