Qualcuno avvisi il colonnello Sepp, ultimo di irriducibili giapponesi. La guerra è perduta ma lui, asserragliato nel fortino di Zurigo, non sembra essere d’accordo. Prosegue indefesso nel suo proposito di rinnovamento della governance del calcio mondiale, quasi non ne fosse da decadi protagonista assoluto e responsabile massimo. “C'è bisogno di un profondo rinnovamento”..... Bizzarro senso di rivoluzione. In Fifa dal ’77, presidente in carica dal ’98; venti anni di dominio incontrastato. Delfino prima e successore poi del giurassico Joao Havelange: allegra preistoria del gotha calcistico. Dal paleozoico all’età del ferro lo zio Sepp è ancora fermo al suo posto, fresco di nuovo mandato, il quinto. Autoreferenzialità e solidi addentellati dentro l’enorme mangiatoia della Fifa per sbaragliare il rivale, il principe giordano Ali Bin-Al Hussein. Lo scandalo non ha scalfito la rete di consenso del colonnello, anche se intorno tutto sta franando: corruzione,indagini, arresti di fedelissimi. Nel dicembre 2010 il Congresso della Fifa decide, prima volta dalla sua fondazione, per l’assegnazione contestuale di due edizioni mondiali consecutive, Russia 2018 e Qatar 2022; illustri sconfitte Inghilterra ed Usa. Subito emergono accuse di corruzione e tangenti, di voti comprati con pagamenti in nero e regalie dirette o mascherate. Uno scontro tra blocchi contrapposti; sullo sfondo clima da guerra fredda. L’assegnazione del mondiale 2018 alla Russia sarebbe il vero obiettivo delle indagini FBI secondo la tesi del presidente Putin, prontamente schieratosi a difesa di Blatter. Dall’Ucraina alla Svizzera la cortina di ferro riprende forma fino ad avvolgere le grandi commesse del pallone. Dall’altra parte della barricata Obama, Cameron e Angela Merkel inneggiano all’integrità contro la corruzione “che nuoce alla credibilità delle istituzioni”. Quanto della questione ucraina vi sia dietro il j’accuse occidentale è materiale da spy-story. In mezzo alla trincea il colonnello annuncia le dimissioni, ma resterà in carica fino alla fine dell'anno nel tentativo di riorganizzare la rete di potenti amici ancora a piede libero, “melina” necessaria ad individuare un papabile presidente a lui gradito. La partita per la successione al patriarca è tutt’altro che terminata, anche se molti sono i nomi eccellenti finiti nell’occhio del ciclone. Il cerchio si sta stringendo: “Signor Blatter, lei ha mai preso una tangente?” inizia così, dalla domanda a bruciapelo del giornalista scozzese Andrew Jennings, l’indagine della Fifa. Corre l'anno 2002, il colonnello nega strenuamente ma, alcune settimane più tardi, un' anonima gola profonda contatta segretamente Jennings fornendo scottante documentazione in merito a tangenti intascate in Fifa. Grazie ad un lento e meticoloso lavoro investigativo Jennings ricostruisce i meccanismi di corruzione e nel 2009 consegna al Federal Bureau of Investigation tutto il materiale raccolto. È la scintilla che innesca l'indagine statunitense. Il primo a cadere in trappola è l'eccentrico americano Chuck Blazer, per molti “Mr. 10%”, marchiato dall'amico Putin come “sosia di Karl Marx”. Da ex commesso di negozio in Brooklyn a vicepresidente della Federcalcio americana e consigliere Fifa. Un'ascesa travolgente, inarrestabile….o almeno così pare. Attanagliato da un tenore di vita da emiro saudita, applica alla maniera cinese l'annosa gabella senza mollare un solo cent. Tanta è la bramosia, tale il bisogno di danaro che nulla sfugge alla regola del dieci: dall'organizzazione di USA '94 al più anonimo torneo giovanile, ovunque negli States rimbalzi un pallone da calcio Chuck è lì pronto alla cassa. Blazer, ormai fuori controllo, sprofonda in una voragine finanziaria senza limite, alimentata da una nota spese ai confini della realtà. “Beveva, mangiava e spendeva senza ritegno, come se non ci fosse un domani” scrive il Daily News. Mogli, amanti, lusso sfrenato, ma soprattutto una smodata “passione felina” che lo spinge ad affittare accanto al suo sfarzosissimo flat un intero attico nella Trump Tower di Manhattan, riservato all'alloggio esclusivo dei suoi adorati gatti. Poi una sera di novembre 2011 all'Elaine, ristorante dell'Upper East Side tra i preferiti di Woody Allen, il conto lo presentano i federali: “ti portiamo via in manette adesso o preferisci collaborare con noi?”. Non ci pensa su troppo, rischiando vent'anni di carcere vuota il sacco ed opta per l'accettazione del "cortese" invito. Ore ed ore di registrazione, cinque anni di indagini, un microchip nascosto nel portachiavi per svelare le trame segrete del malaffare calcistico; pentiti e testimoni come in un film di Scorsese, tra le figure chiave l’ex dipendente del comitato organizzatore di Qatar 2022 Phadera Al Majid che prima denuncia la corruzione, poi ritratta e infine conferma le accuse sostenendo di aver temuto per le minacce ricevute. Decisivo anche l’apporto dell’avvocato newyorchese Michael Garcia, incaricato di condurre un’inchiesta interna. Dopo due anni però la Fifa insabbia le indagini scegliendo la strada dell'archiviazione, in quanto a detta di Blatter “non emerge alcuna prova schiacciante”. Constatata l’impossibilità di una seria lotta alla corruzione, Garcia rassegna le proprie dimissioni. Fiutano la pista James Comey, direttore FBI, e Loretta Lynch, procuratore di Brooklyn. Sentito come testimone l'avvocato fornisce i tasselli mancanti necessari a completare il mosaico investigativo. Il blitz scatta alle prime luci dell’alba del 27 maggio 2015 presso il Baur au Lac a Zurigo, dove si sta tenendo il consueto meeting annuale. Gli agenti fanno irruzione nelle camere del lussuoso hotel prelevando sette dirigenti accusati di corruzione e vari altri capi d’imputazione, per aver pagato ed accettato nel corso di un ventennio tangenti e provvigioni nascoste per milioni e milioni di dollari. Nella retata due vicepresidenti e cinque alti dirigenti Fifa: Jeffrey Webb (Isole Cayman) ed Eugenio Figueredo (Uruguay). Eduardo Li (Costarica), Julio Rocha (Nicaragua), Costas Takkas (Gb), Rafael Esquivel (Venezuela), Jose Maria Marin (Brasile), ovvero gran parte del Centro America e dell’America Latina. Al centro dello scandalo anche l’ex capo della Concacaf Jack Warner, boss del calcio centroamericano, in grado di controllare un consistente pacchetto di voti. Avrebbe chiesto 4,5 milioni per favorire la Gran Bretagna, importo che secondo voci di corridoio sarebbe stato preventivamente versato dagli inglesi per l'intero ammontare, senza che poi Warner mantenesse la parola data......Condotto in piena notte al fresco delle patrie galere di Trinidad ed attualmente fuori su cauzione. Pochi giorni dopo Blatter, appena rieletto, sembra alzare bandiera bianca con l'annuncio delle sue dimissioni....o quasi... Potrebbe trattarsi dell'ennesima mossa del colonnello, abile a calmare le acque per poi riproporsi passata la tempesta. Si apre la successione. In corsa anche un’inedita coppia d’attacco, due mostri sacri del calcio: la discontinuità dirompente di Maradona “versus” l'arguzia diplomatica di Platini. L'argentino è rivoluzionario nell'animo, pur se talora tacciato di eccessivo populismo; i suoi ideali non saranno quelli solidi e genuini del Che, ma certo non usa mezzi termini quando definisce Blatter “un ladro”. Non è il coraggio che manca a Maradona. Epiche le sue sparate contro il palazzo, le accuse da molti considerate folli a Julio Grondona, reo a suo dire di aver venduto l'Argentina nella finale di Italia '90. “Disse ‘siamo arrivati fino a qui’ nel senso che non c’era più nulla da fare. Io risposi: ‘domani in questo stadio io darò la vita e lei non sarà mai in grado di dirmi cosa fare in campo ’. Ci aveva tradito, ci aveva consegnato come hanno fatto i cileni con noi alle Malvinas”. Scomparso a Luglio 2014, il grande burattinaio del calcio argentino e' stato tirato in ballo da imbarazzanti intercettazioni: “non mi sorprende niente di tutto ciò, tutti sapevano che con il viejo si lavorava così, le cose si dovevano fare con la gente che proponeva lui”. Dall'olimpo al baratro, andata e ritorno, Diego è continuamente in viaggio tra latitudini e longitudini della natura umana. Non ha mai smesso di sognare un mondo migliore, prima dipingendolo col mancino, adesso rivendicandolo con i suoi attacchi al potere, per affrancare il gioco dal signoraggio restituendolo agli appassionati. Maradona divide.... anzi, spacca.... gli eccessi che mettono in fuga conservatori e benpensanti esaltano invece quanti anelano riscatto sociale. Romantico idealista e rivoluzionario, per indole comportamentale non sempre all'altezza dell'indiscussa sua genialità calcistica. Viceversa Le Roi Michel è incline a cambiare il sistema dall'interno, non disdegnando all'occorrenza l'appoggio e l'amicizia di Blatter, come nel 2007 per la corsa alla presidenza UEFA. Il rischio “gattopardesco”, neanche a dirlo, è divenire parte di quello stesso establishment. Scaltro e sferzante, con la battuta sempre pronta . All'avvocato Agnelli, convinto a ragione che le sigarette non agevolassero le performance del francese, replicò che la questione non era se o quanto lui fumasse, piuttosto che non fosse Bonini a cadere nel vizio, dovendo correre anche per lui. Oggi però il tempo delle battute è finito, la lotta al sistema corruttivo impone azioni concrete e svolte efficaci, un passo più deciso rispetto alle blande riforme progressiste del fair play finanziario, dell'accesso alla Champions allargato ai club dei paesi più deboli. L'innalzamento del montepremi in Europa va in senso diametralmente opposto, accentuando il dislivello tra “habitué” della competizione e frequentatori occasionali. Per Maradona il francese suole fiutare il vento prima di prender posizioni sconvenienti. Un colpo al cerchio, uno alla botte: chiede che il colonnello faccia un passo indietro ed al contempo sostiene di non essergli ostile. "Blatter è come l'ombra: se la segui, ti sfugge; se la fuggi, ti segue", aderendo ad una felice metafora. Le presunte dimissioni assumono già contorni sfocati.....o meglio... “rimessione del mandato al congresso”, ad essere pignoli...sofismi dialettici di una vecchia volpe. Anni di indagini, intercettazioni, pedinamenti e registrazioni lasciano immaginare che l'FBI abbia già in mano la pistola fumante, specie in seguito all'abolizione del segreto bancario svizzero....... Il cerchio si stringe: “Signor Blatter, lei ha mai preso una tangente?”