Donsah: 'Piantagioni e serpenti, so cosa vuol dire avere fame'
Il giovane centrocampista ghanese del Bologna, Godfred Donsah ha dichiarato in un'intervista alla Gazzetta dello Sport:
Che cosa si prova a guardare il telegiornale in questi giorni?
"Mi spiace per chi arriva in Europa scappando dalla guerra. La vita è così, purtroppo: bisogna prendere quello che viene e andare avanti, mia mamma me lo diceva sempre".
Sfogliamo i giornali e leggiamo alcuni titoli. Il primo: Roma-Parigi-Berlino. L’asse per i migranti.
"Credo ci sia una differenza rispetto ai tempi di mio papà. In Italia una volta si veniva per cercare lavoro, ora il lavoro qui non c’è: chi viene scappa dalla guerra. Agli italiani direi questo: chi può, aiuti".
Giornale meno recente. 'Bologna: sì al voto ai migranti'.
"Ho un amico in città che vuole fare il calciatore, mi dice che la gente lo sta aiutando. Credo che Bologna sia un buon posto per l’ospitalità".
Frase da una Gazzetta di marzo. Intervista a Donsah: 'Papà è partito nel 2007 con una barca, noi in famiglia avevamo paura'. Che giorni sono stati?
"Non ho sentito papà per le prime due settimane, doveva camminare sette giorni nel deserto. Se hai i soldi, dopo tre o quattro puoi prendere una macchina, altrimenti devi andare avanti da solo. Un giorno ha chiamato dalla Libia: stava bene".
Poi l’Italia…
"No, poi il viaggio dalla Libia su una barca piccola. Mi ha raccontato che erano in 22 e avevano paura si rovesciasse. Uno dei 22 faceva casino: è finito in acqua".
Perché è partito dal Ghana?
"Non riusciva a pagare il cibo e la scuola per me e le mie sorelle. Ho pure lavorato nelle piantagioni di cacao, ma è pericoloso: rischi di trovare i serpenti. Quando è andato via, sono stato 4-5 anni senza sentirlo. Magari a volte chiamava e io ero da un’altra parte, a giocare".
Come funzionava il calcio in Ghana? "Si giocava in strada, 22 persone con 5-10 ragazzi che aspettavano di entrare. Il pallone lo portava chi aveva i soldi. Capitava anche di essere 22 senza pallone, allora non si giocava".
Così tutti i pomeriggi?
"Sì, se c’erano un esame a scuola e una partita, io andavo alla partita. Giocavo a piedi nudi, per questo adesso il mio piede è come un martello. Studiavo l’inglese non per diventare un dottore ma per capire le cose: se firmo un contratto, devo capire che cosa c’è scritto. Ora però sono cambiato, prego di andare in Inghilterra tra qualche anno per completare gli studi. Dopo il calcio sennò che cosa faccio?".
E l’italiano?
"Un giorno Sogliano è andato alla nostra scuola, a Verona, e io non c’ero: mi ha tolto 200 euro dallo stipendio. Ora imparo l’italiano con i cartoni".
L’estate però è stata diversa: offerte vere o presunte da Juve, Napoli e Fiorentina. Altro che 200 euro…
"E’ stato strano. Al primo allenamento con il Verona ero sempre girato verso Toni. Lui mi chiedeva: 'Perché mi guardi così?'. E io: 'Non capisco che ci faccio qui. Ti vedevo in tv nel 2006, segnavi sempre'. E’ Dio che mi porta, io da solo non sono più forte di nessuno. Posso solo dare tutto".
Perché il Bologna?
"Qui è perfetto, sto benissimo, anche se inizialmente pensavo che sarei rimasto a Cagliari. L’ho detto alla società: ‘Se volete che resti a dare una mano, ci sono’. A parità di condizioni sarei forse andato in B, ma il Bologna mi ha voluto di più. Qui ho ritrovato Maietta, al Verona era capitano e mi diceva che sarei diventato forte. Mi è solo dispiaciuto che i tifosi del Cagliari mi abbiano attaccato sui social".
Che è stato della Panda di famiglia di Cagliari?
"L’abbiamo venduta. Ora sono senza macchina, ho scaricato i quiz per prendere la patente".
A quanto si può andare in autostrada?
"Ah, non lo so, io vado sempre piano, così non sbaglio".
Ok, per il quiz serve tempo. Altri obiettivi?
"Voglio trovare un lavoro a papà e finire di costruire la casa per la mia famiglia in Ghana. A febbraio ce la facciamo".
Palermo, Como, Verona, Cagliari, Bologna: dalla fuga dal Ghana a un cartellino milionario. E’ questo il massimo della felicità?
"No, i primi tempi in Italia sono stati unici. Magari non prendevo soldi per mesi, però ero qui e giocavo a calcio. Non sono mai stato così felice".