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Donnarumma, la mental coach: "La morte di Raiola e la sfida al Milan, che considera casa sua, è stato tostissimo"
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Non male come spot alla categoria?
«Piano piano si comincia a sdoganare il nostro ruolo, anche se ci sono allenatori che ancora hanno pregiudizi e i ragazzi hanno paura che si scopra: non vogliono far credere di avere dei problemi. Ma è impensabile allenare solo il corpo, perché reagisce alla mente».
Un esempio?
«Se la mente è bloccata o in uno stato d’ansia, il corpo si irrigidisce. Succedeva a Marcell quando andava in gara: le gambe gli diventavano dure e non riusciva a correre».
Succedeva anche a Gigio?
«Sì certo, lui è un ragazzo sensibile, buono, emotivo. E quindi delle volte si faceva prendere dal nervosismo, ma questo lavoro lo ha aiutato a riconosce sé stesso, i suoi punti di forza, a imparare a entrare nello stato di massima concentrazione, quello in cui escludi tutto l’esterno. E anche a riconoscere tutte le sue emozioni, senza avere più paura della paura».
Lui ha parlato di piedi ben piantati per terra.
«Il concetto è quello di essere radicati nel momento presente. Immaginiamo le radici che scendono dai piedi e affondano nella terra, perché ti danno la centratura, senti la forza della terra stessa. Le visualizzazioni sono potentissime: tutti hanno bisogno di essere radicati».
Ma un portiere non ha bisogno anche di volare?
(ride) «Me lo sono sentito dire anche da alcuni allenatori. Se visualizzi le radici non vuol dire che non puoi saltare. Semplicemente lo fai rimanendo centrato e focalizzato, non perdendoti in emozioni o pensieri. E così esprimi tutto il tuo potenziale».
Essere predestinati da ragazzini può essere un peso?
«Le aspettative sono terribili e loro cercano delle strategie per essere sempre performanti. Questo però non va bene: se siamo troppo focalizzati sull’obiettivo da raggiungere con sudore e fatica, si arriva a un certo punto in cui non ci si diverte, ci si irrigidisce, non si festeggiano i risultati. Tutto questo crea fatica e tensione, fino ad arrivare agli infortuni».
Come si lavora sugli errori e sulle critiche, che nel caso di Gigio sono violente?
«Bisogna prendere consapevolezza che è una cosa normale e non bisogna cedere il proprio potere all’esterno: mi fido del mio giudizio e di chi mi può essere utile. Lavoro sulla vocina critica interiore, che ci vuole sempre perfetti per essere accettati dagli altri. Ed è quella che va in tilt quando subiamo le critiche esterne. E poi, tanto più sei criticato, tanto più significa che gli altri ci tengono a te: i tifosi riversano sui loro eroi aspettative ed emozioni».
È stata sottostimato il lutto sofferto da Donnarumma con la morte di Raiola?
«Sono state sottostimate tantissime cose. Uno si aspetta che questi ragazzi siano dei supereroi e poi si dice sempre ‘ma con quello che guadagnano’... Ma l’emotività non risponde ai guadagni. E quindi la morte del procuratore, la rapina in casa, sfidare il Milan che lui considera casa sua in Champions: tutto questo è stato tostissimo per Gigio».
Con la Spagna abbiamo visto un portiere in stato di grazia mentale?
«Sì, Gigio era totalmente lì. Se volava una mosca, l’avrebbe presa al volo».
Il libro «Niente teste di c.» citato da Spalletti lo conosce?
«Non l’ho letto, ma credo che Spalletti abbia una grande attenzione alla parte mentale. È bravo in tante cose, anche se penso che alcune volte sia un po’ troppo duro: se potesse aggiungere una parte di ascolto e gratificazione sarebbe altrettanto essenziale per i ragazzi e il loro equilibrio».
Il lavoro per tirare fuori la parte femminile con Donnarumma lo fa o solo con il karateka Busà, oro a Tokyo?
«Con Gigio no, perché lui ha una parte femminile sviluppata, che è meravigliosa ed essenziale. Se gli uomini si mettessero in contatto con questa loro parte, mantenendo forte quella maschile, succederebbero cose strepitose».
La parte femminile dentro ciascuno di noi che caratteristiche ha?
«La capacità di visione, l’empatia, l’ascolto. E soprattutto l’intuizione».