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Donadoni a CM: 'Il Milan mi chiamò dopo Giampaolo, dissi no. Rifiutai l'Italia prima di Ventura. Su Pirlo, la Cina e l'ipotesi Roma...'
Intervenuto sul canale Twitch di Calciomercato.com, l'ex ct della Nazionale, Roberto Donadoni, si è raccontato a 360°. Dalla squadra di Mancini al suo passato sulla panchina azzurra, dal Milan alla Juve, dall'avventura in Cina al futuro. Si parte, ovviamente, dalla Nazionale: "Bisogna essere ottimisti, il cammino fatto fin qui da Mancini parla da solo. E' anche vero che non si sono ancora affrontate grandissime avversarie. Mi piace l'idea che si stia costruendo una Nazionale basata sui giovani, di prospettiva. Spesso si dice che prima di arrivare in Nazionale bisogna fare esperienza...macché esperienza, l'esperienza si fa giocando! Bisogna essere ottimisti, ma anche cauti: nelle competizioni importanti, le cose cambiano".
L'ESPERIENZA DA CT - "Non vivo di rimpianti, il calcio è fatto di queste cose, bisogna saperli accettare. Quando in carriera mi è capitato di vincere, ciò che contava era il domani. Ho ragionato allo stesso modo davanti alle sconfitte. Quando ero commissario tecnico era un momento particolare, si arrivava da un Mondiale vinto, fare meglio era praticamente impossibile. Era una situazione complicata a livello federale, con il commissariamento, ma sono soddisfatto di quanto fatto. Spagna-Italia? Vincere ai calci di rigore sarebbe stata un'ulteriore soddisfazione, ma sono cose che fanno parte del lavoro, bisogna saper guardare avanti e imparare. Sapete benissimo cosa ha fatto poi quella Spagna (due Europei e un Mondiale vinti, ndr), magari se avesse perso con noi non avrebbe fatto altrettanto...".
SULLA CHIAMATA DI TAVECCHIO PRIMA DI VENTURA - "Ipotesi ritorno? Tavecchio ha detto la verità, la cosa mi era particolarmente piaciuta. Richiamarmi e offrirmi quest'opportunità fu molto bello, ma io avevo preso un impegno al Bologna di allora, non volevo venire meno a una parola data. Sarebbe potuta essere una rivincita, lo ringrazio ancora oggi perché fu molto corretto".
SULL'ESPERIENZA IN CINA - "Da calciatore feci un'esperienza negli Stati Uniti e poi in Arabia Saudita. Da allenatore l'ho fatta in Cina, una realtà che - se non hai modo di vivere per un po' di tempo - fatichi a capire cosa significhino. A livello umano e personale sono state un grande insegnamento: sono stato contento di averla fatta, anche se non ha avuto un seguito per vari motivi. A livello calcistico è un momento complicato, hanno ridimensionato molto: hanno potenzialità incredibile, ma manca un po' di professionalità e capacità a livello dirigenziale nel saper gestire tutta l'organizzazione. Hanno bisogno di affidarsi a persone esterne, fanno ancora fatica a programmare dalle basi e dai ragazzi. Se si vuol far crescere un movimento non si può non percorrere quella strada".
SUGLI EFFETTI DEL COVID - "Il Covid ha inciso a 360°, partendo dalla possibilità di non poter andare allo stadio. Per noi professionisti giocare con questa frequenza diventa complicato, specie per chi ha subito il Covid".
SU GALLIANI E LA PANCHINA DEL MILAN - "Sinceramente no, non mi ha mai contattato. Mi è successo di avere un contatto quando ero in Cina, quando il Milan ha sostituito Giampaolo. Dire arrivederci e grazie sarebbe stato poco serio, poi ognuno decide la cosa più corretta".
SUL MOMENTO DI STOP - "Con lo Shenzhen avevo un contratto fino a fine dicembre. La voglia di tornare ad allenare c'è, anche perché questa situazione crea handicap notevoli, c'è voglia di stare con i giocatori e l'ambiente calcio. Ma vorrei cominciare con il piede giusto, possibilmente dall'inizio".
SULL'IPOTESI CAGLIARI - "Devo ringraziare il presidente Giulini, in più di una situazione è stata una persona estremamente corretta e brava. Poi le cose non si sono sviluppate per come avremmo voluto tutti: per il ricordo stupendo che ho dell'ambiente, mi auguro che il Cagliari riesca a salvarsi. Penso abbia una rosa superiore a ciò che dice oggi la classifica, ma capitano annate complicate".
SULL'IPOTESI MONZA - "Mi sembra che Berlusconi e Galliani stiano cercando di percorrere una strada che, per una realtà come Monza, è semrpe stata difficile. Se conquistassero la Serie A sarebbe l'ennesima impresa sportiva di questo gruppo. Non si esclude mai nulla, vedremo".
SULLA COSTRUZIONE DAL BASSO - "Ogni allenatore conosce il materiale tecnico e umano che ha a disposizione. E' fondamentale portare avanti un certo discorso, a me tendenzialmente piace costruire dal basso senza ogni volta lanciare il pallone alto. Ma come in tutte le cose bisogna avere il giusto equilibrio: è giusto proporlo se la squadra avversaria dà la possibilità di farlo. Le alternative ci sono, e non sono solo il lancio lungo. Nell'ultima partita della Juve Bernardeschi ha giocato terzino, partendo palla al piede. E' chiaro che non farlo dalla metà campo in su diventa un rischio: ogni giocatore deve sapere cosa è giusto fare in determinate zone del campo e noi allenatori dobbiamo essere bravi a farglielo capire".
SU USA '94 - "La mia vita è costellata di episodi finiti ai rigori. Bisogna saper accettare le cose andate bene e quelle andate meno bene. Baggio era profondamente deluso e amareggiato, come tutti noi. Non ho mai provato una fatica simile, si giocò con una temperatura e umidità incredibile. Ho visto gente far fatica uscire per rigiocare il secondo tempo, certe squadre avevano 7-8 giocatori con i crampi. Il rigore di Italia '90? Il grande dispiacere e la grande sofferenza sono stati il saper di aver deluso tantissimi italiani, ma ho provato a reagire pensando al domani".
SUL CAMPIONATO - "Già concluso? No, anche se l'Inter ce l'ha in mano. Faranno tutti gli scongiuri, ma penso che l'Inter abbia una rosa che le dà estremo vantaggio. Le altre dovranno fare qualcosa di straordinario per impedire a Conte di arrivare fino in fondo".
SU PIRLO - "E' stata una quasi-novità in casa Juve. Ho grande stima di Pirlo, ho avuto modo di allenarlo: allenare giocatori così è la gioia di ogni allenatore, parliamo di un calciatore dal cervello fino, rendeva qualsiasi cosa estremamente facile. Fare il giocatore è una cosa, l'allenatore un'altra: sta provando sulla sua pelle cosa significa. E' partito nelle condizioni migliori in quanto a squadra e società, ma è lecito aspettarsi critiche e difficoltà. Se la Juve ha fatto questa scelta è perché ci ha ragionato".
SUL PROGETTO MILAN - "Sta facendo delle cose egregie, ha cambiato filosofia. Ciò che stanno facendo quest'anno, unito alla fine del campionato scorso, è estremamente positivo. Se poi riescono a inserire 1-2 giocatori all'anno, può tornare il Milan vincente di qualche anno fa. E' la mia speranza e il mio augurio, le premesse sono buone".
SU DONNARUMMA - "Non so cosa agiti le acque, se il contratto o altro. Lo ritengo un portiere di altissimo livello, una squadra come il Milan deve trattenere giocatori di questo livello. Non so i progetti della società, spero resti".
SULL'ATALANTA - "Ciò che ha fatto la famiglia Percassi in questi anni, insieme a Gasperini, è qualcosa di bello. I bergamaschi non sono mai stati abituati ad essere nell'élite del calcio europeo. Da bergamasco, vedere la mia città e la mia squadra a questi livelli mi riempie di orgoglio. E' bella da vedere perchè è straripante: non sono solo superatleti, servono anche capacità tecniche. La dirigenza, sul mercato, ha fatto benissimo".
SUL FUTURO - "Bisogna cercare di essere aggiornati e crescere. Il calcio, come la vita, non si ferma mai: se vogliamo stare al passo con gli altri dobbiamo aggiornarci. Se capiterà l'opportunità buona in Italia sarò felice di coglierla, così come all'estero. Roma? Come detto prima, non escludo mai nulla, ma sono in una fase della vita in cui ho la necessità di avere un "dirimpettaio" di un certo tipo. Se ci sono ragionamenti seri e validi, sono felice".
L'ESPERIENZA DA CT - "Non vivo di rimpianti, il calcio è fatto di queste cose, bisogna saperli accettare. Quando in carriera mi è capitato di vincere, ciò che contava era il domani. Ho ragionato allo stesso modo davanti alle sconfitte. Quando ero commissario tecnico era un momento particolare, si arrivava da un Mondiale vinto, fare meglio era praticamente impossibile. Era una situazione complicata a livello federale, con il commissariamento, ma sono soddisfatto di quanto fatto. Spagna-Italia? Vincere ai calci di rigore sarebbe stata un'ulteriore soddisfazione, ma sono cose che fanno parte del lavoro, bisogna saper guardare avanti e imparare. Sapete benissimo cosa ha fatto poi quella Spagna (due Europei e un Mondiale vinti, ndr), magari se avesse perso con noi non avrebbe fatto altrettanto...".
SULLA CHIAMATA DI TAVECCHIO PRIMA DI VENTURA - "Ipotesi ritorno? Tavecchio ha detto la verità, la cosa mi era particolarmente piaciuta. Richiamarmi e offrirmi quest'opportunità fu molto bello, ma io avevo preso un impegno al Bologna di allora, non volevo venire meno a una parola data. Sarebbe potuta essere una rivincita, lo ringrazio ancora oggi perché fu molto corretto".
SULL'ESPERIENZA IN CINA - "Da calciatore feci un'esperienza negli Stati Uniti e poi in Arabia Saudita. Da allenatore l'ho fatta in Cina, una realtà che - se non hai modo di vivere per un po' di tempo - fatichi a capire cosa significhino. A livello umano e personale sono state un grande insegnamento: sono stato contento di averla fatta, anche se non ha avuto un seguito per vari motivi. A livello calcistico è un momento complicato, hanno ridimensionato molto: hanno potenzialità incredibile, ma manca un po' di professionalità e capacità a livello dirigenziale nel saper gestire tutta l'organizzazione. Hanno bisogno di affidarsi a persone esterne, fanno ancora fatica a programmare dalle basi e dai ragazzi. Se si vuol far crescere un movimento non si può non percorrere quella strada".
SUGLI EFFETTI DEL COVID - "Il Covid ha inciso a 360°, partendo dalla possibilità di non poter andare allo stadio. Per noi professionisti giocare con questa frequenza diventa complicato, specie per chi ha subito il Covid".
SU GALLIANI E LA PANCHINA DEL MILAN - "Sinceramente no, non mi ha mai contattato. Mi è successo di avere un contatto quando ero in Cina, quando il Milan ha sostituito Giampaolo. Dire arrivederci e grazie sarebbe stato poco serio, poi ognuno decide la cosa più corretta".
SUL MOMENTO DI STOP - "Con lo Shenzhen avevo un contratto fino a fine dicembre. La voglia di tornare ad allenare c'è, anche perché questa situazione crea handicap notevoli, c'è voglia di stare con i giocatori e l'ambiente calcio. Ma vorrei cominciare con il piede giusto, possibilmente dall'inizio".
SULL'IPOTESI CAGLIARI - "Devo ringraziare il presidente Giulini, in più di una situazione è stata una persona estremamente corretta e brava. Poi le cose non si sono sviluppate per come avremmo voluto tutti: per il ricordo stupendo che ho dell'ambiente, mi auguro che il Cagliari riesca a salvarsi. Penso abbia una rosa superiore a ciò che dice oggi la classifica, ma capitano annate complicate".
SULL'IPOTESI MONZA - "Mi sembra che Berlusconi e Galliani stiano cercando di percorrere una strada che, per una realtà come Monza, è semrpe stata difficile. Se conquistassero la Serie A sarebbe l'ennesima impresa sportiva di questo gruppo. Non si esclude mai nulla, vedremo".
SULLA COSTRUZIONE DAL BASSO - "Ogni allenatore conosce il materiale tecnico e umano che ha a disposizione. E' fondamentale portare avanti un certo discorso, a me tendenzialmente piace costruire dal basso senza ogni volta lanciare il pallone alto. Ma come in tutte le cose bisogna avere il giusto equilibrio: è giusto proporlo se la squadra avversaria dà la possibilità di farlo. Le alternative ci sono, e non sono solo il lancio lungo. Nell'ultima partita della Juve Bernardeschi ha giocato terzino, partendo palla al piede. E' chiaro che non farlo dalla metà campo in su diventa un rischio: ogni giocatore deve sapere cosa è giusto fare in determinate zone del campo e noi allenatori dobbiamo essere bravi a farglielo capire".
SU USA '94 - "La mia vita è costellata di episodi finiti ai rigori. Bisogna saper accettare le cose andate bene e quelle andate meno bene. Baggio era profondamente deluso e amareggiato, come tutti noi. Non ho mai provato una fatica simile, si giocò con una temperatura e umidità incredibile. Ho visto gente far fatica uscire per rigiocare il secondo tempo, certe squadre avevano 7-8 giocatori con i crampi. Il rigore di Italia '90? Il grande dispiacere e la grande sofferenza sono stati il saper di aver deluso tantissimi italiani, ma ho provato a reagire pensando al domani".
SUL CAMPIONATO - "Già concluso? No, anche se l'Inter ce l'ha in mano. Faranno tutti gli scongiuri, ma penso che l'Inter abbia una rosa che le dà estremo vantaggio. Le altre dovranno fare qualcosa di straordinario per impedire a Conte di arrivare fino in fondo".
SU PIRLO - "E' stata una quasi-novità in casa Juve. Ho grande stima di Pirlo, ho avuto modo di allenarlo: allenare giocatori così è la gioia di ogni allenatore, parliamo di un calciatore dal cervello fino, rendeva qualsiasi cosa estremamente facile. Fare il giocatore è una cosa, l'allenatore un'altra: sta provando sulla sua pelle cosa significa. E' partito nelle condizioni migliori in quanto a squadra e società, ma è lecito aspettarsi critiche e difficoltà. Se la Juve ha fatto questa scelta è perché ci ha ragionato".
SUL PROGETTO MILAN - "Sta facendo delle cose egregie, ha cambiato filosofia. Ciò che stanno facendo quest'anno, unito alla fine del campionato scorso, è estremamente positivo. Se poi riescono a inserire 1-2 giocatori all'anno, può tornare il Milan vincente di qualche anno fa. E' la mia speranza e il mio augurio, le premesse sono buone".
SU DONNARUMMA - "Non so cosa agiti le acque, se il contratto o altro. Lo ritengo un portiere di altissimo livello, una squadra come il Milan deve trattenere giocatori di questo livello. Non so i progetti della società, spero resti".
SULL'ATALANTA - "Ciò che ha fatto la famiglia Percassi in questi anni, insieme a Gasperini, è qualcosa di bello. I bergamaschi non sono mai stati abituati ad essere nell'élite del calcio europeo. Da bergamasco, vedere la mia città e la mia squadra a questi livelli mi riempie di orgoglio. E' bella da vedere perchè è straripante: non sono solo superatleti, servono anche capacità tecniche. La dirigenza, sul mercato, ha fatto benissimo".
SUL FUTURO - "Bisogna cercare di essere aggiornati e crescere. Il calcio, come la vita, non si ferma mai: se vogliamo stare al passo con gli altri dobbiamo aggiornarci. Se capiterà l'opportunità buona in Italia sarò felice di coglierla, così come all'estero. Roma? Come detto prima, non escludo mai nulla, ma sono in una fase della vita in cui ho la necessità di avere un "dirimpettaio" di un certo tipo. Se ci sono ragionamenti seri e validi, sono felice".